martedì 29 aprile 2008

sinistra chic, adieu

dal "Corriere Online"

La Roma «piaciona» e festaiola
dice addio ai vertici in spiaggia

Basta nomine decise a Capalbio, salotti snob verso il declino. E si prepara il congedo dalla Festa del cinema

ROMA — Addio per sempre, soffice e dorata Roma piaciona, salottiera, cinematografara, capalbiesca e sabaudiana, lontana anni luce dalle insicure periferie convertite ad Alemanno. La sconfitta chiude una stagione politico-cultural-mondana nata l’8 dicembre 1993 col primo insediamento di Francesco Rutelli in Campidoglio. Addio, un esempio tra i tanti, alla lunga catena dei Comitati organizzatori. Mai più si vedrà Giovanni Malagò animarne un altro come quello per le Olimpiadi 2004 a Roma: si insediò nel 1996 e il manager romano (storica concessionaria capitolina di Bmw, Ferrari e Rolls Royce) organizzò raffinatissimi ricevimenti per i commissari olimpici internazionali esibendo Sabrina Ferilli e Maria Grazia Cucinotta.

Piovvero proteste per i costi e per l’eccesso di glamour sexy: «Non vedo cosa ci sia di male nell’aver coinvolto cultura e spettacolo, erano testimonial». Il fatto che Roma poi venne sconfitta da Atene il 5 settembre 1997 con 66 voti contro 41 sembrò quasi un dettaglio. Era il ritratto del gusto di un’epoca durata quindici anni, la profezia dei tappeti rossi della futura Festa del cinema, la prova della fiducia ormai consolidata del centrosinistra capitolino per l’immagine e la ribalta. In questo humus affondò le radici la lista Beautiful per il Rutelli bis nel 1997 con l’inclusione della principessa Alessandra Borghese, ai tempi ben lontana da Pier Ferdinando Casini.

Addio per sempre all’efficacia politica di certi vertici al vino bianco sotto gli ombrelloni de «L’ultima spiaggia» di Capalbio ben più importanti di tante riunioni di partito: mettere insieme a una sdraio di distanza Fabiano Fabiani, Claudio Petruccioli, Furio Colombo ai tempi della direzione de «L’Unità», magari con l’aggiunta di Chicco Testa, poteva valere la presidenza di una fresca ex municipalizzata o un corposo giro di poltrone alla Rai. Blocchi di potere che, tra il berlusconiano palazzo Chigi e l’alemanniano Campidoglio, conteranno quasi nulla. E parallelamente avranno rilevanza zero (sempre per Rai, Campidoglio, universo del cinema) certe serate sotto la luna di Sabaudia, magari serviti ai tavoli del decantatissimo «Saporetti » spesso indicato come un «Fortunato al Pantheon» in versione estiva (fu lì che il 13 agosto 1996 Stefania Craxi insultò il candidato sindaco sconfitto per aver disonorato, secondo lei, la memoria di papà Bettino). Tra le dune ancora Rutelli, Malagò e poi ogni tanto Bernardo Bertolucci, passaggi di Fabio Mussi e qualche apparizione di Francesco De Gregori.

Altro addio. Nessuno sentirà mai più parlare di effetto Clinton per Francesco Rutelli né l’ex sindaco potrà più sbarcare a Manhattan (visita del giugno 1998) per proporre l’adozione dell’area dei Fori imperiali come simbolo del mondo da salvare. Le modelle del negozio Fendi a Manhattan impazzirono per lui («he’s so cute», è così carino). Ora tocca ad Alemanno, ed è già partita la gara per individuare un suo doppio internazionale come Bill fu per Francesco. La Roma piaciona e festaiola dovrà approntare un doloroso congedo dalla «sua» Festa del cinema. Chissà se Alemanno la abolirà o la affiderà, come si insinua, a Pasquale Squitieri. Il red carpet dei divi conoscerà le suole di altre scarpe. In quanto ai salotti romani, resisterà certamente (con alleggerimenti di ex potenti romani del centrosinistra) il fortino di Maria Angiolillo a piazza di Spagna. Prevedibile il declino di quello (non piacione ma progressista- snob) pilotato da Sandra Verusio di Ceglie che tempo fa dichiarò: «Quelli di destra sono maschilisti. Fanno ironia volgare. Pensano che il massimo della vita sia far fessi gli altri». Vallo a raccontare a chi ha portato Alemanno in Campidoglio.

Paolo Conti
29 aprile 2008

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