giovedì 29 gennaio 2009

FACEBOOK SORPASSA YOU TUBE

SOCIAL MEDIA: mentre You Tube si avvita su se stesso avvolto in una spirale di censure e proibizionismo, FACEBOOK si rivela la vera novità sul web, effettuando il sorpasso sul network di condivisione video.

SKY.IT (+17%) VICINO AL SORPASSO DEI SITI RAI (-12%) E MEDIASET (-8%) – “FACEBOOK” SUPERA “YOUTUBE” – BENE “LIBERO” E “VIRGILIO” – IN GRAN BRETAGNA QUEST’ANNO IL WEB RACCOGLIERà Più PUBBLICITà DELLA TV…

1 - Sky.it insegue Rai e Mediaset on-line...
Andrea Secchi per "Italia Oggi"


Facebook e Sky.it sono i fenomeni di dicembre nella rete Internet, anche se con non poche differenze. Il primo ha superato YouTube nella categoria dei social media, diventando leader del comparto con quasi 10 milioni di utenti in Italia. Il sito della piattaforma satellitare, invece, è quello che è cresciuto di più nella propria categoria, broadcast media, oltre il 17% rispetto a novembre, anche se i numeri assoluti sono nettamente inferiori rispetto a Facebook: 2,2 milioni di utenti unici.

Secondo i dati forniti da Aegis Media Expert, quindi, Sky non solo cresce sul piccolo schermo, ma anche su Internet. Un bel risultato, che dimostra come stia pagando l'arricchimento di contenuti di Sky.it, un sito che si è mosso con più ritardo rispetto a quelli degli altri gruppi televisivi, e che in principio era praticamente solo una vetrina per la televisione satellitare di News Corp. Ora al suo interno vi si trovano notizie e soprattutto video, compresi film (ieri il Diario di Anna Frank, in contemporanea su Sky Cinema) o serie come Romanzo Criminale, visibili in rete anche per i non abbonati.

Calano, invece, i siti di Mediaset e Rai, che comprendono per altro quelli dei rispettivi Tg. Il Biscione va giù dell'8,7%, a 3,5 milioni di utenti unici, mentre l'online di viale Mazzini segna un -12,3%, 2,6 milioni di navigatori. Il confronto è fatto con il mese di novembre 2008 perché da ottobre in poi Nielsen//NetRatings, che fornisce i dati all'Audiweb, utilizza un nuovo universo, in pratica un nuovo sistema di rilevazioni, che rende impossibile il confronto in termini assoluti con il passato. Oltre ai tre broadcaster, si trovano nella tabella in pagina anche i canali (così si chiamano le sezioni di siti) tv di Repubblica e Corsera, in calo, mentre in crescita c'è ancora il sito di Radio Deejay, +6,4%, 667 mila utenti.

Tornando a Facebook, la crescita è continua e sotto gli occhi di tutti. A dicembre ha guadagnato un +26% rispetto al mese precedente, è arrivato a superare i 9,6 milioni di utenti unici lasciando indietro YouTube (+4%, 8,78 milioni), non strettamente un social network ma un social media, categoria in cui si trovano entrambi. Interessante notare come le community italiane siano comunque ben piazzate: Libero Community (Wind) al terzo posto (-4%, 4,3 milioni) e Virgilio Community al quarto (+6,4%, 4,2 milioni). Entrambe in vantaggio rispetto al MySpace di Rupert Murdoch (-0,4%, 2,9 milioni)

Infine uno sguardo più generale sulla rete. A dicembre gli utenti sono arrivati ai 22 milioni, +3% rispetto a novembre, il 42% della popolazione italiana. Le feste, però, hanno fatto diminuire le visite per persona, le pagine e il tempo speso online di qualche punto percentuale (2-3%).

2 - Pubblicità, in Uk il web supererà la tv quest'anno...
Federico Unnia per "Italia Oggi"

Sarà il futuro della pubblicità. Gli investimenti pubblicitari su internet in Gran Bretagna rappresentano oggi un quarto del totale, solo dell'1% meno di quanto sia investito in tv. Ma nel 2009 si prevede che gli investimenti on-line superiro quelli in tv, collocandosi al primo posto dei media pianificati.

mercoledì 28 gennaio 2009

CROLLO VENDITE DEI QUOTIDIANI SU CARTA


USA: COPIE GIORNALI CROLLANO, LORO SITI WEB DECOLLANO


In America la carta stampata e' in stato precomatoso mentre il giornalismo on line gode di ottima salute anche se in qualche caso cio' non basta. I visitatori dei primi 10 quotidiani hanno raggiunto quota 252,7 milioni con un incremento di 40,1 milioni di contatti quotidiani, un aumento del 27% in 12 mesi. E' quanto emerge dal confronto tra i dati Nielsen sulla diffusione dei quotidiani statunitensi, in continuo ed inesorabile calo tranne rare eccezioni, e il successo dei siti web delle stesse testate. Esemplare il caso del New York Times. Il giornale Usa piu' autorevole e' con l'acqua alla gola: nel 2008 ha venduto in media 1,077 milioni di copie contro 1,120 del 2007 ma la raccolta pubblicitaria e' crollata del 21,2%. Il sito web (www.nyt.com) e' invece il piu' visitato con 18.2 milioni di contatti quotidiani (il 6% in piu' in 12 mesi) ma gli introiti dalla rete non hanno comunque compensato le perdite dell'edizione cartacea. Il Nyt si appresta e vendere la nuova sede realizzata appena 2 anni fa da Renzo Piano per fare fronte ai debiti. In linea con le aspettative USA Today (www.usatoday.com) la testata piu' diffusa d'America (2,2 milioni di copie) e la seconda sulla rete con 11,4 milioni di visitatori con una cresciuta del 15%. Terzo il prestigioso Washington Post (www.washingtonpost.com), il giornale del Watergate, che malgrado sia solo il settimo quotidiano Usa per diffusione (673.000 copie) e' visto nell'edizione elettronica da 9,5 milioni di persone (+12%). A seguire il Los Angeles Times (www.latimes.com), il quarto per copie (773.000) con 8 milioni di visitatori, con una crescita record del 73%. Il sito con il risultato complessivamente migliore, perche' quasi esclusivamente a pagamento, e' quello del Wall Street Journal (www.wsj.com): la bibbia del capitalismo mondiale, acquistata nel 2007 da Rupert Murdoch, non solo e' il secondo giornale per diffusione cartacea (2 milioni di copie) ma ha registrato un'impennata di visitatori, 34 per cento, pari a 7,2 milioni. In controtendenza il Boston Globe, stesso gruppo del New York Times, che perde copie in edicola e perde contatti sul web: nel 2008 www.boston.com ha registrato un calo del 6% di visitatori, fermandosi a quota 4,1 milioni. Al di fuori del mondo dell'informazione Nielsen conferma che il motore di ricerca Google rimane il sito web piu' visitato con 133,8 milioni di persone solo negli Usa, seguito Microsoft (126 milioni) e Yahoo (118 milioni).

martedì 27 gennaio 2009

VITA TURBOLENTA DI SIMENON-1


John Banville ribalta l'immagine di «artista d'evasione»
Profondo noir, il cuore oscuro di Simenon
Nella sua ispirazione non ci fu soltanto Maigret ma violenza, eros e un impulso sfrenato a scrivere

di JOHN BANVILLE

Nel considerare la vita e le opere di George Simenon viene spontaneo chiedersi: ma era umano? Perché Simenon era dotato di energie, creative ed erotiche, straordinarie. Scrisse più di 400 romanzi sotto diversi pseudonimi, un numero infinito di racconti e di sceneggiature per il cinema e, verso la fine della vita, dopo aver deciso di smettere con la narrativa, scrisse migliaia di pagine di memorie. Riusciva a stendere un romanzo in una settimana o in dieci giorni, battendo a macchina furiosamente, senza mai rivedere il suo lavoro (e a volte si nota). Si dice che a Parigi, negli anni Venti, avesse troncato una relazione con Josephine Baker, la chanteuse americana star della Revue Nègre, perché nell’anno in cui era stato con lei la passione l’aveva tanto distratto che era riuscito a scrivere solo tre o quattro libri.

Si procurava spesso distrazioni di quel tipo. Nel 1976, ultrasettantenne, in un’intervista uscita sull’Express rivelò all’amico Federico Fellini di aver avuto 10.000 donne. Aveva cominciato presto, perdendo la verginità a dodici anni con una ragazza di tre anni più grande, che l’aveva convinto a cambiare scuola in modo da poter continuare a frequentarlo e poi l’aveva lasciato per un altro fidanzatino. Il giovane George aveva ricevuto la prima lezione di vita. Era nato a Liegi, in Belgio, nel 1903, da un padre bonario ma debole e da una madre terribile con cui, per tutta la lunga vita di lei, ebbe un’intensa relazione di odio-amore. A sedici anni lasciò la scuola per diventare reporter alla Gazette de Liège, e si unì alla Caque, un gruppo di dandy e bohemien che aveva come guida spirituale il pittore Luc Lafnet. In seguito Simenon descrisse la domenica di giugno del 1919 in cui conobbe Lafnet come “uno dei giorni più importanti della mia adolescenza”.

La Caque era un gruppo di ragazzi sfrenati che bevevano, facevano uso di droghe e professavano il libero amore. “Eravamo un’elite”, scrisse più tardi Simenon. “Un piccolo gruppo di geni che il caso aveva riunito”. Erano anche pericolosi e, almeno in un’occasione, si rivelarono auto-distruttivi. All’alba di una mattina d’inverno, dopo una notte passata a bere, un ragazzo del gruppo, Joseph Kleine, “le petit Kleine”, aspirante artista e cocainomane a cui il nome si addiceva, essendo minuto e di debole costituzione, fu trovato impiccato alla porta della chiesa di Saint-Pholien a Liegi. Si pensò a un suicidio, o a un omicidio camuffato da suicidio. La mattina successiva la Gazette di Liegi scrisse che il giovane si era senza dubbio ucciso. Passarono molti anni prima che Simenon ammettesse di essere stato l’autore di quell’articolo, opportunamente uscito prima che la polizia avviasse delle indagini. “Ho voluto dichiarare la nostra innocenza”, scrive nelle sue memorie. “O piuttosto la mancanza di premeditazione... Non sapevamo in che stato fosse il ‘petit Kleine’. Ma non siamo noi, in fondo, che l’abbiamo ucciso?”

