lunedì 22 ottobre 2007
Rosaria Sardo: Polisemia e cooperazione comunicativa nel linguaggio lomografico di G. Caviezel (6).
1.5. Maschile e femminile.
Nella sequenza a fianco si affaccia un altro tema significativo della ricerca dell’autore: il dialogo, il contatto, l’opposizione tra maschile e femminile.
Si comincia con una sequenza di apparente stampo naturalistico: un bacino e delle gambe maschili, un bacino e delle gambe femminili che si avvicinano, si accostano, si incontrano. Il contrasto è immediato: al blu compatto dei jeans maschili si contrappone il chiarore spezzato delle gambe femminili in posizione di avvicinamento e, nel fotogramma successivo, all’indifferenza voluta o apparente dell’uomo, simboleggiata dalla mano in tasca, si oppone il dinamismo consapevole del movimento femminile. È un incontro/non incontro che potrebbe apparire emblematico di tante situazioni odierne ma che è reso leggero, casuale, noncurante dal taglio lomografico, con la sua casualità e con la “freddezza” tipica del medium.
Fin qui il percorso conoscitivo indicato dalla raccolta lomografica di Caviezel appare abbastanza chiaro: c’è una ricerca insistente su un femminile archetipico colto nella sua essenza dicotomica e dialettica. Alla femminilità allegra colorata e teatrale si contrappone una femminilità sofferta, affaticata e “addomesticata”. Alla donna paziente o impaziente che comunque aspetta, si oppone la donna che prende l’iniziativa, che si muove, che cerca. La tecnica lomografica coglie con distacco apparente e con casualità necessaria queste dicotomie con una scansione analitica originale in grado di “raccontare” per picchi informativi (un picco per ogni fotogramma in sequenza), lasciando al fruitore dell’opera ampio margine di riflessione e di gioco.
L’artista-uomo attraverso lo strumento ermeneutico rappresentato dalla lomocamera cerca di “ingabbiare in uno scatto quadripartito” (sono parole dell’autore) un’essenza di femminilità che è comunque sfuggente, multiforme, indomita e poco incline per natura alle schematizzazioni.
In un bel saggio del 1979 intitolato proprio Maschile/femminile, Francoise Héritier indagava con taglio socioantropologico sulla possibilità di definire «una natura femminile, morfologica, biologica, psicologica» al di là delle tradizionali contraddizioni definitorie (donna ardente/donna fredda, donna volubile/donna angelo del focolare, donna pura/ donna corruttrice) e in rapporto all’altro imprescindibile polo della questione: la natura maschile. Considerato che «le componenti psicologiche, gli atteggiamenti particolari che formano i quadri della mascolinità e della femminilità» variano a seconda delle culture e delle società, dell’educazione e delle ideologie, l’unico fattore a rimanere invariato resta, nell’opinione dell’autrice, la ricerca maschile di un controllo su quanto è destinato a sfuggirgli, ovvero il fondamentale processo naturale della fecondità: « non è il sesso ma la fecondità che costituisce la vera differenza tra il maschile e il femminile, e il dominio maschile, che occorre ora cercare di capire, è fondamentalmente il controllo, l’appropriazione della fecondità della donna» che non è certo un fatto fisico quanto un fatto sociale e « il controllo sociale della fecondità delle donne e la suddivisione del lavoro tra i sessi» sono i reali « meccanismi che fanno di quella ineguaglianza un rapporto valorizzato di dominio/sottomissione» , superabile solo attraverso varie forme di cooperazione.
Quasi a confermare quanto detto in chiave antropologica dalla Héritier, la successiva indagine conoscitiva condotta da Caviezel attraverso il mezzo lomografico sembra dipanarsi proprio a partire dal problema del rapporto tra donna e società, tra donna e ruoli sociali che la società le propone/impone.
(6-fine)
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cara Rosaria, a proposito della bellezza e della gioia di essere donna. io credo che sia fantastico essere donna. in ogni forma. è vero che a volte i ruoli sono imposti. ma molte altre i ruoli sono scelti. molto inconsapevolmente ma sono scelti. questione di incastri, di istanze inconsce che prendono il sopravvento. personalmente trovo confortante sapere che l'individuo ha un ruolo molto più attivo e pieno nel determinare il proprio destino di quanto si pensi.
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