giovedì 17 marzo 2011

NIGHT FISHING, HORROR GIRATO CON 2 iPHONE

Dura solo 33 minuti ma è già un cult movie: è Night Fishing, l'horror che Park Chan-wook - autore di Old Boy e Lady Vendetta - ha interamente girato usando due iPhone in simultanea. Con un budget modestissimo (133.000 dollari) e una troupe ridotta all'osso, il regista coreano ha dimostrato che si possono realizzare film veri e di qualità anche con uno strumento familiare e quotidiano come un telefonino. La storia, le riprese e il montaggio hanno trasformato il video in un piccolo capolavoro, che Park Chan-wook ha diretto insieme al fratello, il noto visual artist Park Chan-kyong, firmando con il marchio PARKing CHANce.

Night Fishing è stato presentato in anteprima all'ultima Berlinale e raggiungerà per la seconda volta un festival internazionale al prossimo Far East Film 13, a Udine dal 29 aprile al 7 maggio. L'approdo friulano rappresenterà un evento perché nessun altro cortometraggio è stato mai proiettato a Udine nell'arco delle tredici edizioni e perché il popolo del festival friulano riteneva Park Chan-wook un regista di culto ben prima che la sua Trilogia della vendetta sfondasse in Occidente.

Il genio di Seul ha personalmente accompagnato nel 2001 al Far East Film JSA - Joint Security Area, opera complessa e appassionante sul conflitto politico-militare tra le due Coree, e un anno più tardi lo stesso palco ha tenuto a battesimo il magnifico Sympathy for Mr. Vengeance , capitolo iniziale della Trilogia. Grazie a Night Fishing, il pubblico del Far East Film riabbraccerà idealmente uno dei propri giganti e regalerà al pubblico un autentico gioiello cinematografico.



Il video comincia con un uomo che, dopo aver attraversato un bosco avvolto dalla nebbia, raggiunge la sponda di un fiume e si mette a pescare. Le ore scivolano via e la luce del giorno lascia spazio alle ombre della sera quando, improvvisamente, appare una giovane donna... I critici che lo hanno visto hanno definito l'impresa cinematografica di Night Fishing "visivamente sontuosa e artisticamente maiuscola".

venerdì 11 marzo 2011

RITROVATA LA TERZA IMMAGINE DI CHOPIN?

Del grande compositore polacco esistono due immagini, delle quali la prima è una copia. La terza (a sinistra) sarebbe stata ritrovata da un gallerista. Ecco l'articolo pubblicato dal Corriere della Sera:

Una foto inedita di Frédéric Chopin, dimenticata per oltre centosessant’anni e strappata alle nebbie scozzesi da un indomito gallerista polacco? Gli esperti sono al lavoro in Polonia per verificare l’autenticità del dagherrotipo scoperto dal collezionista Wladyslaw Zuchowski, convinto di avere tra le mani il terzo «scatto» mai visto del grande compositore nato nel 1810 a Zelazowa Wola, vicino a Varsavia, e morto esule nel 1849 a Parigi, a soli 39 anni. Un’istantanea del genio romantico ormai senza vita, che solleva dubbi ed è già mistero. La foto è stata diffusa da alcuni siti polacchi. 1849 è la data incisa sull’immagine insieme a un nome, Louis-Auguste Bisson, fotografo francese autore delle due fotografie già note (una andò perduta durante la Seconda guerra mondiale ma ne esistono riproduzioni). SULLE ORME DELL’ALLIEVA - «Il dagherrotipo dev’essere stato realizzato nella chiesa parigina della Maddalena, dove fu trasferito il corpo di Chopin subito dopo la morte», spiega Zuchowski, proprietario di una galleria a Danzica, deciso a mantenere il segreto sulle circostanze del ritrovamento. Si sa solo che l’immagine è ricomparsa in Scozia, dov’era forse arrivata sulle orme di Jane Stirling, la giovane allieva scozzese di Chopin che gli fu vicina nell’ultimo periodo tormentato dalla malattia, dalle eterne ristrettezze economiche e dalla fine dell’amore con George Sand. Restaurata a Londra, la fotografia non convince Alicja Knast, curatrice del museo Frédéric Chopin di Varsavia: non esistono fonti che parlino di un’immagine finita in Scozia. «Nessuna delle persone che vegliarono la salma di Chopin per tre giorni a Parigi ha mai fatto riferimento a un dagherrotipo che avrebbe richiesto ore di lavorazione», aggiunge Steven Lagerberg, autore del libro Chopin’s Heart: the Quest to Identify the Mysterious Illness of the World’s most Beloved Composer. E Malgorzata Grabczewska, esperta di fotografia della Biblioteca polacca di Parigi, spiega che la firma di Bisson e la data non compaiono sulle due foto autentiche, mentre ricorrono su quelle in circolazione nel fiorente mercato di falsi. Zuchowski annuncia che l’immagine sarà esposta da maggio a Danzica. Gli chopiniani di tutto il mondo aspettano. Maria Serena Natale] Una foto inedita di Frédéric Chopin, dimenticata per oltre centosessant’anni e strappata alle nebbie scozzesi da un indomito gallerista polacco? Gli esperti sono al lavoro in Polonia per verificare l’autenticità del dagherrotipo scoperto dal collezionista Wladyslaw Zuchowski, convinto di avere tra le mani il terzo «scatto» mai visto del grande compositore nato nel 1810 a Zelazowa Wola, vicino a Varsavia, e morto esule nel 1849 a Parigi, a soli 39 anni. Un’istantanea del genio romantico ormai senza vita, che solleva dubbi ed è già mistero. La foto è stata diffusa da alcuni siti polacchi. 1849 è la data incisa sull’immagine insieme a un nome, Louis-Auguste Bisson, fotografo francese autore delle due fotografie già note (una andò perduta durante la Seconda guerra mondiale ma ne esistono riproduzioni).