L’immagine dell’impiccato colpì molto Simenon. Il secondo romanzo di Maigret è intitolato L’impiccato di Saint-Pholien, e in uno dei romanzi più belli, Gli intrusi, pubblicato nel 1940, c’è una banda di ragazzi sfrenati e auto-distruttivi, che si richiama chiaramente alla Caque, e le cui bravate culminano in un omicidio. Simenon conosceva bene quel che descriveva.
Nel 1920, a diciassette anni, pubblicò il primo romanzo, Au Pont des Arches, corredato da illustrazioni di diversi artisti, tra cui il suo mentore, il vagamente satanico Lafnet. Au Pont des Arches, un libro divertente, in ambito locale ebbe successo. Simenon l’aveva firmato Georges Sim, uno pseudonimo che avrebbe usato per qualche tempo e che mantenne anche quando tre anni dopo si trasferì a Parigi con il proposito di diventare un vero scrittore. Cominciò a mostrare le sue storie a Colette, allora collaboratrice del giornale Le Matin, che gli consigliò di sfrondare al massimo il suo stile. Fu sicuramente il miglior consiglio che abbia mai ricevuto, e saggiamente lo seguì. Si mise a scrivere racconti popolari riscuotendo un notevole successo, e sfornò libri con una ventina di pseudonimi diversi. Verso i venticinque anni, ormai ricco, si imbarcò in una serie di viaggi attraverso l’Europa, l’Africa e, nel 1934, intorno al mondo. Il lavoro frenetico e l’ossessiva irrequietezza caratterizzeranno gran parte della sua vita.

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UNA BOZZA PERICOLOSISSIMA PER LA LIBERTA' DI ESPRESSIONE


"Contro i pirati, censura web"
E' una bozza ma è già polemica
E' arrivata al comitato governativo (sembra messa a punto dalla Siae) la proposta di legge contro la pirateria digitale e ha scatenato l'inferno in rete. A farne le spese potrebbero essere non solo gli utenti ma anche "soggetti come YouTube, a tutto vantaggio di Mediaset e delle altre tv" di ALESSANDRO LONGO

"Contro i pirati, censura web" E' una bozza ma è già polemica
UNA PROPOSTA di legge che, combattendo la pirateria digitale, spinge verso una censura del web. Una censura dall'alto, con un rigore mai visto prima in Italia. E a farne le spese potrebbero essere non solo gli utenti ma anche soggetti come YouTube, a vantaggio di Mediaset e delle emittenti che sentono violati i propri diritti d'autore.

Sono questi aspetti che stanno facendo divampare le polemiche, in rete, sulla prima proposta di legge arrivata al neonato Comitato tecnico governativo contro la pirateria digitale e multimediale. Il documento è trapelato sul web e pubblicato da Altroconsumo, associazione dei consumatori, che lo boccia allarmata: "Il provvedimento appare arcaico, protezionista e contrario agli interessi dei consumatori e dell'innovazione del mercato digitale".

"Ad inquietare sono numerosi punti di quella proposta", spiega a Repubblica.it Guido Scorza, avvocato tra i massimi esperti di internet in Italia. "Per prima cosa, si dà una delega in bianco al governo, per attuare nuove misura a difesa del diritto d'autore. I imponendo responsabilità, in caso di violazione, a utenti e a"prestatori di servizi della società dell'informazione". Chi sono questi soggetti? "Nella proposta si parla anche di provider internet, che però per il diritto comunitario, recepito in Italia, non possono essere responsabili di quanto fatto dai propri utenti. Pensiamo allora che la proposta voglia attribuire responsabilità, ora non certe sul piano giuridico, a soggetti come YouTube e a fornitori di hosting".

"Se passasse questa proposta, certo YouTube perderebbe la causa contro Mediaset e altre emittenti che lo denunciano per la presenza di materiale pirata sul portale", aggiunge Scorza. YouTube (e altri portali analoghi) chiuderebbe in Italia, subissato da cause perse, o sarebbe a cambiare molto il servizio solo per gli italiani.

La proposta non parla di misure contro gli utenti che violano il diritto d'autore (scaricando e condividendo file pirata), "ma quella delega in bianco non lascia presagire nulla di buono. Potrebbe essere la nota misura della disconnessione coatta degli utenti da internet, la cosiddetta dottina Sarkozy, che questo governo, la Siae e Fimi hanno già dichiarato di apprezzare". Dottrina che però è ancora in forse e ha già ricevuto una bocciatura dal parlamento europeo perché lesivo dei diritti degli utenti.

Sorprende poi un articolo, nella proposta, che con il diritto d'autore non ha niente a che vedere ma che ha il sapore della censura a 360 gradi: "Attribuzione di poteri di controllo alle Autorità di governo e alle forze dell'ordine per la salvaguardia su tali piattaforme telematiche del rispetto delle norme imperative, dell'ordine pubblico, del buon costume, ivi inclusa la tutela dei minori".

Insomma, una specie di commissione di censura di quello che sta sul web, come avviene per il cinema, ma con ricadute molto più pesanti: perché andrebbe a porre paletti alla possibilità di ciascun utente di leggere o pubblicare una notizia o un video d'informazione. Su uno sciopero non autorizzato, per esempio, o su alcuni fatti potenzialmente diffamanti per un politico. Si noti che una norma simile, il Child Safe Act, voluto da Bush, è appena stata dichiarata anticostituzionale negli Usa. L'Italia andrebbe quindi contro tendenza, se passasse la proposta.

A contorno di tutta la vicenda c'è un giallo. In rete i primi commenti hanno attribuito la proposta alla Siae, che siede al Comitato. La Siae nelle scorse ore ha smentito quest'attribuzione, ma senza entrare nel merito del documento. Ha smentito, insomma, solo di esserne il padre, ma non ne ha negato l'esistenza. Addetti ai lavori continuano però a sospettare che sia stata proprio la Siae a redigerlo. Il motivo è che il nome della Siae appare indicato come l'autore del documento, nelle proprietà del file della proposta di legge trapelato agli addetti ai lavori (e che Repubblica.it ha potuto leggere).

"Crediamo che adesso, dopo questa polemica, si possa tornare a discutere prendendo le distanze da quel documento. Così, del resto, il governo ci aveva promesso: il ministro Sandro Bondi (per i beni e le attività culturali) aveva detto infatti che la proposta di legge sarebbe arrivata al Comunicato solo dopo una consultazione con le varie parti", dice Marco Pierani, responsabile rapporti istituzionali di Altroconsumo. Consultazione che ancora non è avvenuta. Ecco perché i consumatori si sono sentiti traditi all'arrivo di questa proposta di legge.

(27 gennaio 2009)

sabato 24 gennaio 2009

LA PERSONALIZZAZIONE DEL CONSUMO TELEVISIVO


Agli Usa Obama, a noi Sanremo
Con l'Inauguration day è cambiato negli Stati Uniti il modo di fruizione in tv di questo tipo di liturgie collettive

Il giuramento di Obama è stata una grande cerimonia mediatica, uno di quei media events che si studieranno per anni. Gli eventi mediali rompono le normali routine di programmazione e vengono vissuti dalle persone che li seguono in tv come riti cruciali, perché mettono in gioco valori fondamentali (come, ad esempio, il senso d'appartenenza a una comunità, la possibilità di un cambiamento politico, la condivisione di una commozione per la morte di una persona importante) o perché sono considerati «appassionanti» e «irrinunciabili» (come accade nelle gare sportive, nei grandi concerti).

La vera novità è che stanno cambiando i modi di fruizione di queste liturgie collettive. Le nostre tv, da Sky a Mediaset, dalla Rai a La7, hanno preferito seguire un copione tradizionale con molti giornalisti in studio a spiegarci fastidiosamente i vestiti di Michelle. Proprio in occasione del giuramento la Cnn e Facebook hanno invece messo a disposizione sul web, visibili da ogni parte del mondo, le immagini dell'evento. Sul sito del network, era possibile vedere in diretta le immagini da Washington, frammentate attraverso più feed. Un grande schermo centrale presentava, senza commento, le immagini del discorso e della cerimonia. Quattro video più piccoli, in basso nella pagina web, fornivano altri punti di vista: le immagini della folla, la visione d'insieme sul Washington Mall, parti del percorso della parata, indicazioni sui tempi e luoghi della cerimonia, i giornalisti della rete impegnati nel commento... La diretta mondiale, inoltre, era in collaborazione con Facebook. Sulla destra, accanto alle immagini live, compariva la classica schermata del social network, in cui ogni utente poteva commentare con i suoi amici quello che stava succedendo: una radicale personalizzazione del consumo. Noi stiamo ancora discutendo sugli ospiti di Sanremo.

martedì 20 gennaio 2009

LA CINA CENSURA INTERNET: OSCURATI 700 SITI

Cina, la purga del web nell'anno degli anniversari

Scritto da: Marco Del Corona alle 15:42
Tags: Cina, dissidenti, Internet
E fanno 700, uno più uno meno. Il regime cinese la scorsa settimana è andato avanti con la sua ripulitura del web, sigillando – è l’annuncio dell’agenzia di Stato Xinhua – altri 244 indirizzi colpevoli di “oscenità” e “volgarità”. Dall’inizio della missione si arriva, appunto, a 700 circa.

SOTTO PRESSIONE L’opera di bonifica di Internet procede indefessa, è ormai opinione comune degli osservatori che si tratti di un’attività che, al di là del suo obiettivo primario, consente di tenere sotto pressione tutta la comunità degli utenti del web. I quali, secondo dati della scorsa settimana, sono ormai quasi 300 milioni. L’anno degli anniversari (60 anni dalla fondazione della Repubblica Popolare, 50 dalla fuga in India del Dalai Lama, 20 dal massacro della Tienanmen) è cominciato così, con una stretta su Internet.

PASSAGGI SEGRETI Nella ripulitura sono cadute anche piattaforme alle quali si appoggiavano blogger non necessariamente “dissidenti”. La La cyberpolizia andrà avanti, la campagna durerà un mese e coinvolge anche i servizi per i telefonini, ma il web è pieno di passaggi segreti, di doppifondi. Sarà un lungo anno.

Pubblicato il 20.01.09 15:42 | Permalink| Commenti(3) | Invia il post

lunedì 19 gennaio 2009

da DAGOSPIA, er mejo sito che ci sia!

