lunedì 17 marzo 2008

da "Repubblica online"


Scatti di pittura

Al Castello di Rivoli, una mostra indaga il rapporto tra pittura e fotografia nell'arte contemporanea. Oltre venti artisti per un'ottantina di opere ricostruiscono una liaison dagli anni Sessanta ad oggi
di LAURA LARCAN


Scatti di pittura" width="230">

Vija Celmins. Time Magazine Cover (Copertina della rivista Time), 1965
olio su tela / 56 x 40,6 cm.
Collezione privata
Copyright Vija Celmins
Foto: Ch. Schwager, Winterthur

RIVOLI - Sulla copertina del Time del 20 agosto 1965 spicca una sequenza di tre immagini. Vampate di fumo che avvolgono edifici, una macchina capovolta sul ciglio della strada, con i vetri distrutti e la carrozzeria sfondata, e manifestanti per strada, con una manciata di uomini che caricano armati di bastone. Scene di presunta guerriglia urbana che appaiono come fotogrammi istantanei di una vita presa in diretta, ma che rivelano un'anima pittorica, tradita da quei contorni tremolanti e approssimati, da chiaroscuri vibranti, da una patina di sfumatura che solo la pennellata può rivendicare. Non un trucco beffardo nei confronti dello spettatore, ma solo l'espressione consapevole di un'arditezza artistica che prende spunto dalla fotografia, o meglio dalle immagini sfornate dai media per re-inventare una forma di pittura della vita contemporanea. Lo racconta "Time magazine cover" l'opera di Vija Celmins, artista lettone classe '38, consacrata nel 2006 dalla retrospettiva del Centre Pompidou di Parigi, dopo essere stata invitata alla Biennale del Whitney Museum di New York e alla Biennale di Venezia nel 2003, e che diventa una dei protagonisti più convincenti della singolare collettiva "The Painting of Modern Life/ Dipingere la vita moderna" che il Castello di Rivoli ospita fino al 4 maggio.

Non può che guardare con palpitazione al guru della modernità Charles Baudelaire questa rassegna che con il titolo gioca a citare il saggio cult del poeta francese maledetto per eccellenza "Il pittore della vita moderna" per indagare il rapporto che oggi esiste tra pittura e fotografia, o meglio l'evoluzione di un'immagine quando viene trasposta da un linguaggio, la fotografia, ad un altro, la pittura. Un'indagine al vetriolo che coinvolge, sotto la cura di Ralph Rugoff, 22 artisti europei, americani e asiatici, per un'ottantina di opere a documentare una produzione dagli anni Sessanta in poi. Se l'autore dei Fiori del male incitava il pittore amante della vita universale a entrare "nella folla come in un immenso serbatoio di elettricità", i favolosi Sixties stimolarono le coscienze degli artisti a tuffarsi in una società fomentata da una quantità pazzesca di fotografie sfornate da pubblicità e mass media. Erano quelle le immagini che filtravano la società consumistica a un pubblico di assatanati consumatori.

Diceva l'inglese Richard Hamilton, padre della Pop Art britannica: "Cinema, televisione, riviste e giornali immergevano l'artista in un ambiente totale, e quella nuova atmosfera visiva era fotografica". E lo capirono alla grande artisti come il tedesco Gerhard Richter, l'italiano Michelangelo Pistoletto e Andy Warhol che si divertivano a mostrare in modo inequivocabile la fonte fotografica delle loro opere. Il loro era un uso autorevole, più concettuale per Richter, più virtuosistico per Pistoletto, più esuberante e goliardico per Warhol. Ma tutti e tre ne fecero una strategia davvero sopraffina. Il rischio di una così sfacciata vocazione per l'immagine fotografica era di far perdere all'artista il ruolo di autorità nella gestione della cultura visiva. Ma loro seppero farne un'operazione vincente e quanto mai fruttuosa - soprattutto per Warhol - perché le loro opere filtravano la messinscena fotografico-meccanica per approdare a una creazione pittorica che trasfigurava letteralmente l'immagine originaria, diventando qualcosa di nuovo.

"Modificando e introducendo cambiamenti nelle dimensioni, nella messa a fuoco e nella grana - commenta la critica Carolyn Christov-Bakargiev - gli artisti aspiravano a prendere distanza dalle immagini troppo familiari, fornendo così l'occasione di rivalutarne il significato. La fotografia vista non più semplicemente come un promemoria, diventava sia il soggetto che l'oggetto di quadri che rappresentavano da un mezzo espressivo all'altro".

C'è anche chi, come il londinese Malcolm Morley, nel '68 riduceva l'operazione a un gioco iperrealista che gareggiava con la vita reale, come dimostra il suo "Family Portrait (Ritratto di famiglia)", dove compare l'intera famiglia riunita in posa in un interno domestico di stampo hi-society, con tanto di grandi tele d'autore sulle pareti alle loro spalle. Per non parlare dello svizzero Franz Gertsch, che con il suo "Aelggi Alp (Alpe Aelggi)", del 1971, immortala un gruppo di ragazzi hippy in ritiro su uno scorcio di montagna sassosa. I protagonisti appaiono ripresi dal basso, con un taglio molto ravvicinato, nessuno è in posa, ma domina un lassismo di gesti ed espressioni come se la pittura fosse stata "scattata" senza preavviso.
Peter Doig. Lump (Olin MK IV Part II) (Dosso - Olin MK IV parte II), 1995-96
olio su tela / 295 x 200 cm.
Collezione Glenn Scott Wright
Courtesy Victoria Miro Gallery
Copyright l'artista


Dagli anni Settanta in poi, con l'evoluzione tecnologica dell'immagine fotografica, sono lievitate le possibili fonti di riferimento: non più solo mass media, ma Internet, immagini digitali istantanee, cellulari. Ma l'interesse degli artisti si è dirottato dalla visione meccanica dell'apparecchio alle potenzialità pittoriche che l'immagine scelta può avere. Così è per lo scozzese Peter Doig, per la sudafricana Marlene Dumas, per l'americana Elizabeth Peyton, per il polacco Wilhelm Sasnal, per il belga Luc Tysmans. La sfida è quella di studiare gli effetti che la pittura tratta dalla fotografia produce sulla soggettività. Anche questo, come diceva Baudelaire, è un modo di entrare "nella folla come in un immenso serbatoio di elettricità".

Notizie utili - "Dipingere la vita moderna", dal 6 febbraio al 4 maggio, Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea, Piazza Mafalda di Savoia, Rivoli (Torino). La mostra è curata da Ralph Rugoff.
Orari: martedì-giovedì 10-17, venerdì-domenica 10-21.
Ingresso: interno €6,50, ridotto €4,50.
Informazioni: tel. 011-9565213.
Catalogo: Skira.

Nessun commento:

Posta un commento