martedì 10 giugno 2008

casta sotto tiro

CASTA SOTTO TIRO - GIULIETTO SI ABBATTE SUL SECIT E MANDA A CASA 50 SUPERCONSULENTI STRAPAGATI PER NON FARE NULLA - TOMMASO PADOA SSCHIOPPA NE AVEVA PIAZZATI 4 UN MINUTO PRIMA DI LASCIARE VIA XX SETTEMBRE…


Francesco De Dominicis per "LiberoMercato"

È partito il conto alla rovescia per dare una robusta sforbiciata ai costi inutili dello Stato. E il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, avrebbe già individuato il primo bersaglio da abbattere: il Secit. La chiusura dell’ex Servizio ispettivo tributario centrale - più volte al centro di polemiche - può costituire l’incipit con cui il responsabile di via Venti Settembre annuncerà il via alla lotta agli sprechi di denaro pubblico.

Sul piano squisitamente finanziario, l’abolizione dell’ente dell’amministrazione finanziaria non rappresenta certo la svolta per risanare le casse statali. Mantenere in piedi la struttura (per lo più consulenti strapagati e poco occupati), secondo i dati della Corte dei conti, pesa per una quindicina di milioni di euro l’anno sui conti di via Venti Settembre. Pochi spiccioli, insomma, rispetto all’intero bilancio dello Stato. Ma Tremonti sembra seriamente intenzionato a non tornare indietro e la norma - per ora nemmeno abbozzata - potrebbe trovare spazio già nel decreto con cui a fine giugno sarà alzato il velo sulla Finanziaria 2008.

Una mossa “simbolo”, dunque. Necessaria, secondo il condivisibile ragionamento dello staff tremontiano, pure per dare un segnale «forte e chiaro» alla dirigenza dell’intera amministrazione pubblica. Niente più poltrone d’oro da assegnare (soprattutto a fine legislatura), stop ai consulenti fantasma e stop, soprattutto, alle costosissime ciambelle di salvataggio. Buchi (quasi) neri del bilancio dello Stato utilizzati - senza troppe spiegazioni - per garantire super incarichi, spesso strapagati, e buonuscite d’oro. Non meno di 120mila euro l’anno (retribuzione minima di un dirigente di prima fascia della Pa, questo il livello stabilito per legge) per fare assai poco. Forse niente.

Che poi è proprio il caso del Secit, nato all’inizio degli anni ’80 come cane da guardia dei conti statali e piano piano trasformato in un lussuosissimo parcheggio. I consulenti dovrebbero realizzare studi e dossier in campo tributario. Ma un oscuro e inspiegabile segreto d’ufficio rende impossibile qualsiasi verifica e legittima il sospetto che l’ente si sia ridotto a una scatola vuota.



La Corte dei conti ha lanciato in più di una circostanza l’allarme rosso. E l’ultima relazione, depositata il 5 maggio in Parlamento, ha fatto il giro di tutte le scrivanie dei consulenti Secit. L’ha letta con una certa dose di preoccupazione, ovviamente, pure il presidente del supercarrozzone dell’amministrazione finanziaria, Mario Andrea Guaiana. Già con la ferma accusa della magistratura contabile, probabilmente, l’ex direttore dell’agenzia delle Dogane aveva capito che tirava una brutta aria. Ora la sua poltrona balla ancora di più.

Ma una svolta era inevitabile. In otto anni, dal 1999 al 2006, la scialuppa di salvataggio dei ministri dell’Economia ha risucchiato quasi 120 milioni di euro ai contribuenti italiani. La maggior parte necessaria per pagare gli onorari dei consulenti e dei dipendenti: un centinaio di persone (dati al 2006) che, ovviamente, non rischia il posto di lavoro: saranno tutti rapidamente assegnati ai vari dipartimenti del dicastero di via Venti Settembre.

Il numero dei dipendenti è progressivamente calato nel corso degli anni: da 136 del 2000 ai 97 attuali. Mentre l’elenco dei consulenti è costantemente cresciuto. Il che dimostra ancora di più la funzione - non scritta - della struttura. Una casta di privilegiati, tanto per usare una definizione di moda.

L’ultima gonfiata (quattro assunzioni eccellenti) porta la firma dell’ex ministro Tommaso Padoa-Schioppa. Sulla scia di una prassi diffusa da tempo a via Venti Settembre, Padoa-Schioppa ha cominciato a “piazzare” i suoi uomini più fidati - o quelli dei viceministri Vincenzo Visco e Roberto Pinza - quando aveva annusato l’odore delle elezioni anticipate e dell’uscita di scena dal panorama politico.

E così a gennaio, ecco il decreto per nominare Carlo Battistini, capo della segreteria particolare di Pinza. A febbraio, il secondo salvagente. Destinatario: Giorgio Ricordy dell’ufficio stampa di Visco. Le ultime due vip card (regalate a marzo) sono state riservate alla squadra dell’ex ministro, il portavoce Carlo Maria Fenu e il numero uno del personale del dipartimento Finanze, Carlo Bovi. Il conto dei consulenti ha sfondato il muro dei 50. Una fastidiosa soglia psicologia. Ma Tremonti, adesso, ha detto basta. La pacchia è finita.

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