VELTRONAL VA NEL POLLAIO DI NAPOLI E D’ALEMA ORGANIZZA UN CASINO CON CASINI PER SANCIRE LA FINE DELLA GIUSTIZIA “fai da te” grazie al quale giudici e pm si son sempre amministrati le carriere e le sanzioni disciplinari tra di loro…


Walter Veltroni e Massimo D'Alema

Laura Cesaretti per Il Velino

Veltroni oggi sarà a Napoli, alle prese con un partito lacerato e un'eredità pesante di quindici anni di governo di centrosinistra. Ci saranno, a sentirlo, anche Antonio Bassolino e il sindaco Rosetta Iervolino, la cui permanenza in carica è stata difesa dagli ex popolari alleati del segretario (Fioroni e Franceschini) causando la rottura tra Veltroni e il suo luogotenente napoletano Nicolais, dopo le cui dimissioni è stato inviato il commissario Enrico Morando.

Una trasferta non facile, per il leader del Pd. Che però, con l'occasione, sarà lontano da Roma mentre nella capitale si consuma un nuovo segnale di rottura nel suo partito, con il seminario sulla giustizia organizzato da Massimo D'Alema e Pierferdinando Casini. L'incontro sarà a porte chiuse, ma già alla vigilia si capisce che la linea che ne uscirà è molto diversa da quella cauta e prudente scelta dal Pd: non a caso, la magistratura associata è stata esclusa dagli inviti, e i magistrati militanti già sparano a zero sulle proposte messe sul tavolo dai due promotori.

Il segretario dell'Anm Luca Palamara già annuncia che sulla riforma del Csm che viene avanzata è pronto a costruire la "nostra linea Maginot": e si capisce perché, visto che D'Alema e Casini lanciano l'idea di una Alta corte di giustizia, chiamata a giudicare i magistrati, composta da "laici". La fine del "fai da te" grazie al quale giudici e pm si son sempre amministrati le carriere e le sanzioni disciplinari tra di loro-

È probabilmente quello il punto più dirompente e innovativo, quello destinato a scatenare le maggiori polemiche. E soprattutto a contraddire più platealmente la posizione ufficiale del Pd, che si è detto disponibile a discutere di riforme della giustizia a patto di "non toccare la Costituzione", ergo il Csm.

Ed è la maggiore apertura alle posizioni del Pdl (e in particolare a quelle di Berlusconi) che sia arrivata dall'opposizione. Destinata a creare non pochi problemi a Veltroni, che se l'asse Casini-D'Alema andrà avanti su questa strada si ritroverà scavalcato nella trattativa con il centrodestra, che il leader del Pd sperava di poter depotenziare giocando di sponda con la linea "moderata" di Gianfranco Fini, e rompendo il fronte della maggioranza.

Evitando così uno scontro con la magistratura associata e con il suo paladino Antonio Di Pietro che invece, sulle proposte che verranno discusse oggi al seminario di ItalianiEuropei e dei centristi, diventerebbe inevitabile.

4 punti di share persi, i giovani in fuga da ANNOZERO ultrafazioso

Santoro manicheo perde ascolti

Lo penalizzano soprattutto i giovani

Michele Santoro
Michele Santoro
La peggiore puntata, e non solo per qualità. Anche gli ascolti penalizzano l'ultima messa in onda di «Annozero» di Michele Santoro, quella così faziosa da generare la lite con Lucia Annunziata, e il suo abbandono del programma. Così, per una volta, la tele-rissa non porta spettatori, anzi. Giovedì scorso Santoro ha perso 4 punti secchi di share, attestandosi sul 13,35% di media, contro il 17,46% dell'attuale stagione.

Lo penalizzano soprattutto i giovani: fuga da «Annozero» per adolescenti e giovani-adulti (dal 10% di media al 4,9%), e per i trenta-quarantenni (dal 14% di media all'8,2%). Gli unici a restar fedeli sono gli ultra65enni, più abituati a ragionare «per appuntamenti» predefiniti che «per zapping». In questo tracollo così evidente pesano soprattutto due fattori: c'è, da un lato, la difficoltà dell'informazione televisiva a parlare di politica estera, mantenendo vivo un interesse del grande pubblico, specie dei giovani. Ma il secondo fattore mostra che, in realtà, questa difficoltà è un cane che si morde la coda: adottare un punto di vista così schierato e fazioso contribuisce alla fuga. Se ci si avvicina al racconto di una grande e complessa crisi internazionale, fatta di luci e tante ombre, lo si fa in primo luogo con l'intento di capirci qualcosa in più (motivazione che muove in particolare il pubblico giovane). Uno sguardo manicheo, dove tutto è o nero o bianco, fa il peggior servizio (pubblico) a chi avrebbe anche voglia e disponibilità a usare la tv per farsi un'opinione. Per una volta il pubblico ha fatto giustizia di una brutta pagina della storia della tv. In collaborazione con Massimo Scaglioni, elaborazione Geca Italia su dati Auditel

sabato 17 gennaio 2009

(SAN) TORO, IL VIOLENTO MARTIRE DELLA CENSURA

La rozza e astiosa cultura stalinista di Michele Santoro ha colpito ancora. Questa volta, però, inaspettatamente, il violento demagogo ha involontariamente socchiuso le porte della sua mente facendoci intravvedere, per un attimo, il suo funzionamento. (g.c.)

Faziosità e allusioni

Se il «martire dell'informazione» diventa mago delle allusioni

Una brutta pagina di tv quella consegnataci l'altra sera da Michele Santoro ad «Annozero». Imbarazzante. La sua faziosità è nota, la decisione di rappresentare una sola parte del conflitto che insanguina la Striscia di Gaza va messa in conto, la sua retorica votata a una sempre più spinta demagogia non è condivisa da molti ma fa ormai parte del panorama televisivo italiano; ciò che è inaccettabile sono le parole con cui ha liquidato Lucia Annunziata. Nel momento in cui l'ex presidente della Rai ha deciso di abbandonare la trasmissione, Santoro le si è rivolto così: «Fai la giornalista, non venire qui a criticare come si fa la trasmissione... O cerchi meriti da qualcuno?».

Dire a un altro che dissente per cercare il beneplacito, magari una cambiale a scadenza, di qualcun altro (e chi poi? Israele? Berlusconi? i vertici del Pd? la Trilateral?) è un'insinuazione di basso livello, intollerabile. Ma le allusioni malevole, specie se dette in un momento d'ira, quando saltano i nervi e si perde il controllo di sé, sono spesso rivelatrici di una filosofia di fondo. Speriamo che all'Annunziata, per ritorsione, non venga ora la tentazione di scrivere una biografia professionale di Santoro nelle vesti di «cercatore di meriti».

Parlare in un talk show di guerra è sempre difficile e di fronte a certe immagini che arrivano da Gaza si resta annichiliti. Non l'imparzialità, si chiede, non il senso della misura ma almeno la possibilità di essere minoranza (pensarla in un modo differente). Con Santoro è impossibile, proprio non le sopporta, le minoranze. Potesse le eliminerebbe. In nome della democrazia, sia chiaro. Con il conduttore schierato, con l'inviato Corrado Formigli schieratissimo, con lo spazio eccessivo concesso ai ragazzi della comunità palestinese di Milano, era difficile per Lucia Annunziata, che pure non era avvolta in una bandiera con la stella di David, sostenere il contraddittorio. Se n'è lamentata, ha semplicemente fatto presente che «qui si presentano al 99,9 per cento soltanto le ragioni palestinesi».

Apriti cielo! Santoro l'ha caricata di insulti, l'ha congedata con un odioso «non sprechiamo tempo», se l'è presa persino con Walter Veltroni invitandolo a rendersi utile, ad andare a Gaza e non in Africa. E al Presidente della Camera Gianfranco Fini che ieri ha telefonato a Claudio Petruccioli per denunciare «il livello di decenza» superato in trasmissione, Michele Santoro ha risposto sul suo sito con strafottenza, sotto la rubrica «VAF» (acronimo di Valutazione A Freddo): «In un Paese normale il livello della decenza lo supera un Presidente della Camera che, travalicando i suoi compiti istituzionali, interviene per richiedere una censura nei confronti di un giornalista che sta compiendo il suo dovere di informare l'opinione pubblica».

Censura, naturalmente. Quella del martire dell'informazione è la parte che gli riesce meglio. Nessuno pretende l'equidistanza da Santoro; nessuno si aspetta che, a inizio trasmissione, spieghi che c'è una certa differenza tra chi vuole la cessazione del lancio dei Qassam e chi vuole la cancellazione di Israele; nessuno desidera mettergli la mordacchia del pluralismo, ma deve smetterla di credersi l'unico alfiere della libertà d'espressione e accusare gli altri di essere schiavi sciocchi di qualche potere. Non è la prima volta che il populismo, la faziosità, l'ideologia lo confinano nella disinvoltura intellettuale. Chi è incapace di vincere i suoi mali, non tragga però piacere nell'addossarli ad altri.

Aldo Grasso
17 gennaio 2009

venerdì 16 gennaio 2009

ARTE E OSSESSIONE








Addio a Andrew Wyeth, per quattordici anni dipinse la vicina di casa di nascosto
Helga Testorf, immigrata prussiana, la sua grande fonte di ispirazione: attraverso il corpo ne coglieva l'anima

NEW YORK - È una storia romanzesca quella del pittore americano Andrew Wyeth, morto a 91 anni nel sonno nella sua casa di Chadds Ford vicino a Filadelfia. Noto esponente del realismo contemporaneo e figlio d'arte (suo padre era un famoso illustratore), lascia una vasta raccolta di opere, tra cui molti acquerelli e tempere, e la nota serie di ritratti della sua vicina di casa, Helga Testorf.

240 RITRATTI - Wyeth amava immortalare il litorale del Maine, i paesaggi della Pennsylvania, e - come detto - la sua vicina di casa, l'immigrata prussiana Helga Testorf, ritratta in uno stile minutamente descrittivo e austero: in circa 14 anni, dal 1971 al 1985, la dipinse 240 volte (in alcuni casi nuda) senza che la moglie di Wyeth né il marito della donna ne fossero a conoscenza. Da semplici studi e bozzetti a dipinti terminati, a tempera, ad acquerello, punta secca e matita: la ritraeva in modo quasi ossessivo, cercando di mettere su tela l'interiorità della donna. Helga, che non ha mai posato prima di allora, è per Wyeth una modella paziente. È una donna sola, in mezzo a una natura aspra e minacciosa o in un letto bianco, una donna minuta, che fissa un orizzonte lontano. La serie di Helga, attualmente proprietà di una società giapponese, venne acquistata in blocco nel 1986 dal miliardario Leonard Andrews per preservarla intatta e fu esposta l'anno dopo alla National Gallery di Washington. Nel 2007 Wyeth ha ricevuto la Medaglia Nazionale delle Arti dal presidente George W. Bush.

