lunedì 6 aprile 2009

CIMITERO WEB

di Francesco Moscatelli

Il 22 agosto 2001, alle 09.54 del mattino, moriva la «Cambridge coffe pot cam», la prima web-cam della storia.
L’occhio elettronico, immaginato nel 1991 da un gruppo di studenti e di ricercatori dell’università di Cambridge che non avevano nessuna voglia di perdere tempo e preferivano controllare la caffettiera comodamente seduti davanti ai loro computer, era stato messo in rete nel 1993, quando Internet era ancora una stregoneria da facoltà di informatica. Con il passare degli anni l’indirizzo Web che la ospitava si era trasformato in una specie di santuario virtuale, visitato dai cultori del genere. Eppure oggi, della sua storia, non rimane che una pagina su Wikipedia.

È un esempio di morte online, un fenomeno che sta colpendo migliaia di pagine Web. Senza distinzioni. Muoiono i blog personali e le home page di società, imprese e associazioni, scompaiono i social network e i portali di e-commerce. Digiti l’indirizzo e non trovi più niente. Il giornalista David Randall ha raccolto in una classifica pubblicata sul quotidiano «The Independent» i casi più celebri. Si va da HotBot.com, un motore di ricerca nato nel 1996 e morto nel 2002 a Webvan.com, un sito americano che si occupava di consegne alimentari porta a porta (è durato due anni, dal 1999 al 2001), passando per tanti big della rete scomparsi nel nulla o imprigionati in un limbo virtuale a causa della mancanza di aggiornamenti o del disinteresse dei naviganti: Compuserve, Lycos, Excite, GeoCities, Netscape, EToys. Ma l’elenco completo sarebbe interminabile. Anche in Italia abbiamo una certa esperienza. Il caso più eclatante è stato quello di Zivago.com, un sito di e-commerce fondato da Kataweb e Feltrinelli: era nato nell’ottobre del 1999 ed è morto nel febbraio del 2001. I clienti più affezionati lo rimpiangono ancora. Fra gli scomparsi c’è anche Jumpy, il portale lanciato da Mediaset negli anni d’oro della New economy. Oggi di Jumpy rimangono solo alcuni account di posta elettronica.

Per quanto riguarda il capitolo informazione vanno ricordati l’indirizzo personale della giornalista Barbara Palombelli, uno dei primi blog ad aprire ma anche uno dei primi a chiudere i battenti, e l’esperienza de «Il Nuovo.it» (2001-2004), un audace precursore dei quotidiani online, probabilmente troppo in anticipo sui tempi. Il dominio è ancora attivo, ma «Il Nuovo.it» è tramontato e al suo posto c’è un sito di informazione molto diverso dal progetto originale. Dal 2005 al 2007 aveva abbassato la serranda persino Virgilio.it, storico portale del gruppo Telecom: la proprietà aveva deciso di spostare tutti i contenuti su Alice, ma gli utenti l’hanno costretta a fare marcia indietro e a ripristinare anche il vecchio marchio.

Negli ultimi mesi sono spariti anche AnimeDb, un sito molto popolare che permetteva di vedere in streaming film e telefilm, e Colombo-bt.org (un indirizzo di bit Torrent che permetteva lo scambio peer to peer di film e musica). Accusato di pirateria, Colombo è stato messo sotto sequestro dal Tribunale di Bergamo. L’intervento delle autorità giudiziarie, in ogni caso, riguarda solo una piccola minoranza degli indirizzi defunti. La maggioranza muore per cause naturali: concorrenza, problemi economici e finanziari, disinteresse del web master o degli utenti.

Con il passare degli anni Internet tende ad assomigliare sempre di più a Crono: divora con voracità tutto quella che crea. E il motivo è tutto nel suo Dna: i costi d’ingresso sono molto bassi e chiunque può entrare nella rete con nuove idee e nuovi modelli di business che, in poco tempo, hanno la meglio sui portali più attempati. Qualche esempio? Second Life, i cui contatti sono crollati miseramente nel giro di tre anni, MySpace, che nei mesi scorsi ha dovuto subire la morsa di Facebook e Facebook stesso: a metà febbraio festeggiava 175 milioni di utenti con lo slogan «Siamo la sesta nazione del mondo», oggi guarda con sospetto al novello Twitter (un sistema di microblogging che ha visto i suoi utenti crescere da 400 mila a 7 milioni in un anno e che nelle ultime settimane è stato persino inserito nei programmi di studio delle scuole britanniche).

Sembrano destinati a campare ancora a lungo, almeno per il momento, solo colossi del calibro di eBay, Amazon e Google. Per tutti gli altri, in ogni caso, stanno già sorgendo i primi cimiteri virtuali. Dove i loro clienti più affezionati potranno continuare a ricordarli. C’è Cybercemetery, creato nel 2007 negli Stati Uniti per raccogliere i materiali contenuti nei siti Internet dismessi delle amministrazioni pubbliche e Ghostsites, un blog che propone un elenco dei principali siti scomparsi con tanto di necrologio, YouTomb, realizzato nel maggio del 2008 dal Mit di Boston per conservare tutti i video cancellati o rimossi da YouTube e Wayback Machine (http://www.archive.org/web/web.php), una vera e propria macchina del tempo dove i nostalgici del web 1.0 possono scovare le vecchie homepage e le ultime fotografie dei siti passati a miglior vita.Attenzione alle prenotazioni on line, ma anche all’uso dei dati personali da parte degli alberghi e all’invadenza delle webcam. Gli italiani in partenza per le vacanze di Pasqua faranno bene a tutelare la loro privacy, raccomanda il Garante. Le cautele devono iniziare al momento della prenotazione come evidenzia un caso, affrontato proprio dal Garante della Privacy, su segnalazione della Polizia Postale, riguardante un sito web: prenotazioni on line di alberghi, ristoranti e visite guidate della città erano raccolte dal sito senza fornire a chi si avvaleva di questi servizi, le informazioni sulla tutela dei dati personali previste dalla legge sulla privacy. Il gestore ha dovuto pagare una sanzione di 1.500 euro. Ma i casi del genere sono numerosi.

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