SULLE ORME DELL'ALLIEVA - «Il dagherrotipo dev’essere stato realizzato nella chiesa parigina della Maddalena, dove fu trasferito il corpo di Chopin subito dopo la morte», spiega Zuchowski, proprietario di una galleria a Danzica, deciso a mantenere il segreto sulle circostanze del ritrovamento. Si sa solo che l’immagine è ricomparsa in Scozia, dov’era forse arrivata sulle orme di Jane Stirling, la giovane allieva scozzese di Chopin che gli fu vicina nell’ultimo periodo tormentato dalla malattia, dalle eterne ristrettezze economiche e dalla fine dell’amore con George Sand. Restaurata a Londra, la fotografia non convince Alicja Knast, curatrice del museo Frédéric Chopin di Varsavia: non esistono fonti che parlino di un’immagine finita in Scozia. «Nessuna delle persone che vegliarono la salma di Chopin per tre giorni a Parigi ha mai fatto riferimento a un dagherrotipo che avrebbe richiesto ore di lavorazione», aggiunge Steven Lagerberg, autore del libro Chopin’s Heart: the Quest to Identify the Mysterious Illness of the World’s most Beloved Composer. E Malgorzata Grabczewska, esperta di fotografia della Biblioteca polacca di Parigi, spiega che la firma di Bisson e la data non compaiono sulle due foto autentiche, mentre ricorrono su quelle in circolazione nel fiorente mercato di falsi. Zuchowski annuncia che l’immagine sarà esposta da maggio a Danzica. Gli chopiniani di tutto il mondo aspettano.



Maria Serena Natale

martedì 8 marzo 2011

UMBERTO GALIMBERTI CI RICASCA!

questa volta copia un filsofo rumeno!
(da Dagospia, er mejo sito che ci sia!)
LADRI DI PAROLE
Costica Bradatan (Texas Tech University, Usa) per "Lettera43.it"