MUTE TUBE


YouTube preme il tasto "mute"
Senz'audio i video con copyright
Il colosso per la condivisione di filmati in rete mette i paletti. Niente audio oppure sostituzione con tracce musicali libereMa il popolo del web insorge: limiti alla creatività
di PASQUALE FILIPPONE


SE VI CAPITA di andare su YouTube per vedere e ascoltare il video di "Believe it Or Not" del gruppo rock canadese Nickelback o "Laundromat Blues" del chitarrista Albert King e non sentite nulla, state tranquilli: non avete nessun problema di udito, le vostre cuffiette non si sono rotte, né tanto meno avete gli altoparlanti del portatile fuori uso. E' YouTube che ha premuto il tasto "mute". Ossia ha tolto l'audio per quei video caricati sul sito di condivisione online che violavano le leggi sul copyright.

Sotto ai video incriminati compare in maiuscolo una "notifica" con la scritta: "Questo video contiene una traccia audio il cui utilizzo non è stato autorizzato da tutti i detentori del copyright. L'audio è stato disattivato". Il messaggio prosegue poi consigliando gli utenti di leggere attentamente le informazioni sul copyright.

YouTube, con le sue 13 ore di video caricate al minuto e con i suoi 300 milioni di utenti mensili, rappresenta il più importante sito internet di video del mondo. Fino ad oggi accadeva che gli utenti caricavano sulla piattaforma, proprietà di Google, videoclip dei loro cantanti preferiti o video fatti in casa, dalle feste di bambini ai matrimoni, dai collage di foto fino alle immagini delle vacanze, utilizzando molto spesso come colonna sonora una musica d'autore. Se si dà un'occhiata ai canali più popolari di YouTube si vedrà, infatti, che su dieci sette sono legati alla musica. Bene, da adesso la musica nella casa dell'azienda californiana sembra essere cambiata. YouTube, che rappresenta da anni un punto di riferimento importante per tutti gli appassionati di musica, ha messo dei paletti: il "silenzio" dell'audio di quei video protetti dal copyright o la sostituzione con tracce musicali libere.

Mercoledì 14 gennaio sul blog di YouTube appare un post dal titolo: "User Choice and Music Licensing" (La scelta dell'utente e la licenza musicale), nel quale il Team di YouTube mette in guardia i propri utenti avvisandoli delle nuove regole. "In precedenza, quando veniva inserito un video soggetto ad un marchio (etichetta) musicale o altri diritti soggetti a copyright - si legge sul blog - l'audio veniva bloccato, e il video veniva automaticamente tolto. L'uploaders (chi carica il video) poteva comprare i diritti (ad esempio come "fair" utilizzo) o utilizzare il nostro strumento AudioSwap per sostituire la traccia con una della nostra libreria musicale. Ora abbiamo aggiunto un'ulteriore scelta. Invece di eliminare automaticamente i video da YouTube, diamo agli utenti la possibilità di modificare il video, eliminando la musica soggetta a diritto d'autore e caricare una nuova versione, e molti stanno scegliendo tale opzione".

Ma il popolo della rete non ci sta e critica la scelta adottata da YouTube. Anzi il sito mashable.com sostiene che la scelta adottata dal sito di video sharing produrrà alcune conseguenze. Tra queste: niente più musica nei video animati, niente più remix di film, niente più video di chitarristi e di rock band. Ma Maria Ferreras, Strategic partner development manager di YouTube, cerca di rassicurare i propri utenti: "La possibilità di modificare il video, togliendo o sostituendo l'audio coperto da diritti, rappresenta per gli utenti di YouTube una nuova e importante opportunità rispetto al passato. In questo modo non vedranno più il loro video bloccato ma lo potranno mantenere pubblico, semplicemente cambiandone la traccia audio. Questa è secondo noi la soluzione migliore per valorizzare i contenuti degli utenti mantenendo l'integrità dell'opera iniziale e rispettando al contempo i proprietari di diritti".
(16 gennaio 2009)

MARIA A SANREMO

De Filippi, signora dell'Auditel
regina per una notte a Sanremo
E la Ue critica il brano anti-gay di Povia
di GIUSEPPE VIDETTI

De Filippi, signora dell'Auditel regina per una notte a Sanremo

Maria De Filippi
MILANO - Nella serata finale del Festival, Maria De Filippi scenderà le scale dell'Ariston insieme a Paolo Bonolis. Sarà anche il "suo" Sanremo. Il 21 febbraio, nel momento rovente della gara, la regina di Canale 5, mattatrice del sabato sera, entrerà dalla porta principale della rete ammiraglia. Prima volta in Rai dopo il no dell'allora presidente Antonio Baldassarre alla proposta di un eventuale Dopofestival firmato De Filippi nel 2003. "Impensabile affidare al personaggio simbolo della rete concorrente uno dei programmi simbolo di RaiUno", disse. E l'idea non piacque neanche a Berlusconi. Oggi le televisioni, anche quella pubblica, non escludono partnership quando si tratta di ascolti. Maria dovrà chiedere il permesso a Piersilvio, che non farà storie. Perché dovrebbe? La sua presenza all'Ariston ribadisce un primato che neanche i mostri sacri del tradizionale sabato sera sono riusciti a scalfire. E poi, in fondo, il suo microsanremo, a eliminazione diretta, lei se lo gioca tranquillamente ogni giorno, nello studio di Amici. Con la differenza che i cd del suo programma poi vanno a ruba.

giovedì 15 gennaio 2009

APPLE IN CRISI


Svolta Apple, passo indietro di Jobs «Malato, mi ritiro fino a giugno»
La gestione operativa del gruppo passa a Tim Cook

NEW YORK — Steve Jobs lascia, almeno per i prossimi sei mesi, la guida della Apple, la società da lui fondata: le sue condizioni di salute sono peggiorate e l'imprenditore ha spiegato, in una lettera diffusa ieri sera subito dopo la chiusura delle Borse americane, che i medici prevedono ora un percorso di cura più impegnativo di quello che gli era stato presentato solo pochi giorni fa. Fino al prossimo giugno i suoi poteri di amministratore delegato verranno esercitati dal direttore generale della società, Tim Cook.

Poi si vedrà. Jobs era stato colpito nel 2004 da una forma rara ma curabile di cancro al pancreas dalla quale si era ripreso. Dopo quattro anni, nell' estate scorsa, i segni di una nuova malattia erano stati esorcizzati dal creatore dell'iPod e del Macintosh che prima aveva rivendicato il diritto alla privacy sul suo stato di salute, poi aveva fatto circolare un'interpretazione abbastanza tranquillizzante: non un nuovo tumore, ma un problema risolvibile di assimilazione delle proteine alimentari in qualche modo collegato alla patologia originaria. Adesso, però, è lui stesso a spiegare che la situazione «è più complicata di quanto pensassi». E si fa da parte. La notizia è esplosa come una bomba a Wall Street al termine di una giornata che era già stata nerissima per l'aggravamento della crisi bancaria e i nuovi dati negativi sulle vendite al dettaglio.

lunedì 12 gennaio 2009

PENSIERO DEBOLISSIMO

IL VATTIMO FUGGENTE – IL FILOSOSO DEL PENSIERO DEBOLE SOGNA RAZZI Più EFFICACI DEI QASSAM (“FANNO SOLO RUMORE”) PER RADERE AL SUOLO ISRAELE – SUI MONACI TIBETANI AVEVA DETTO: “VOGLIONO INVADERE LA CINA” – COME PENNACCHI: “A VATTIMO, E TU VATTENE AFF…”

Alessandro Gnocchi per "Libero"

Il filosofo Gianni Vattimo, teorico del pensiero debole, ha alcune proposte forti per contrastare l'odiato sionismo. Ad esempio, come chiede qualcuno, si potrebbe aderire al boicottaggio di aziende e supermercati che importano merci da Israele. Si potrebbe ma non si può, c'è un impedimento ostico al pari di certe pagine di Heidegger: «Non sono io a fare la spesa», ha dichiarato ieri il pensatore desolato al Corriere.
Gianni Vattimo

Ecco quindi l'idea numero due: «Bisognerebbe procurarsi missili più efficaci dei Qassam e portarli laggiù ma mi pare più complesso». I missili Qassam, per la cronaca, sono quelli, all'origine dell'attuale scontro, sparati dai palestinesi sulle teste dei vicini israeliani. L'anno scorso, quando Vattimo si è schierato contro la presenza di Israele come ospite d'onore della Fiera del libro di Torino, giravano volantini dei boicottatori in cui si leggeva che i «razzi Qassam fanno solo rumore». Ciò spiega il motivo per cui Vattimo intende sostituire gli inutili petardi con armi più pericolose.

Già, la Fiera 2008. Momento di gloria per il filosofo, incoronato leader della protesta filo-palestinese. Vattimo non si è fatto pregare. Infatti il filosofo in materia non ha dubbi e sa gestire i media da showman consumato. Eccolo lodare la «resistenza palestinese, praticamente la sola rimasta contro il pensiero unico, imperialista e dominante».

Poi approfondisce il discorso: «Oggi la regola pare sia che non si può dare del fascista a un ebreo». Quindi, offeso per le critiche ricevute, rivaluta un classico dell'antisemitismo, I Protocolli dei savi di Sion, libro amato da Hitler e meditato da Ahmadinejad: «Non ho mai creduto alla menzogna dei "Protocolli". Ora inizio a ricredermi, visto il servilismo dei media».
Scontri a Gaza

A parte Israele, il professore sembra aver dichiarato guerra al buon senso in generale. Il catalogo delle sue bizzarrie è lungo come la sua opera omnia, di recente pubblicata in 12 agili volumi suddivisi in 43 tomi. (Per Platone ne sono bastati 9).

L'anno scorso tutte le televisioni del mondo hanno trasmesso le immagini della repressione cinese a danno dei tibetani. Di fronte all'esercito di Pechino per le vie di Lhasa intento a manganellare i monaci buddisti, Vattimo ha avuto una illuminazione delle sue: lo spettacolo propinato dai media imperialisti è falso. La verità è un'altra: il Tibet ha invaso la Cina.

Subito è scattato l'appello in difesa dei diritti dei governanti comunisti «sotto attacco dell'Occidente», Vattimo è stato il primo e forse l'ultimo a firmare. Gli «europei» hanno orchestrato una «campagna anti cinese dai connotati razzisti». Esatto, c'è un «piano imperialista contro Pechino», è un nuovo capitolo della «guerra dell'Oppio». Vattimo rivela: in Tibet c'è «una caccia ai cinesi ... finita con donne, vecchi e bambini dati alle fiamme».

