dal "Corriere" online
Pubblicità che non si interroga sul domani
di Aldo Grasso
In Italia è sveglia sul breve, sulla sopravvivenza, ma è lenta sul futuro e preferisce mettere a profitto le occasioni
Cosa succederebbe se la pubblicità (inserzionisti, centri media, agenzie) dicesse a Rai e Mediaset: guardate che se continuate a fare questo schifo di programmi, che faranno anche audience ma lasciano indifferenti i nostri target, chiudiamo i cordoni della borsa? In Italia, la pubblicità ha questo di paradossale: è sveglia sul breve, sulla sopravvivenza, ma è lenta sul futuro. Non si interroga mai sul domani (o si interroga poco), preferisce mettere a profitto le occasioni. Non invita perentoriamente Rai e Mediaset a imparare a fare le fiction; s'industria lei a sfruttare al meglio le grandi fiction. Nasce così la promofiction o promoserial, lo spot integrato, lo spot che utilizza la voce del protagonista o del doppiatore per segnare una linea di continuità fra l'opera e la sua interruzione, per far sì che lo spettatore non distingua subito dove finisce dr. House e dove invece comincia la reclame. Sì, ma quale spettatore?
Per fortuna, la seconda parte dello spettacolo di Benigni - il commento e la lettura di Dante - trasmesso ieri dalla RAI ci ha fornito, mi sembra, un bell'esempio di come può esistere una TV della Bellezza.
RispondiEliminasì, a Benigni tutto è concesso, e tutto è possibile: è il carnevale del corpo di bachtiniana memoria, la tregua di qualità, la sospensione poetica e giullaresca. In altre parole, il contrario di Celentano.
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