sabato 16 aprile 2011

L'ECOLOGIA FILOSOFICA DI GALIMBERTI


da "Dagospia"
Bruno Giurato per "Lettera 43"
Caccia al Galimba potrebbe essere il titolo di un nuovo reality show filosofico. Umberto Galimberti, 69 anni, di Monza, famosa firma di Repubblica e divulgatore appassionato di psicanalisi, esistenzialismo, umanesimo "caldo" ma soprattutto plagiatore di libri altrui (come ha rivelato anche Lettera43.it) è ormai la vittima di una splendida caccia alla volpe.

Il nuovo ibro di Francesco Bucci, "Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale" (Coniglio Editore, 14,50 euro) è un ulteriore capitolo della saga dello smascheramento galimbertiano. Nella prefazione del giornalista Luca Mastrantonio si parla di «plagi, déjà vu, ispirazioni, traspirazioni, cover e copioni», il tono divertito di Mastrantonio fa pensare che la copiatura e la falsificazione siano quasi nel dna del tempo.

UN'INCHIESTA ALLA CA' FOSCARI.
Ma il fatto ha insospettito anche quelli dell'università Ca' Foscari di Venezia, dove Galimberti insegna Filosofia della storia, che hanno avviato un'inchiesta interna sul noto intellettuale.
Tra quelli de Il Giornale, che nel 2008 portarono in luce i plagi di Galimberti, fino al libro di Giulia Sissa, Francesco Bucci, quelli di Ca' Foscari e infine di Lettera43.it che, nella persona di Costica Bradatan, si è accorto dei furti ai danni di Costantin Noica, il manipolo degli inseguitori s'ingrossa. La caccia al Galimba è il nuovo sport nazionale.

RE DEL PLAGIO E DELL'AUTOPLAGIO
E la notizia in più che ci fornisce il bel libro di Bucci è che Galimberti non è solo un plagiatore di altri, ma anche di se stesso. Bucci, dotato di forbici e schedario superorganizzato (che definisce «la cassapanca del filosofo»), ha setacciato le opere dello scrittore, arrivando alla conclusione che tutti i suoi libri, e un bel po' di articoli, sono costruiti assemblando materiali tratti da scritti precedenti.
Un taglia-incolla furioso, compulsivo e, particolare non indifferente, molto redditizio in termini di palanche. Bucci fornisce le statistiche: in due tra i libri di maggior successo il "riuso" è stato totalizzante: oltre l'80% ne La casa di psiche (2005) e quasi il 100% ne L'ospite inquietante (2007).

ECOLOGIA FILOSOFICA. In quello straordinario spaccato di ecologia filosofica (nel senso di sprecare il meno possibile i frutti della propria, e quasi sempre dell'altrui, mente) che è l'opera omnia galimbertiana c'è un aspetto inaudito e vertiginoso: copiare e incollare un passo, ma cambiando il soggetto.

In pratica, adattare lo stesso identico discorso per argomenti diversi. Leggiamo a p.621 de Il tramonto dell'Occidente : «L'essere non è mai "questo" o "quello" nel senso in cui la metafisica connette un predicato a un soggetto. L'espressione "è", attribuita all'essere, ha sempre e solo un significato transitivo».

Alle pp. 682-683 dello stesso libro leggiamo: «Il simbolo, infatti, non è mai "questo" o "quello", nel senso in cui la logica connette un predicato a un soggetto. L'espressione "è", attribuita al simbolo, ha sempre e solo un significato transitivo». Insomma, secondo Galimberti l'essere e il simbolo sarebbero la stessa cosa. Una fantasmagoria concettuale in cui tutto si confonde con tutto, tutto riflette tutto, un po' come l'Aleph di Borges.

UN GRANDE DIVULGATORE BRACCATO DA UN DESTINO COPIONE
E non bastava Bucci. Adesso ci si mette anche Vincenzo Altieri, un artista multimediale che, dopo uno scambio di telefonate con Galimberti, ha individuato una notevole serie di plagi nell'opera del filosofo serial copier. È stato proprio Altieri, nel 2007, a segnalare a Giulia Sissa le copiature di Galimberti, secondo quanto ha raccontato a Lettera43.it.

Altieri ha anche scritto un libro nel 2009 sui plagi del monzese ma il testo non è arrivato a pubblicazione: l'ultimo editore a cui è stato mandato è Francoangeli. Altieri ha definito Galimberti «un copiatore selettivo e funzionale». Un altro pronto a stanare il filosofo dallo scanner facile e dal toner inesauribile, un altro partecipante al reality Caccia al Galimba.

RIUSARE PAROLE ALTRUI. A questo punto, ci sarebbero alcune considerazioni da fare sul personaggio e sul fenomeno. Un maligno potrebbe notare che la tentazione di copiare per uno come Galimberti è un destino, cioè che non avendo alcun concetto originale da esprimere è inevitabile che finisca per (ri)usare anche le parole di altri.

