giovedì 5 luglio 2007

Rosaria Sardo: Polisemia e cooperazione comunicativa nel linguaggio lomografico di G. Caviezel (3).

3- Se il testo lomografico si presenta frazionato in quattro frammenti di senso, compito di chi guarda sarà non solo quello di ricostruire l’intenzione comunicativa dell’autore, ma anche quello di cooperare a fornire un senso complessivo alle immagini nel loro insieme. In linea generale, sappiamo che « la tendenza del sistema visivo a convertire in strutture logiche elementi casualmente raggruppati, assegnando poi a esse un senso, produce completamenti cognitivi di parti incomplete» e che il « processo, assimilabile a quello che si mette in atto nelle operazioni di grammatica narrativa, è capace di tradurre eventi isolati in una struttura (un “racconto”) dotata di ordine, senso e buona forma completa e coerente» .
Nel nostro caso tali procedure sono condizionate dalla sequenza imposta dalla macchina ma largamente arbitrarie da un punto di vista semantico: la sottile linea nera che separa i quattro fotogrammi diviene allora lo spazio privilegiato per inventare rapporti sintattici e retorici tra le parti. In assenza di parole che, come nei fumetti, tessano rapporti grammaticali preconfezionati tra le “vignette”, i fotogrammi della lomografia si aprono a una pluralità di sensi, lasciando ampio spazio all’interpretazione e alla ri-creazione da parte del fruitore del testo. Ogni lomografia costituisce in tal modo una micro-narrazione con le caratteristiche dell’imprevisto, del non programmato, in grado di generare più sensi e più interpretazioni.
Da un punto di vista comunicativo, in una lomografia l’intenzione comunicativa dell’autore sarà ricostruibile solo in parte. L’autore, infatti, attraverso lo scatto lomografico, cerca di fissare una situazione nel suo complesso e in un determinato momento, ma la macchina gli restituirà una sequenza che non sarà quella percepita dal suo sistema ottico e cognitivo, bensì quella organizzata in modo predeterminato dalla sequenza quadripartita impostata nella macchina.
Quella realtà originaria, dunque, viene frazionata, ricostruita e consegnata ai fruitori (autore compreso) secondo modalità non proprio prevedibili: l’autore non sa a priori cosa diventerà il tratto dominante della “sua” lomografia. In questo senso per le lomografie diventa importante il concetto di «discrepanza entropica» , di perdita dell’ordine del reale, di perdita del controllo della struttura e di ricostruzione necessariamente arbitraria della struttura stessa. Corollario di tutto ciò è la necessaria e forte cooperazione comunicativa tra autore e fruitore del testo lomografico.



1.3. I testi lomografici di Giovanni Caviezel.

La raccolta di lomografie di Giovanni Caviezel presenta interessanti proposte di “cooperazione comunicativa” sulla tematica della femminilità. Dopo aver esplorato più sentieri fotografici nel passato, Caviezel ci offre adesso interessanti spunti di riflessione sulla realtà femminile odierna attraverso una serie di lomografie che di questa realtà colgono dettagli inconsueti: gestualità in semimovimento, parti di un corpo coperto e riscoperto, pieni e vuoti, riflessi e opacità. Un Leitmotiv delle lomografie sembra essere il pattern geometrico del cerchio, con la variante dell’ovale e con le concretizzazioni di sfera e uovo, simboli principi di una femminilità giocata sul campo semantico della fecondità, della generazione e della rigenerazione e su quello traslato della protezione e della rassicurazione. Nelle lomografie di Caviezel la femminilità appare spesso con una valenza domestica o forse “addomesticata”, ritratta con segni precisi che rimandano a tale nucleo semantico (uno per tutti il grembiule). Tuttavia, tale leitmotiv non esaurisce l’intenzione comunicativa dell’autore. C’è anche l’importante tema della teatralità femminile, necessaria e forse inquietante per un uomo.
(3-continua)

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