Ex europarlamentare ds, poi depennato e migrato verso lidi più radicali, se l'Italia fosse una repubblica guidata da lui avremmo risolto ogni guaio. Anche in politica interna Vattimo ha opinioni ponderate. Prendiamo il PdL: «A parte le bombe, contro Berlusconi tutto è lecito». Con i suoi vecchi compagni di strada è altrettanto gentile: «Veltroni è un lettore di Topolino». Vattimo comunque ha trovato un punto di riferimento e qualche tempo fa dichiarava: «Io sono per la rinascita del Pci, ma non vedo grandi speranze. C'è rimasto solo Marco Rizzo, uno che ci crede...». Subito dopo Marco Rizzo e sodali sono stati cancellati dal Parlamento grazie al voto degli elettori.
Scontri a Gaza

Vattimo offre filosofiche considerazioni su tutto e tutti. Osama Bin Laden: «Visto che non c'è un governo legittimo con cui trattare», ha scritto sul Manifesto, «perché continuiamo a rifiutare ogni trattativa con la falsa idea che il nemico sia solo un vile e abominevole bandito?». La strage di Nassiriya in cui morirono 19 soldati italiani: «Un effetto collaterale di un atto di resistenza».

Potremmo proseguire ma concludiamo con un aneddoto raccontato da Pierluigi Battista in un articolo sul Corriere della Sera. Nel 2007, l'allora segretario dei Ds Piero Fassino, in vena di auto-flagellazione, si sottopose a una sorta di processo pubblico. Il tribunale, riunito nella Sala dello Stenditoio del San Michele di Roma, era composto dalla cosiddetta intellighenzia: Furio Colombo, Moni Ovadia, Asor Rosa, etc. Scrive Battista: «Si raggiungono le vette dell'avanspettacolo quando Gianni Vattimo chiede a Fassino : "A Torino io vado in tram, Fassino ci vai mai in tram?". Viene inurbanamente interrotto dallo scrittore Antonio Pennacchi con un ruspante: "A' Vattimo, e tu vattene affanculo"».

GRASSO E POTERE

GRASSO & POTERE – I DIS-VALORI D’ITALIA SULLA BILANCIA DEL DIETOLOGO SGARBI: PERCHE’ Cristiano Di Pietro continua a ingrassare? – sarà la soluzione ai problemi imparata dal padre: il posto fisso CONTRO LA “MOSCERIA” DEL PAESE?…

Vittorio Sgarbi per "il Giornale"


Avete visto come è grasso Cristiano Di Pietro? In questi giorni si sono viste sue immagini di qualche anno fa: un bel ragazzo magro, anche se robusto, ordinato, schivo. Anche il padre in quelle fotografie di repertorio appare più magro. Dunque, perché sono ingrassati?

Soprattutto nel caso di Cristiano la trasformazione sorprendente. Appare grosso, gonfio, perfino rosso. Perché? Perché mangia. Perché mangia e beve. Eppure l'attività di partito è impegnativa, e anche il rapporto con gli elettori e con i provveditori alle opere pubbliche per tener vive, secondo lezione democristiana, le clientele.

Il padre si è mosso molto, e ha meglio smaltito i grassi; il figlio è rimasto in Molise, dove l'attività di partito richiedeva meno energie, e si è gonfiato, fino ad apparire irriconoscibile. Anzi, forse è un altro. In passato aveva fatto molta attività di partito Enrico Berlinguer, ed era rimasto magrissimo; oggi Fassino non è cresciuto di un chilo. Ha mangiato poco. La storia della famiglia Di Pietro è esemplare per capire cosa è diventata la politica. Per evitare di lavorare ci si mette in una lista di partito, meglio se bloccata.

Si viene eletti, e lo Stato paga. Se la cosa appare scandalosa, visti gli stipendi dei consiglieri regionali e provinciali, per qualunque politico, agli occhi dei cittadini, è difficile trovare una giustificazione morale per chi mette in lista parenti e figli che non avrebbero nessun merito distinto, né alcuna possibilità di essere eletti con le loro forze, per trovar loro un posto sicuro e ben remunerato.
Cristiano Di Pietro magro

Quando poi si vede, o si legge, che la politica di quel parente non serve ai cittadini, ma agli amici, allora si torna al rigore, si annunciano misure di ritrovata moralità. Si fa dimettere il figlio dal partito, dove non guadagnava una lira, e gli si lascia conservare il posto nel consiglio provinciale, dove continua ad essere pagato. Così può ingrassare.

Con questi modelli di moralità da cui è derivata la fine dei partiti il Partito democratico è stato messo sotto schiaffo, ed ogni attività politica si è spenta, così come ogni attività economica, nel terrore che ogni iniziativa possa essere interpretata come favoreggiamento o crimine.

L'Italia dei valori umilia Veltroni, costringendolo a restare appeso al candidato democristiano e poi retino e poi dipietrino Orlando per la presidenza della Vigilanza Rai. Quando viene eletto democraticamente un esponente del Partito democratico, Riccardo Villari, lo si lascia insultare, lo si inviata a dimettersi, lo si espelle.

Sempre per vendicare Di Pietro, che ama Orlando come un figlio (avete notato come è ingrassato Orlando? Per essere in linea con l'Italia dei valori), si adoperano tutte le cariche istituzionali. Anche Berlusconi viene incontro a Veltroni inginocchiato davanti a DiPietro, e poi Fini, e poi Schifani; e adesso il capogruppo Quagliariello medita di far dimettere tutti i membri del Pdl nella commissione di Vigilanza. A questo punto si è ridotta la politica nel disprezzo della democrazia. Poi Di Pietro pone il veto su alcuni candidati del Pd in Abruzzo.

D'altra parte non sono suoi figli: perché dovrebbe sostenerli? E in particolare sbarra la strada al più apprezzato e votato di tutti: il sindaco D'Alfonso. Per dargli ragione gli amici
Magistrati gliel'hanno arrestato per il reato di volo aereo. Ma per quale ragione Veltroni doveva fidarsi di più dei candidati di Di Pietro che dei propri compagni di partito? Perché D'Alfonso è stato mollato e poi abbandonato? E perché prima di lui è stato trattato come un delinquente e abbandonato Del Turco? Mollati anche Margiotta, deputato lucano, Cioni, vicesindaco di Firenze, Lusetti, eterno delfino di una causa perduta.

Per non parlare di Bassolino, di Gambale e di innumerevoli altri, tutti improvvisamente criminali. Un'intera classe politica indegna e inadeguata, senza orgoglio, senza fiducia in se stessa. Eppure che i magistrati non siano infallibili, anche al di là delle vicende politiche, basterebbe a dimostrarlo la vicenda dell'assassino assolto in Cassazione e, subito dopo, reo confesso.

E perché dovrebbero aver ragione per D'Alfonso che, terrorizzato, ritira le dimissioni e si mette in malattia facendo l'unico vero reato: un certificato medico certamente falso che stabilisce a priori che per sei mesi il sindaco non potrà guarire. Chiederò che venga processato per questo, dal momento che per la stessa ragione io sono stato condannato, pur essendo in aspettativa senza stipendio. Un vecchio fascista mi denunciò perché non credeva ai certificati medici. Come credere all'improvvisa malattia di D'Alfonso? Forse è motivata da una prostrazione psicologica?

O da una crisi mistica dal momento che D'Alfonso è l'unico sindaco che si è ritirato in convento (vero è che anche la Moratti ha applicato la «clausura» a Milano: ma è un altro discorso). Insomma, tutti soffrono, e solo i Di Pietro ingrassano. Veltroni ha distrutto l'alleanza dell'Ulivo inventando un partito liofilizzato e soffrendo, come ha osservato D'Alema, il populismo di maggioranza di Berlusconi e il populismo di minoranza di Di Pietro: ma mentre il primo è l'antagonista, l'altro dovrebbe essere l'amico.

Che lo ha spento, sgonfiato, e perfino dimagrito. Intanto Cristiano Di Pietro continua a ingrassare e indica la soluzione ai problemi imparata dal padre: il posto fisso. Si può così ben condividere l'analisi spietata di Marcello Veneziani: «Un Paese moscio e melanconico, che ha perso la prospettiva del futuro e della comunità, non fa più sogni pubblici e civili, politici figuriamoci... Non ha più stimoli economici, morali e artistici. Sembra abitato solo da finti invalidi e marocchini».

E continua: «Un Paese in ritirata... Apatia rispetto all'avvenire, creatività scarsa e spirito d'avventura zero... E penso cosa sarebbe senza la guida di un incrollabile energetico come Berlusconi. E mi spaventa guardare intorno e immaginare la scena senza di lui; i suoi possibili eredi, da ogni parte, rispecchiano la mosceria del Paese». Di Pietro ha trovato la soluzione: il suo erede, il figlio, non è moscio. È pingue. Mangia e non fa nulla di utile. Il padre grida contro i corrotti. E lo Stato paga. Veltroni guarda, e non si fida neppure di se stesso. Oh! Romeo, Romeo!

sabato 10 gennaio 2009

È ARRIVATA LA MORTE PER L'ASSASSINO WILLIAM ZANTZINGER

Morto l'assassino di Hattie Carroll
che ispirò la canzone di Bob Dylan
di RITA CELI

Morto l'assassino di Hattie Carroll che ispirò la canzone di Bob Dylan

La copertina del disco
GIOVANE e ubriaco uccise una donna di colore ma, essendo bianco, ricco e privilegiato, scontò in carcere solo tre mesi per quell'omicidio. Erano i primi anni Sessanta, Rosa Parks aveva già segnato un solco nella storia dei diritti civili in America, ma non ancora abbastanza profondo da incidere anche la vita quotidiana. A "celebrare" l'ingiustizia e a raccontare al mondo intero la storia di quel tragico fatto di sangue, violenza e razzismo, ci pensò un altrettanto giovane cantautore, Bob Dylan, che compose quello che è diventato un classico della musica folk, The lonesome death of Hattie Carroll.

William Devereux Zantzinger, l'assassino che ispirò la canzone, ora è morto, all'età di 69 anni. L'annuncio della scomparsa è stato pubblicato oggi dal New York Times, dopo aver ricevuto la conferma dalla Brinsfield-Echols Funeral Home. La famiglia di Zantzinger, che non aveva mai perdonato a Dylan di aver musicato il fatto di cronaca nera di cui era stato protagonista, ha proibito di fornire dettagli sulla causa e il luogo del decesso.

