domenica 7 dicembre 2008

MAGISTRATURA E ABUSO DI POTERE

artwork © Giovanni Caviezel

dal Corriere Online

Quando cambia il bersaglio

di Angelo Panebianco

Non siamo forse alla fine della stagione iniziata con la vicenda di Mani Pulite dei primi anni Novanta. Ci sono però due fatti nuovi. Il primo è l'indebolimento di quegli elementari meccanismi di autodifesa che la magistratura usava per tutelare il proprio prestigio sociale e non offrire la gola scoperta a possibili interventi disciplinatori della politica. La furibonda guerra fra le Procure di Salerno e di Catanzaro ha mostrato all'opinione pubblica quanto sia malato il sistema giudiziario. Il rapido intervento del Csm, con drastiche sanzioni a entrambi i contendenti, è un tentativo di impedire un più ampio smottamento.

Anche se spettacolare questa guerra è però solo l'ultimo di una serie di episodi che hanno eroso il consenso di cui la magistratura godeva presso l'opinione pubblica. Fu grazie a quel consenso che alcune Procure assunsero, a partire dagli anni Novanta, il ruolo (informalmente politico) proprio delle «burocrazie guardiane». Cercarono, cioè, di mettere sotto tutela la classe politica, una cosa che è qualitativamente diversa dal normale controllo di legalità che i singoli magistrati svolgono nei Paesi democratici. La cosiddetta Seconda Repubblica ne fu condizionata. Né poteva essere diversamente. Poiché era stata la «rivoluzione dei giudici», come venne definita in gergo giornalistico, a dare il colpo mortale alla Prima Repubblica, era inevitabile che le Procure si trovassero a svolgere un ruolo politicamente sovraesposto nella Seconda. Un' amministrazione sapiente e accorta del rapporto con l'opinione pubblica era però la condizione indispensabile per lo svolgimento di quel ruolo. Venute meno sapienza e accortezza quel rapporto si è spezzato. La seconda circostanza è data dal parziale cambiamento dei «bersagli politici ».

Oggi la novità, suscettibile di modificare i rapporti fra politica e magistratura, è costituita dalla pluralità di inchieste su giunte di centrosinistra. L'azione delle Procure, da Mani Pulite in poi, ha sempre contato sul sostegno della sinistra nelle sue varie incarnazioni. Anche l'alleanza del Partito democratico con Di Pietro ha indirettamente ribadito questa tradizionale posizione. Ma in passato quel sostegno dipendeva dalla constatazione che a «farsi male» erano soprattutto gli avversari della sinistra. Adesso che a farsi male è anche il Partito democratico, è possibile che intervengano (non immediatamente, ma in futuro) cambiamenti di rotta. Le risposte della classe politica sono, al momento, insoddisfacenti. Il Guardasigilli dice, anche con riferimento alla guerra Salerno- Catanzaro, che tutto andrà a posto con le «riforme ».

Ma ammesso, e non concesso, che venga fatta una buona riforma dell'ordinamento giudiziario, solo un pregiudizio legalistico può far credere che cambiare le norme faccia anche cambiare d'incanto atteggiamenti e comportamenti. Gli effetti delle buone riforme si vedono, se si vedono, solo a distanza di anni. Al momento, sarebbe già tanto se passasse la legge sulle intercettazioni telefoniche. La sua assenza spiega perché non sia cessata quella forma di abuso che è la «pesca a strascico» (come l'ha argutamente definita Il Riformista), le intercettazioni diffuse, senza freni né regole. Se pretendiamo di essere una società liberale, la pesca a strascico, per lo meno, dovremmo vietarla.

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