sabato 17 novembre 2007

AMICA MUSICA


AMICA MUSICA
20 anni di canzoni a cavallo delle sette note
di Giovanni Caviezel

Prima di tutto, i Beatles
Il mio primo amore musicale vero: i Beatles. Di loro ho apprezzato tutto: la capacità di creare mondi musicale autonomi, ciascuno accuratamente racchiuso in ogni canzone; la loro continua ricerca di integrazione fra immagine (copertine di dischi, abbigliamento, fotografie e film), ed efficacia di rappresentazione visiva presente sia nei testi che nella musica dei loro brani.
Quello che mi affascinava allora come oggi è l’insieme di una canzone, come direbbe John Lennon, “il disco”: produzione, esecuzione, composizione.

Poi la chitarra
Ho incominciato a suonare la chitarra per istinto, “rubandola” a mia sorella e alle sue lezioni di “classica”. Perché la chitarra? Per la sua maneggevolezza, per la sua forma piacevole, per quel suo essere una piccola orchestra portatile. Prima ho imparato a suonarla, poi l’ho studiata: come sempre, come tutte le cose che ho fatto nella mia vita, ho lasciato prima campo libero all’istinto, poi alla ragione.

Imparare canzoni, scrivere canzoni
Tra i dodici e i vent’anni ho imparato moltissime canzoni, preoccupandomi assai meno delle parole che della musica. Le parole erano prima di tutto suono, parte integrante della musica quanto un headline è parte integrante del visual pubblicitario.
Verso i 17 anni ero diventato una specie di juke box ambulante, e mi piaceva suonare in pubblico tutte le volte che ne avevo l’occasione. Ma mi piaceva anche registrare musica, e ricordo ancora il primissimo registratore portatile regalatomi da mio padre: la magia di un oggetto che catturava l’esperssione del suona, che “faceva i dischi” dentro le cassette.

Le audiocassette
Per me le audiocassette ancora adesso significano l’essenza, il distillato della musica: scatoline fragili e colorate ricolme di potenzialità espressiva, automobiline a due ruote che procedevano spedite lungo le strade e le autostrade della musica. A Milano, da Ricordi, passavo pomeriggi interi a guardare e poi a scegliere con cautela (sempre con il dubbio di aver compiuto la scelta sbagliata) uno o due di quei pacchetti di musica custoditi e protetti dalle loro scatoline di plastica trasparente.
E di cassette (vergini) io ne riempivo a decine con le canzoni che mi venivano in mente pezzo a pezzo. Cominciavo infatti a capire che la composizione per me significava giustapposizione di parti, come comporre un puzzle fino a che di colpo la canzone “significava” qualcosa di unico, di organico. Era un metodo gestaltico che non ho ancora abbandonato, e che funziona con i pezzi della tradizionale canzone americana: strofa, bridge, ritornello, strofa.

Canzoni per bambini
Quando ho cominciato a scrivere canzoni, non pensavo affatto alle canzoni per bambini. È successo incontrando (per caso) Roberto Piumini, che a quel tempo (parlo del 1983) stava affermandosi proprio come autore per ragazzi. Ci conoscemmo nella redazione di una rivista a cui collaboravo, e incominciammo a scrivere canzoni insieme per gioco, senza crederci troppo. Inizialmente ci lasciammo prendere la mano dalle canzoni d’amore “per grandi”, e solo in un secondo momento ci dedicammo con energia a comporre per i più piccoli. Il primo frutto della nostra collaborazione fu “Il cantastorie” (Mondadori 1989), che conteneva una cassetta allegata (oggi un cd) con quattro brani dedicati ad altrettanti animali. Nel frattempo io mi facevo le ossa scrivendo qualcosa come 200 canzoni per il corso di inglese “English Junior” De Agostini. Un anno dopo io e Roberto incominciavamo a portare le nostre canzoni in giro per le scuole e le biblioteche: stava per nascere una formula di incontro/spettacolo per bambini che si sarebbe evoluta nel tempo e si sarebbe chiamata “Il mattino di zucchero”.