Il 9 febbraio 1963 William Devereux Zantzinger, un giovane bianco di 24 anni, proprietario di una piantagione di tabacco, ordinò da bere a Hattie Carroll, una cameriera nera di 51 anni che lavorava all'Emerson Hotel di Baltimora. Ritenendo che la donna non fosse abbastanza veloce nel servirlo, Zantzinger l'apostrofò pesantemente insultandola con il termine "negra" e la colpì con un bastone. Hattie Carroll, madre di undici figli (uno in più rispetto al testo della canzone) morì la mattina dopo di emorragia cerebrale.

Poco più che ventenne, Bob Dylan rimase profondamente colpito dalla sentenza riportata dai giornali nell'estate del '63 e scrisse di getto la canzone dal titolo The lonesome death of Hattie Carroll, eseguita dal vivo nei suoi concerti prima di essere inserita nel suo terzo celeberrimo album The times they are a-changin' pubblicato nel gennaio 1964. Nel testo non c'è riferimento al colore della pelle della vittima e del carnefice, ma insiste sulle differenze sociali tra i due sottolineando come la ricchezza e i rapporti di potere abbiano influenzato profondamente la sentenza.

Grazie ai suoi avvocati infatti William Zantzinger si vide ridurre l'imputazione da omicidio volontario a colposo, fu condannato a una pena di sei mesi ma ne scontò appena tre per buona condotta. Dopo la sentenza il New York Herald Tribune sostenne che la condanna fu ridotta per evitare di doverla scontare in una prigione di Stato e rischiare così la vendetta dei detenuti afro-americani. Zantzinger scontò la breve pena in relativa sicurezza nella prigione locale della contea di Washington.

Dylan iniziò la canzone partendo dall'omicidio della "povera Hattie Carroll", uccisa da William Zantzinger in un "hotel di Baltimora frequentato dall'alta società". La polizia lo arrestò con l'accusa di omicidio di primo grado, ma "voi che filosofate sulle disgrazie e criticate le paure toglietevi il fazzoletto dal viso, non è ancora il momento delle vostre lacrime". La seconda strofa è dedicata a Zantzinger, "a 24 anni proprietario di una piantagione di tabacco di 600 acri", protetto e curato dai genitori con conoscenze altolocate nel Maryland. Reagì all'arresto con una scrollata di spalle e uscì in fretta su cauzione.

Il brano prosegue con il ritratto di Hattie Carroll, una cameriera di 51 anni che aveva dato alla luce dieci figli, abituata a servire in tavola e gettare la spazzatura, che "non si era mai seduta capotavola e non aveva mai parlato con la gente ai tavoli", e che fu uccisa con un colpo di bastone senza aver fatto nulla a William Zantzinger. L'ultima strofa è nell'aula di tribunale dove il giudice batte il suo martello per dimostrare che la legge è uguale per tutti e che anche i potenti vengono trattati correttamente una volta che la polizia li ha catturati. Quel giudice fissò negli occhi la persona che aveva ucciso senza motivo condannandolo a sei mesi. "Voi che filosofate sulle disgrazie e criticate le paure affondate il fazzoletto profondamente sul vostro viso, questo è il momento per le vostre lacrime" conclude il brano di Dylan.

Zantzinger visse sempre nei dintorni di Baltimora e nel 1991 venne arrestato per truffa dal momento che riscuoteva l'affitto da poveri neri per degli appartamenti fatiscenti che non erano più di sua proprietà. Intervistato dal biografo di Dylan, Howard Sounes, nel 2001, Zantzinger definì Dylan un "insignificante figlio di puttana".

DAL CES I GADGET DEL FUTURO

Dalla passerella del Consumer Electronic Show 2009, ecco una top ten dei gadget che arriveranno sul mercato americano nei prossimi mesi e presto anche in Europa e in Italia.

1)Il nuovo Vaio P Series Lifestyle Pc, è il netbook più piccolo del mondo: piccolo abbastanza da entrare nella tasca di una giacca o in borsetta, pesa appena 640 grammi ma ha tutte le caratteristiche di un vero e proprio Pc.

2) Panasonic vede il futuro in 3D: i nuovi televisori a visione tridimensionale arriveranno sul mercato a partire dal 2010 e il gigante giapponese dell’elettronica sta lavorando con produttori di dischi Blu-ray, emittenti e studi di Hollywood per arrivare a standard tecnici comuni per portare film, eventi sportivi e show televisivi nel salotto dei consumatori.

3) E in tema di 3D, ecco la videocamera tridimensionale: la Minoru 3D munita di due "occhi" trasmette immagini tridimensionali sul computer collegato con programmi di messaggeria o Skype. Per vedere le immagini bisogna usare gli occhiali colorati.

4) Black&Decker offre una chiave telecomandata per le porte di casa: si aziona a distanza attraverso cellulare o computer e permette di entrare quando si sono dimenticate le chiavi o fare entrare parenti e amici senza scomodarsi a raggiungerli.

5) Bimbi sempre sotto controllo: un braccialetto elettronico della britannica Lok8u permette i localizzarli con un sistema gps che trasmette il punto in cui si trovano sullo schermo del computer o del telefonino. Se il bracciale viene tolto a forza scatta l’allarme.

6) Batterie verdi: le EnviroMax della Fuji non hanno cadmio o mercurio nè altre sostanze inquinanti. Usciranno a marzo, sono potenti e costano quanto le altre.

7) E in tema di risparmio energetico, la prese filtrate che interrompono automaticamente l’erogazione di corrente quando l’apparecchio è in sonno: è il surge protector Greenpower MPD 900 che taglia la corrente a Pc e stampanti quando non sono in uso con conseguenti risparmi sulla bolletta elettrica.

8) Cellulare riciclabile: è il nuovo Motorola assemblato utilizzando la plastica di bottiglie d’acqua riciclate. La società, che è oggi la quarta al mondo nella produzione globale di portatili, ha annunciato che il nuovo W233 Renew, sarà venduto negli Usa da T-Mobile nel corso dell’attuale trimestre.

9) E in fatto di cellulari, LG Electronics ha lanciato l’orologio "da James Bond" (o da Dick Tracy per gli intenditori) che permette di parlare con un gadget che si indossa al polso. Il nuovo telefonino si collega alle reti 3G ad alta velocità è può essere usato anche per mandare e-mail e ascoltare musica come un normale Mp3.

10) Telescopio intelligente: il Meade ETX-LS semplifica l’esplorazione spaziale per novizi dell’astronomia e consente un viaggio audiovisivo nel cielo con immediata identificazione di stelle, costellazioni e altri corpi celesti: prezzo di circa 1.300 dollari.

TRAMONTO

VELTRONI NON CONTA PIÙ: SOTTO CASA TORNANO LE AUTO
Nel Partito democratico lo dicono a chiare lettere: «E' il segnale che Walter Veltroni non conta più nulla». A Roma non si parla d'altro, tra chi non ama il segretario: il secondo municipio della capitale mercoledì prossimo abolirà «l'ultima strada verde rimasta in città», ovvero via Nizza.

Era stata davvero singolare, quella scelta di vietare la via al transito delle auto private, così come il divieto ai bus di percorrere un'altra strada, parallela alla prima: via Savoia. I maligni hanno sempre detto che «quel blocco al traffico ha permesso a Veltroni di dormire sonni tranquilli per tanti anni», perché casualmente in mezzo a quelle due strade c'è la residenza privata dell'ex sindaco di Roma. Con un contraccolpo evidente: tantissimi negozi hanno chiuso.

Adesso il parlamentino guidato dalla Pdl Sara De Angelis cancellerà ogni privilegio a quell'area, riportando le quattro ruote tra piazza Fiume e viale Regina Margherita. Ancora non se ne fa cenno, ma il prossimo atto dovrebbe essere quello di riportare gli autobus a via Nizza. Come quando Veltroni non era ancora sindaco di Roma.

venerdì 9 gennaio 2009

inarrivabile aldo


«Un posto al sole» e la giunta di Napoli

di ALDO GRASSO
È solo un'ipotesi di scuola, una suggestione esegetica, un dubbio o poco più
: e se la crisi del Pd a Napoli, con l'inchiesta sugli appalti concessi alla Global service che ha colpito in pieno le leadership della Iervolino e di Bassolino, fosse tutta colpa di «Un posto al sole»? (Raitre, dal lunedì al venerdì, ore 20,35).

E se la soap napoletana, che va in onda dal 1996, avesse indotto Rosetta & Antonio a credere che la città partenopea fosse come Palazzo Paladini? In fondo quello che sta succedendo a Napoli è già stato anticipato dalla soap: la fiction si snoda infatti attraverso una serie di rapporti conflittuali e turbolenti che sfociano in passioni, amori, gelosie e rancori all'interno del medesimo condominio: il condominio Pd. Negli anni, «Un posto al sole» ha disegnato una Napoli che non c'è, una Napoli molto bassoliniana, una Napoli da portineria dove però non è mai esistito il problema spazzatura (tanto che è dovuto intervenire Berlusconi in persona per sgombrare le strade dalla monnezza). L'idea delle cimici per registrare di nascosto l'incontro avuto con Luigi Nicolais, a Rosetta può essere venuta solo seguendo le mille e più puntate della soap, magari identificandosi con la «cattiva» di turno.

E poi quel titolo, «Un posto al sole», più che fissare un'opera di fantasia, sembra un programma politico: mai cedere la poltrona, occupare il territorio. Sempre e comunque. Fossimo nei panni di Raffaele Lombardo, governatore della Sicilia, staremmo ben attenti a rinnovare la convenzione con la Rai per «Agrodolce» (che è molto peggio di «Un posto al sole»). Non vorremmo che anche la Regione Sicilia, che pure sborsa qualcosa come 12,7 milioni per la produzione della favola siciliana, fosse colpita dalla sindrome soap: confondere la realtà con la fiction. A volte succede. E se poi tutte le altre regioni pretendessero la loro soap? E' solo un'ipotesi di scuola, un dubbio e niente più

martedì 6 gennaio 2009

IL MONDO SCORRETTO DEL POLITICAMENTE CORRETTO

MAMMA E PAPA' CENSURANO LE FAVOLE
Cenerentola è costretta a lavare e pulire tutto il giorno e Biancaneve offende i suoi amici chiamandoli “nani”». I genitori in rivolta: non le leggiamo sono politicamente scorrette
LONDRA
«Cenerentola è costretta a lavare e pulire tutto il giorno e Biancaneve offende i suoi amici chiamandoli “nani”». E allora mamma e papà “censurano” le favole. Secondo un sondaggio condotto su 3.000 genitori, un nutrito gruppo di intervistati considera le fiabe politicamente scorrette. «Sono troppo tristi, non le leggiamo più»: così i classici dei fratelli Grimm o di Perrault, finora sempre molto amati, rischiano di sparire dalle camerette dei bambini. “Biancaneve e i sette nani” è una delle storie più contestate. Un genitore su dieci pensa che il titolo della celebre favola, che racconta di una principessa odiata per la sua bellezza dalla malvagia regina e strega Grimilde, non sia politically correct: «Bisogna modificarlo».