In una certa misura, il plagio è più un'arte da ammirare che un vizio. Se è un vizio, è uno di quei vizi perdonabili, benigni, addirittura anche un po' «virtuosi», per così dire. Soprattutto, il plagiatore è un uomo innamorato della bellezza delle parole (cioè, le parole degli altri), «colpito» da essa in maniera irresistibile. Inoltre, si può dire che lui non è proprio un malvivente, ma piuttosto una vittima. Se c'è colpevolezza in tutto questo, il colpevole è lo stesso testo plagiato. In maniera simile, in alcuni sistemi giuridici islamici, in caso di stupro, è quasi sempre la donna che viene condannata per istigazione allo stupro.
UN LADRO DI PAROLE.
Lasciando lo scherzo, potete chiedervi se il plagio è arte di ammirare, cosa c'è esattamente di "sbagliato" in esso? Perché condanniamo il plagiatore? Per una semplice ragione: il plagio è una cosa brutta perché è un atto di "amore" accompagnato sempre dal tradimento. Al limite, il plagiatore dovrebbe essere solo un amanuense. Il mestiere del plagiatore non è scrivere, ma trascrivere. Quando il testo originale è cambiato, tradotto o "migliorato," allora il plagiatore diviene un semplice ladro di parole.
L'ANALISI IN PARALLELO DEI PASSI
Per non rimanere in astratto, vorrei fare un esempio: come si può vedere di seguito, alcuni passi del Orme del sacro. Il cristianesimo e la desacralizzazione del sacro di Umberto Galimberti (Feltrinelli, 2000) sono golosamente "prese in prestito," per cosi dire, dal libro Sei malattie dello spirito contemporaneo, scritto negli anni Settanta da un filosofo romeno poco conosciuto, Constantin Noica, tradotto in italiano da Marco Cugno e pubblicato dal Mulino nel 1993. Cosa importantissima, nel libro di Galimberti non si fa mai menzione al nome di Noica o al suo libro.
Primo di tutto, Galimberti è capace di un'ammirazione incredibile. Lui è un lettore cosi innamorato che ampi passi del libro di Noica vengono "trasferiti" nel proprio libro. Alcuni pezzi sono semplicemente deliziosi. Per esempio:
Noica: «Anche il cielo è malato. Gli antichi credevano nell'incorruttibilità degli astri e delle sfere celesti (così come credevano nell'incorruttibilità divina). Ma il cannocchiale di Galileo venne a dimostrare le imperfezioni della luna che il suo contemporaneo Cremonini non voleva vedere; e oggi pare che si sia giunti a identificare delle malattie galattiche. Nel cosmo è nascosto un tarlo.» (p. 50)
Galimberti: «Anche il cielo è malato. Gli antichi credevano nell'incorruttibilità delle sfere celesti, così come credevano nell'incorruttibilità divina. Ma il cannocchiale di Galileo venne a mostrare le imperfezioni della luna che i suoi contemporanei non volevano vedere. Oggi si è giunti a identificare le malattie galattiche. Nel cosmo è nascosto un tarlo.» (p. 48)Umberto Galimberti
E ancora:
Noica: «Anche la luce è malata. Goethe credeva ancora nella sua perfezione, protestando contro Newton, che la considerava una mescolanza di sette colori, e dunque impura.[ ...la luce] venne anche misurata [...] la luce è anche fessurata internamente, essendo insieme corpuscolo e onda. Quante malattie in un semplice raggio di luce!" (p. 50)
Galimberti: «Anche la luce è malata. Goethe credeva ancora nella sua perfezione, e perciò protestava con Newton che la considerava una mescolanza di sette colori e quindi impura. Poi la luce venne misurata [...] è fessurata internamente, essendo insieme corpuscolo e onda. Troppe malattie in un semplice raggio di luce.» (p. 48)
Veramente una grande arte di ammirare! Non ho mai visto un lettore così innamorato: non ci sono proprio differenze tra i due autori. La comparazione può continuare quasi nella stessa misura:Noica dice: «[la] Vita [...] è malata, con le approssimazioni e le sue incertezze[...] Non è apparsa tale ai biologi contemporanei, per i quali è il risultato di un caso trasformato in necessità, una specie di tumefazione incidentale della materia...?» (p. 50)
Galimberti dice: «Anche la vita è malata con le approssimazioni e le incertezze segnalate dalla biologia contemporanea, per la quale la vita è una semplice tumefazione della materia, un caso trasformato in necessità.» (p. 48)
E anche qui:
Noica dice: «è malato il Logos, che si manifesta spezzato in lingue naturali... quando dovrebbe portare in sé, come dice il suo nome, l'unità della ragione.» (p. 50-51)
Galimberti dice: «Malato è anche il logos spezzato in lingue regionali quando dovrebbe portare con sé, come dice il suo nome, l'unità della ragione.» (p. 48)Umberto Galimberti