Il mattino di zucchero
“Il mattino di zucchero” è prima di tutto una canzone, composta intorno al 1988. La canzone fu inclusa in una cassetta dallo stesso titolo uscita nel 1991 e oggi introvabile, in seguito diventò uno spettacolo interattivo di canzoni, disegni e mimo per poi riapparire sotto forma di libro e cd nel 2003 (Roberto Piumini e Giovanni Caviezel, Il mattino di zucchero, Piemme, 2003).
Lo spettacolo “Il mattino di zucchero” è cresciuto piano piano, come una pianta. All’inizio non aveva nome: c’erano delle canzoni, le canzoni che avevamo incominciato a scrivere, e c’erano le filastrocche e i racconti che lui aveva pubblicato.
A Roberto non bastava sentire le canzoni, e anche i bambini volevano fare qualcosa, oltre che ascoltare. Così lui inventò “le mosse”, ovvero aggiunse alla musica e al testo una scrittura sua, fatta di gesti, di cori, di partecipazione.
Poco a poco ogni canzone fu rivestita da “mosse” speciali, che lui eseguiva coi bambini, in quello che si chiama mimo a specchio.
Alle “mosse” aggiungemmo i disegni, grandi disegni fatti davanti al pubblico con pennarelli giganti, e poi ci inventammo delle gag, delle battute, delle variazioni sul tema. Io divenni il clown buono e lui quello cattivello, quanto basta a far divertire.
In oltre dieci anni di vita “Il mattino di zucchero” si era fatto le ossa, e camminava spedito per conto suo.
Ogni volta adattato al momento e alla situazione, al luogo e al pubblico di bambini che ci segue, questo incontro spettacolo della durata di un’ora vive e rivive sempre con un tocco di imprevisto, di improvvisazione e di novità, facile come un gioco di parole, disegni e musica.

L’Albero Azzurro
Nel 1997 uscì per Fabbri una raccolta di canzoni scelte fra le oltre 600 che avevamo composto per il programma televisivo di Rai Uno della RAI “L’Albero Azzurro”: si trattava di una scelta limitata che però metteva in gioco tutti i generi musicali che avevo affrontato nei sei anni di collaborazione al programma. Quello che mi interessava era offrire ai bambini il panorama musicale più vasto possibile, toccando tutti i generi musicali compresi nella storia della musica.

Radicchio
Per tre anni, dal 1991 al 1993, sempre con Roberto, ho raccontato storie e cantato canzoni alla radio. Il programma, in diretta tutti i giorni su Radio due della RAI, si chiamava “Radicchio”, e con noi c’era la grande lettrice e libraia Valeria Nidola, la deliziosa raccontastorie di Lugano. Molte canzoni erano cantate dal vivo, e molte altre furono composte apposiotamente per la trasmissione, tra le quali ce n’è una che cantiamo sempre nei nostri spettacoli: “La canzone dei nonni”:

Le mille e una note, Amica musica, Musica, maestro!
Con lo stesso proponimento educativo e ludico presente nelle canzoni dell’”Albero Azzurro” io e Roberto progettammo altri tre libri con cassetta per Fabbri. Libri che potessero raccontare la musica ai bambini con immediatezza e soprattutto facendoli divertire, perché non dobbniamo dimenticare mai che la musica è una delle arti più complete e divertenti che ci siano.
Si trattava di un trittico composto da “Le mille e una note” (1997), “Amica musica” (2000) e “Musica, maestro!” (2001). Il primo libro si occupava degli strumenti musicali, il secondo dei generi e il terzo dei grandi compositori, da Bach ai Beatles.
Per la prima volta in vita mia, per “Amica musica” scrissi un arrangiamento per quartetto (“Quattro voci in una sola”) e mi divertii moltissimo.

Ogni concerto è una grande canzone
Ancora oggi, che con e senza Roberto ho girato in lungo e in largo l’Italia e il Canton Ticino, cantare e suonare per i bambini è come comporre ogni volta una nuova, lunga canzone che dura un’ora e allo stesso tempo tutta la vita. Ogni concerto è diverso dall’altro, e spesso durante i viaggi nascono nuove canzoni. I bambini diventano voce, coro e strumento di un’orchestra sempre nuova e diversa, che cresce e rinasce sempre, e non muore mai e mai si stanca.

2 commenti:

  1. E sai perchè? Perchè c'è amore, entusiasmo, fantasia, creatività, sorriso.. E' una fantastica alchimia che incanta lo spettatore, che sia bambino oppure no.
    Grazie G.

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