Biancaneve e Cenerentola sono comunque in buona compagnia. Anche Raperonzolo è “troppo crudele”. Secondo l’indagine del sito TheBabyWebsite.com, il 66 per cento di mamma e papà crede ancora che la Bella addormentata, Hansel e Gretel, Pinocchio diano ai loro figli dei messaggi di moralità. Ma, purtroppo, molti altri ritengono le fiabe così inappropriate da vietarle prima della buonanotte. Cappuccetto rosso, per esempio, è “spaventosa”. Vedere una dolce bambina alle prese con un lupo cattivo che mangia la nonna, non aiuta i sogni dei più piccoli. Per il 17 per cento bisogna evitare letture di questo tipo per non creare incubi spaventosi.

«Le favole ci portano in un mondo fatato che stimola la nostra fantasia» dice un portavoce del sito TheBabyWebsite.com . «I bambini – aggiunge- amano farsi raccontare storie diverse ed è vergognoso che i genitori di oggi vietino storie che per secoli sono state raccontate ai più piccoli di tutto il mondo». La guerra alle favole è aperta e molti classici vengono rimpiazzati da storielle come Gruffalo o Winnie the Pooh. I genitori in rivolta hanno già pubblicato una lista “che provoca il pianto”. Ai primi posti Hansel e Gretel, Biancaneve, Cenerentola e Cappuccetto rosso.

ODIO E PREGHIERA

IL VATICANO CONTRO I MUSULMANI INGINOCCHIATI IN PIAZZA DUOMO VERSO LA MECCA - “NON È UNA PREGHIERA E BASTA. È UNA SFIDA AL SISTEMA DEMOCRATICO E CULTURALE” - SINISTRA ZITTA DAVANTI AGLI STRISCIONI CON STELLA DI DAVID E LA SVASTICA NAZISTA


Gian Guido Vecchi per il Corriere della Sera

«Guardi, a me la preghiera di per sé non disturba, si figuri. Se un musulmano venisse a San Pietro a pregare che dovrei dire? La gente che prega fa sempre bene. Però...». Il cardinale Renato Martino, presidente del pontificio Consiglio della giustizia e della pace e del Consiglio per i migranti, si concede una pausa.

È in quel «però» che c'è tutto il disagio della Chiesa per le immagini dei musulmani in preghiera in piazza del Duomo, a Milano, o davanti a San Petronio a Bologna, il tutto dopo le manifestazioni antiisraeliane e antisemite con striscioni che equiparavano la Stella di David alla svastica nazista.
Antonio Sciortino

In Vaticano non si desidera certo inasprire i toni, i tempi sono già abbastanza difficili. Però...«Ciò che mi ha infastidito e turbato sono proprio quelle bandiere di Israele bruciate, quei cartelli, la preghiera dopo una simile manifestazione di odio», riflette il cardinale. Ecco il punto: «L'essenziale è lo spirito con cui si prega. E la preghiera esclude l'odio».

Parole significative, dette da un cardinale che all'inizio dell'anno, in un'intervista all'Osservatore Romano, osservava tra l'altro che «nella Striscia di Gaza da decenni la dignità dell'uomo viene calpestata; l'odio e il fondamentalismo omicida trovano alimento».

A Bologna è stata durissima la reazione del vescovo Ernesto Vecchi, vicario generale della diocesi: «Non è una preghiera e basta. È una sfida, più che alla basilica al nostro sistema democratico e culturale - ha detto al Resto del Carlino -. Abbiamo avuto la conferma che c'è un progetto pilotato da lontano. Cosa prevede? L'islamizzazione dell'Europa. Se ne accorse il cardinal Oddi, tra i primi. E aveva buone fonti».

Ma l'atteggiamento più diffuso segue piuttosto lo spirito di monsignor Luigi Manganini, arciprete del Duomo di Milano, che ha evitato polemiche osservando tuttavia come ci sia stata «quantomeno una mancanza di sensibilità» negli islamici in preghiera davanti alla cattedrale, «da cristiano non avrei mai partecipato ad una manifestazione che si concludesse con una preghiera di fronte a una moschea».

Lo dice anche Giovanni Maria Vian, direttore dell'Osservatore Romano: «Condivido le preoccupazioni dell'arciprete del Duomo. Bisogna stare molto attenti a non piegare le religioni ad un uso violento e a respingere strumentalizzazioni di ogni tipo». Il quotidiano della Santa Sede ha dato notizia dei fatti di Milano in una cronaca precisa e senza commenti.

Calma. «La guerra e l'odio non risolvono i problemi», apre a tutta pagina il quotidiano della Santa Sede con le parole del Papa all'Angelus. «La situazione è tragica. Come disse Pio XII alla vigilia della Seconda guerra mondiale: "Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra"», riflette ancora Vian. E in questo le religioni possono avere un ruolo importante.
Angelo Bagnasco

«Bisogna stare attenti, fare appello alle parti più ragionevoli per evitare ogni deriva violenta. Benedetto XVI lo ha ripetuto fin dall'inizio del suo pontificato: come quando a Colonia, nel 2005, si rivolse ai rappresentanti musulmani invitando a contrastare insieme "ogni forma di intolleranza" e "ad opporci a ogni manifestazione di violenza"».

Certo che la preghiera musulmana in piazza Duomo mette a disagio anche don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana: «La preghiera per invocare Dio e la pace in quella terra martoriata è sempre positiva. Ma l'importante è l'intenzione. Perché quei gesti di frange estremiste, i roghi e i simboli nazisti associati a Israele, non hanno nulla a che fare con la preghiera. Gli imam lo tengano presente: scegliere di riunirsi in un luogo così plateale legittima il sospetto di strumentalizzazione».

Così anche alla Cei si misurano le parole, nel commento affidato a Don Gino Battaglia, direttore dell'ufficio per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso. «La preghiera è cercare Dio: è sempre metter nelle sue mani le nostre attese, speranze, o desideri. Ovvero espressione di gratitudine e di lode. Ha dunque una sua logica che non può mai essere contro qualcuno, a meno di non tradire la sua stessa essenza».
Giuseppe Betori

Mentre il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, da Genova liquida così le polemiche sul presepe con la moschea: «È stata una polemica inutile, della quale non c'era proprio bisogno. Vuota e priva di senso». Certo c'è un brutto clima. Ad Empoli un presepe è stato fatto esplodere con una bomba carta, non si sa da chi.

E l'arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori non l'ha mandata a dire: «Non possiamo non vedere la connessione tra questo gesto criminale e un contesto di aggressione ideologica alla fede e ai suoi segni pubblici».



[06-01-2009]

sabato 3 gennaio 2009

I PREGIUDIZI CONTRO ISRAELE

L'ipocrisia della sproporzione
I pregiudizi dell'opinione pubblica mondiale

Davanti a un conflitto, l'opinione pubblica si divide tra coloro che hanno deciso chi ha torto e chi ha ragione e coloro che valutano con cautela tale o tal'altra azione come opportuna o inopportuna, anche a costo di rinviare il loro giudizio.

Lo scontro di Gaza, per quanto sanguinoso e terrificante, lascia trasparire tuttavia uno spiraglio di speranza che le immagini drammatiche troppo spesso nascondono. Per la prima volta in un conflitto in Medio Oriente, il fanatismo del partito preso appare in minoranza. Il dibattito in Israele («È questo il momento giusto? Fino a che punto arrivare? Fino a quando? ») si svolge come di consueto in democrazia. Quale sorpresa constatare che un dibattito assai simile divide, a microfoni aperti, anche i palestinesi e i loro sostenitori. A tal punto che Mahmoud Abbas, capo dell'Autorità palestinese, subito dopo l'inizio della rappresaglia israeliana, ha trovato il coraggio di imputare a Hamas la principale responsabilità della tragedia dei civili a Gaza, per aver rotto la tregua.

Le reazioni dell'opinione pubblica mondiale — i media, la diplomazia, le autorità morali e politiche — sembrano purtroppo in ritardo sugli sviluppi dei diretti interessati. A questo proposito non si può far a meno di notare un termine assai ricorrente, a ribadire un'intransigenza di terzo tipo, che condanna urbi et orbi l'azione di Gerusalemme come «sproporzionata ». Un consenso universale e immediato sottotitola le immagini di Gaza sventrata dai bombardamenti: la reazione di Israele è sproporzionata. Cronache e analisi non perdono tempo a rincarare la dose: «massacri », «guerra totale». Per fortuna, si è evitato finora il termine «genocidio». Il ricordo del «genocidio di Genin» (60 morti), ripetuto ossessivamente e poi screditato, è ancora capace di frenare gli eccessi? Tuttavia la condanna incondizionata e a priori della reazione esagerata degli israeliani regola ancora oggi il flusso delle riflessioni. Consultate il primo dizionario sotto mano: è sproporzionato ciò che non è in armoniosa proporzione rispetto alle altre parti, oppure non corrisponde, di solito per eccesso, al giusto o al dovuto, pertanto risulta eccessivo, esagerato, spropositato. È il secondo significato che viene accolto per fustigare le rappresaglie israeliane, giudicate eccessive, incongruenti, sconvenienti, che oltrepassano ogni limite e ogni regola. Sottinteso: esiste uno stato normale del conflitto tra Israele e Hamas, oggi scombussolato dall'aggressività dell'esercito israeliano, come se il conflitto non fosse, come tutti i conflitti, sproporzionato sin dall'origine. Quale sarebbe la giusta proporzione da rispettare per far sì che Israele si meriti il favore dell'opinione pubblica? L'esercito israeliano dovrebbe forse rinunciare alla sua supremazia tecnologica e limitarsi a impugnare le medesime armi di Hamas, vale a dire la guerra approssimativa dei razzi Grad, la guerra dei sassi, oppure a scelta la strategia degli attentatori suicidi, delle bombe umane che prendono di mira volutamente la popolazione civile? O, meglio ancora, non sarebbe preferibile che Israele pazientasse saggiamente finché Hamas, per grazia di Iran e Siria, non sarà in grado di «riequilibrare » la sua potenza di fuoco?