Uno ancora più cattivo potrebbe sottolineare che copiare è indispensabile per produrre molto in termini di libri, articoli (e quindi di denaro). Un garantista, invece, direbbe che Umberto Galimberti semplicemente non è un filosofo, è un ottimo divulgatore, e gli regalerebbe uno scatolino (anzi, molti scatoloni) di virgolette tipografiche.

ILLUMINISTA, ANZI NO. Ed è inutile stupirsi, come ha fatto Matteo Sacchi sul Giornale del 13 aprile 2011, del fatto che Galimberti possa fare professione di fede anti-illuminista e poi solidarizzare con Eugenio Scalfari, illuminista straconvinto. Abbiamo visto come lo scrittore tratti concetti diversi applicandogli la stessa frase copincollata.

Figurasi che mai potrà combinare il lunapark galimbertiano con categorie molto ampie come quella di illuminismo. La vita del policromo genio del ready made filosofico Umberto Galimberti contempla tutto e il contrario. Se c'è un piccolo problema è tutto esterno: la caccia al Galimba è uno sport in crescita esponenziale.

martedì 5 aprile 2011

COME PREVISTO!

da "Dagospia"
C’ERA UNA VOLTA LA TV GENERALISTA - DA BONOLIS ALLA COPPIA BAUDO-VESPA, DALLA BUSI DI “ARTICOLO 3” ALLA D’URSO DI “STASERA CHE SERA”, LA TV TRADIZIONALE VA INCONTRO A FLOP IMPENSABILI FINO ALLA SCORSA STAGIONE - L’OFFERTA SPEZZATINO TRA SATELLITE E DT NON AIUTA (IL PUBBLICO DEL PRIME TIME È PERSINO AUMENTATO) MA LA VERITÀ È CHE LA GENTE FA ALTRO: SMANETTA SU IPAD, PORTATILI E SMARTPHONE - E LE NUOVE GENERAZIONI “SEMPRE CONNESSE”, NEANCHE SANNO COSA SIA RETE4

Ma noi l'avevamo previsto in "Dall'Albero Azzurro a Zelig" e "Dall'antenna alla parabola". Prossima puntata: "TV(B) Twitter":)

venerdì 1 aprile 2011

IL DECALOGO DELL'INFELICITA'

Il "decalogo dell'infelicità" del genetista Edoardo Boncinelli (da “Perché siamo infelici”)



1) L’infelicità non è un accidente, è un destino

2) Tutti gli uomini sono infelici

3) C’è chi se ne ricorda sempre, in ciascun istante della propria vita, e chi riesce a dimenticarsene, a intervalli più o meno lunghi

4) Come reazione ad uno stato di infelicità e di prostrazione il cervello produce sostanze consolatorie, spesso proteine, che hanno lo scopo di riportare equilibro. Queste sostanze confluiscono nel circuito della dopamina, o circuito della soddisfazione del desiderio. Il circuito non lavora con la stessa efficacia in tutti gli uomini. Il perché è ancora senza risposta

5) L’infelicità ci duole, ma ci spinge. Così come uno stato di moderata soddisfazione, seppure intermittente, è funzionale alla nostra capacità di affrontare le vicissitudini della vita, che non sono tutte invariabilmente positive, così la infelicità è un rinforzo di motivazione. Il suo ruolo fisiologico, quindi evolutivo, è innegabile

6) Esistono due tipi di infelicità: quella che ha un motivo reale e quella che non ha alcun motivo. La prima ci accomuna agli animali, la seconda non ha alcun antefatto evolutivo: è “tutta nostra”

7) Non esiste né esisterà mai un gene della infelicità (o della felicità). Piuttosto quindicimila, ventimila geni. In seicento milioni di anni di evoluzione dei vertebrati, la natura ha imparato questo: le funzioni più importanti per la vita è bene distribuirle su un imponente “parco geni” altrimenti chi nasce con il gene “sbagliato” finisce subito in fuorigioco

8) La infelicità è frutto della ragione e della capacità di ricordare: deriva dal confronto fra obiettivi e raggiungimenti

9) Il contraltare della infelicità è lo spirito vitale, l’attaccamento alla vita. Non c’è nessun motivo razionale per vivere: la ragione ci aiuta, ma non ci motiva a vivere. Noi viviamo perché siamo animali e il perseguimento della sopravvivenza è il primo e ultimo obiettivo reale, anche se generalmente inconsapevole, di ogni essere vivente

10) Che l’evoluzione biologica possa cambiare questo stato di cose è altamente improbabile: se ne riparlerà fra centinaia di migliaia di anni. Nel frattempo, più che la medicina possono le “droghe sociali”. Come diceva Ortega y Gasset: nessuno, se totalmente assorbito in un’occupazione, può sentirsi infelice

MAMMACANTA