O qui:
Noica: «...anche il Tempo, il tempo assoluto, omogeneo e uniforme[...] si è rivelato meno maestoso, dal momento in cui è diventato un semplice tempo locale, o un tempo solidale con lo spazio, mentre lo spazio stesso si trasformava, a sua volta, da ordine universale di coesistenza delle cose[...] in una sorta di realtà regionale...» (p. 50)
Galimberti: «Anche il tempo è malato. Il tempo assoluto, omogeneo, uniforme s'è rivelato meno maestoso dal momento che è divenuto semplice tempo locale, tempo solidale con lo spazio, che a sua volta si è ridotto a semplice coesistenza delle cose, talvolta a realtà regionale...» (p. 48)
Tuttavia, incontrando i seguenti passi, cominciamo a diventare un po' disincantati con l'arte di Galiberti. In alcuni momenti l'ammirazione del maestro sembra un po' esitante e incerta; in questi momenti egli comincia a cambiare il testo originale e tutto sta per compromettersi. Per esempio:
Noica dice: «Gli dei si sono rivelati malati. Dopo aver creato un mondo inferiore alle aspettative, alcuni di loro si sono ritirati diventando dii otiosi[...], altri, invece, si sono mescolati troppo nelle faccende umane [...] Gli dei sono malati." (pp. 49-50)
Umberto Galimberti Galimberti dice: «...le stelle si sono ammalate. Dopo aver vegliato su un mondo inferiore alle aspettative, alcune di loro si sono ritirate diventando stelle oziose, altre invece si sono mescolate troppo alle vicende umane [...] Le stelle si sono ammalate.» (p. 48)
«Le stelle» di Noica diventano «gli dei» nel testo di Galimberti. Non è un gran che, è vero, ma è abbastanza per segnalare un imminente atto di tradimento. Un plagiatore decente (il solo plagiatore perdonabile) deve sempre rimanere un amanuense, senza contributi personali, senza ambizioni, senza niente. E finalmente, ecco il tradimento: il punto dove l'innamorato di parole degli altri diviene il loro ladro. Di tutta l'ammirazione non è rimasto niente altro che tracce di uno stupro:
Noica dice: «Ma se tutte le grandi entità sono malate [...] e se la cultura viene a mostrare le loro malattie come costituzionali, come non parlare di malattie dell'essere?» (p. 51)
Galimberti dice: «Ma se tutte le grandi entità sono malate e se la cultura viene a mostrare le loro malattie come costituzionali, con che occhi possiamo guardare ancora il cielo?» (p. 48-49)
Certamente, non c'è niente di originale in quest' accusa di plagio; nel corso dei ultimi anni Galimberti è stato accusato di aver plagiato, tra gli altri, Giulia Sissa, Alida Cresti, Salvatore Natoli. Ogni volta che viene beccato, lui si scusa, si giustifica (è solo «un errore redazionale»,ha dimenticato di «inserire i virgolettati» etc, etc) e i sui avvocati divengono occupatissimi. Ma poi tutto si dimentica e si comincia tutto da capo. Perché? Chi può dirlo? Tuttavia, il plagio da Noica funziona da "pistola fumante".Umberto Galimberti
LA RECENSIONE DOPO IL PLAGIO.
Galimberti ha recensito il libro di Noica su Repubblica (2 agosto 2001), recensione poi ri-pubblicata nel suo libro I vizi capitali e i nuovi vizi (Feltrinelli, 2003). Ovviamente, in questo caso, la scusa comodissima - cioè, che lui ha dimenticato di «inserire i virgolettati» e fare menzione del nome di Noica o del suo libro) quando ha incorporato la recensione nel Orme del sacro - non vale per niente. Orme del sacro è stato pubblicato un anno prima della recensione. Prima plagiamo, poi ricensiamo.
LA DIFESA DI VATTIMO.
Per quanto l'amichevole difesa di Gianni Vattimo («Filosofare è copiare») è spiritosa, ma purtroppo, niente di più. Se avesse ragione, la Xerox Corporation sarebbe il più grande dei filosofi.
Infine, c'è qualcosa di particolarmente ironico in tutto quest'affare di plagio. Come è noto, in Italia in alcuni gruppi di popolazione, è diffuso lo stereotipo secondo il quale i rumeni sono tutti ladri. Quasi tutti, si può dire adesso. Alcuni sono anche vittime. Vittime dei ladri di parole.

mercoledì 2 marzo 2011

ADDIO SUZE

da Dagospia

FOREVER YOUNG - SI È SPENTA SUZANNE ROTOLO, SARÀ PER SEMPRE LA GIOVANISSIMA RAGAZZA CHE SI STRINGE AD UN INFREDDOLITO DYLAN NELLA STORICA COPERTINA DI “THE FREEWHEELIN’” - FU LEI APPENA 17ENNE, FIGLIA DI ATTIVISTI COMUNISTI DI ORIGINE ITALIANA CHE INSERÌ L’ACERBO BOB NEL CUORE DELLA CONTROCULTURA NEWYORKESE - RICORDERÀ DYLAN: “QUANTE NOTTI HO TRASCORSO SVEGLIO A SCRIVERE CANZONI PER POI MOSTRARGLIELE E DOMANDARE: ’VA BENE COSÌ?’”…