A meno che non occorra portare allo stesso livello non solo i mezzi militari, ma anche gli scopi perseguiti. Poiché Hamas — contrariamente all'Autorità palestinese — si ostina a non riconoscere allo Stato ebraico il diritto di esistere e sogna l'annientamento dei suoi cittadini, non sarebbe il caso che Israele imitasse questo spirito radicale e procedesse a una gigantesca pulizia etnica? Si vuole veramente che Israele rispecchi, in misura proporzionale, le ambizioni sterminatrici di Hamas?

Non appena si va scavare nei sottintesi del rimprovero ipocrita di «reazione sproporzionata », ecco che si scopre fino a che punto Pascal aveva ragione, e «chi vuol fare l'angelo, fa la bestia». Ogni conflitto, che covi sotto la cenere o in piena eruzione, è per sua natura «sproporzionato ». Se i contendenti si mettessero d'accordo sull'impiego dei loro mezzi e sugli scopi rivendicati, non sarebbero più avversari. Chi dice conflitto, dice disaccordo, di qui lo sforzo da una parte e dall'altra di giocare le proprie carte e di sfruttare le debolezze del rivale. L'esercito israeliano non ci pensa due volte ad «approfittare » della sua superiorità tecnologica per centrare i suoi obiettivi. E Hamas non fa da meno, ricorrendo alla popolazione di Gaza come scudo umano senza lasciarsi nemmeno sfiorare dagli scrupoli morali e dagli imperativi diplomatici del suo antagonista. Non si può lavorare per la pace in Medio Oriente se non ci si sottrae alle tentazioni di chi ragiona in base a pregiudizi o ad opinioni preconcette, che assillano non solo i fanatici oltranzisti, ma anche le anime pie che fantasticano di una sacrosanta «proporzione», capace di riequilibrare provvidenzialmente i conflitti. In Medio Oriente, non si combatte soltanto per far rispettare le regole del gioco, ma per stabilirle. È lecito discutere liberamente dell'opportunità di questa o quella iniziativa diplomatica o militare, senza tuttavia presumere che il problema venga risolto in anticipo dalla mano invisibile della buona coscienza mondiale. Non è un'idea «spropositata» voler assicurare la propria sopravvivenza. André Glucksmann (Traduzione di Rita Baldassarre)

André Glucksmann
(Traduzione di Rita Baldassarre)
03 gennaio 2009

venerdì 2 gennaio 2009

VOGLIONO CENSURARE L'OROSCOPO


L'OROSCOPO CI AIUTA A SUPERARE L'ANGOSCIA DELL'IGNOTO

MILANO - "Ogni volta che ci troviamo davanti a un futuro incerto, l'oroscopo puo' aiutarci a superare l'inquietudine, l'angoscia derivante dall'ignoto", cosi' Gianna Schelotto, psicoterapeuta e scrittrice, risponde alle polemiche delle ultime ore nei confronti delle previsioni zodiacali che accompagnano ogni inizio d'anno. L'Aiart, Associazione spettatori cattolici, ha accusato la Rai di aver ceduto alla superstizione, mentre la Lega Nord, a ruota, ha annunciato l'intenzione di chiedere aumenti alle tasse di cartomanti e lettori di tarocchi in tv. (Agr)

ALDO REGOLA I CONTI CON CONTI, IL MEDIOCRE PIGLIATUTTO

dal Corriere Online

A FIL DI RETE
Il ragionier Conti non ci inganna
Ormai è il conduttore principale della principale rete televisiva italiana e non si capisce il perché.

Il nostro 2009 inizia con un perché, in un momento in cui avremmo bisogno assoluto di risposte certe e soluzioni sicure. Perché Conti, il ragionier Carlo Conti? Ormai è diventato il conduttore principale della principale rete televisiva italiana e non si capisce il perché. Persino l’ultimo dell’anno, in una fredda e dopolavoristica festa riminese, il ragionier Carlo Conti non ha smesso gli abiti impiegatizi e ha condotto «L’anno che verrà» come di solito si conduce un tram alla rimessa. (Raiuno, mercoledì, ore 21). C’erano i Pooh, c’era Cristiano Malgioglio, c’era Gloria Gaynor, c’era una marea di illustri sconosciuti, c’era, per fortuna, qualcosa di meglio da fare.

Ma a noi interessa solo la maschera dietro cui si cela il ragionier Carlo Conti, accreditato di una presunta scuola toscana che avrebbe dato i natali a campioni del calibro di Panariello, Pieraccioni, Ceccherini e altri. Perché il ragionier Carlo Conti conduce così tanti programmi, passando da «L’eredità» a «I migliori anni », a «Miss Italia»? Perché ha scalzato gente, mica cotiche, come Fabrizio Frizzi e Amadeus? Perché invece di fare il conduttore non si dedica ad altre occupazioni a lui più congeniali? Perché non passa la vita a inventare un dispositivo elettrico con campanello per avvertire quando il rubinetto è chiuso male? Alcuni pensatori sostengono che ci sono direttori di rete che si comportano come certi allenatori di calcio: non tollerano i talentuosi per non essere oscurati. Ma questa è solo un’illazione; una speculazione, in termini filosofici.

Noi che per natura non pensiamo, restiamo schiacciati dall’enigma Conti, il ragionier Carlo Conti. Si comporta come il maresciallo Cono Liscarello: si è dato la crema abbronzante, si è pettinato con cura i capelli che di solito porta dritti come stecchetti sulla testa, ma per il resto non inganna se non chi vuole essere ingannato.

Aldo Grasso
02 gennaio 2009

giovedì 1 gennaio 2009

ROMEO, IL CONSIP, IL PD, LE COOP

LE SPIE DI ROMEO NASCOSTE AL TESORO - PIÙ SI APPROFONDISCONO I FILONI INVESTIGATIVI E PIÙ SI CONFERMA IL SOSPETTO CHE IL SEGRETO DEL SUCCESSO IMPRENDITORIALE DI ALFREDO ROMEO SIA QUELLO DELL’AGGIUDICAZIONE DELLE GARE CON METODI ILLEGALI…

Da La Stampa

L'altro giorno, il vicepresidente della Provincia, Antonio Pugliese, si è difeso davanti ai magistrati che lo interrogavano sugli appalti da far vincere ad Alfredo Romeo, spiegando che l'immobiliarista «aveva rapporti diretti con la Consip». Davvero l'ex re Mida non finisce di stupire. Più si approfondiscono i filoni investigativi e più si conferma il sospetto che il segreto del successo imprenditoriale di Alfredo Romeo sia quello dell'aggiudicazione delle gare con metodi illegali. Come emerge non solo dall'inchiesta di Napoli ma anche da quella di Bari.
Alfredo Romeo

Nelle carte napoletane d'interesse della Procura di Roma ci sono due intercettazioni telefoniche che parlano della Consip. Due premesse intanto. La prima: la Consip è una società controllata dal ministero dell'Economia e Finanze che, nello spirito del risparmio delle spese, gestisce il programma per la razionalizzazione degli acquisti nella pubblica amministrazione.

La seconda: il "Sole 24 Ore" ha pubblicato una tabellina degli appalti Consip vinti da Alfredo Romeo. Dal 2002 ad oggi, in quattro diverse gare si è aggiudicato nove lotti per complessivi 460 milioni di euro, con offerte al ribasso che oscillavano dal 20 al 40%. Nel 2007, gli ultimi tre lotti: appalti in Puglia e Molise; in Campania e Basilicata e, infine a Roma, Primo Municipio.

E' il 13 giugno del 2007, Romeo parla con l'assessore della giunta Iervolino Giuseppe Gambale: «E' venuto a trovarmi quel funzionario Consip... che ha chiamato la persona...». Risponde l'ex assessore agli arresti domiciliari, Gambale: «Ma mi ha detto, lui sapeva proprio tutto, sapeva i lotti tuoi, quelli di Pirelli, forse dice... Trastevere sta nell'altro lotto quello di Roma-Lazio, e io gli ho detto va bene però... ci sono i Dipartimenti della Campania... poi ci sono altre... Trastevere non sta da te?». Romeo: «Trastevere cazzo non fa parte di Roma centro... Comunque dice che sapeva tutto... fino al punto che lui ha detto questo riguarda il lotto di Pirelli... questo riguarda il lotto di Romeo, infatti il funzionario ha detto che mi fa chiamare per fare la pubblicità a Pirelli».
Giuseppe Gambale

In un passaggio della richiesta di custodia cautelare, i pm napoletani scrivono che alcuni dirigenti Consip «sono veri e propri bracci operativi dello stesso scaltro imprenditore napoletano (Romeo, ndr)». E sospettano che uno di questi sia l'architetto «Marco Gasparri».

Due giorni dopo la conversazione con Gambale, Romeo parla al telefono proprio con Gasparri. E' sollevato perché ha risolto positivamente il dubbio se Trastevere faceva parte del Primo Municipio o no. Romeo: «Allora architetto, intanto volevo dirle che... Trastevere abbiamo verificato sui vostri documenti Consip del ministero dell'Istruzione è Primo Municipio... buon per me... la ringrazio.. però è strano che l'interlocutore... sapesse tutto il contrario... però siccome lei aveva già parlato con lui, e lui aveva questa confusione potrebbe essere tecnicamente professionalmente corretto dirglielo».
Alfredo Romeo

Gasparri: «Va bene, glielo farà senz'altro sapere». Romeo: «Vuole segnarsi questi recapiti? Dottor Giannini 333...». Gasparri: «Ma questo è...? quindi loro aspettano che noi li contattiamo per, per far (incomprensibile) della cosa... quindi chiamo direttamente, chiamiamo direttamente questa qua, o tutti e due sia la Marinello che questo qua, il Giannini è superiore, è capo dipartimento...».

Quello che stupisce nel comportamento di Romeo è proprio questa sua recidività. A Bari, il 12 gennaio, il gup dovrà decidere se rinviarlo a giudizio per una storia di gare Consip del 2003. Con l'ex amministratore delegato, Ferruccio Ferranti, e un dirigente Consip, Renato Di Donna, insieme a due gruppi imprenditoriali, La Fiorita e Manutencoop (cooperativa emiliana) si erano spartiti i lotti da vincere. I due dirigenti Consip avevano rivelato loro tempi e contenuti del bando di gara.