venerdì 25 luglio 2008


UNA VOLTA SI SCRIVEVANO LE POESIE, ORA PRENDI IL PROZAC. ESSERE UMANI È UNA MALATTIA, CI SPIEGANO… Filippo Facci per “Il Giornale”
Ogni tanto cercano di spiegarti che i grandi uomini erano dei grandi malati: da quel depresso di Ippocrate sino a Klaus Kinski, attore che il Corriere online, l’altro ieri, spiegava esser stato fondamentalmente uno schizofrenico e uno psicopatico. Non che non lo fosse: il problema è la tendenza a interpretare la natura umana solo in chiave biologica. Abbiamo letto di tutto, ormai: il pessimismo di Leopardi era un problema di neurotrasmettitori, la sensibilità di Tchaikovskij una somma di fobie omosessuali, Van Gogh del resto era epilettico, Churchill era un depresso patologico, Paganini aveva la sindrome di Ehiers-Danlos, Rachmaninov quella di Marfan eccetera.

Ma lasciando da parte le personalità di spicco (secondo Aristotele tutti gli uomini eccezionali erano melanconici) la medicalizzazione dell’esistenza non risparmia nessuno di noi: ogni dinamica sentimentale è stata chimicamente misurata in termini di serotonine, endorfine, vasopressine e ossitocine; il mal d’amore altro non sarebbe che un disturbo ossessivo-compulsivo. Una volta si scrivevano le poesie, ora prendi il Prozac. Le tristezze e le inquietudini creative, quelle che fanno porre i grandi interrogativi della vita, quelle che nei secoli hanno spinto alla ricerca dell’arte e della scienza (e perché no, anche di Dio) ormai sono voci del Dizionario psichiatrico. Essere umani è una malattia, ci spiegano.

2 commenti:

  1. Aggiungiamo Gide, Genet, Mishima e chissà quanti altri...nel mio polemicare, caro John, dico che non sempre le tristezze e le inquietudini sono creative. La tristezza e l'inquietudine fanno parte di tutti noi, e sono sane, ma quando pervadono la vita, allora si chiamano malattia e tutto quello che, per puro caso hanno costruito, molto rapidamente lo distruggono. I matti (nonostante i buoni propositi di Basaglia)esistono e sono anche tremendamente affascinanti. Ma i matti sono tabù (leggete Freud!!!). Secondo me se non si sgancia l'individuo dalla sua arte si finisce con lo scrivere questi articoli ipocriti, che mettono tutti nello stesso calderone, che tutto normalizzano, che tutto livellano, pur di non riconoscere che (ad esempio)Kinski non era semplicemente irrequieto. Kinski ha concupito la figlia e come tu mi insegni lo ha anche dichiarato. Kinski non era irrequieto. Era matto.Caso ha voluto che si trovasse ad Holliwood (o dintorni) e non sotto il ponte della Diga de Castricciò. Con tutto il rispetto per le opportunità che può offrire la Diga de Castricciò.
    Baci! Morghe.

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  2. certo, quando il disagio mentale diventa malattia il risultato è doloroso e devastante, e spesso annichilente. È peraltro innegabile che quando talento e "melanconia" albergano nella stessa personalità, i risultati espressivi possono talvolta raggiungere livelli incredibilmente alti (Van Gogh, Pontormo, Caravaggio, Poe, Chet Baker, Joplin...). Quale sia poi il prezzo da pagare per tutto ciò, lo sappiamo bene noi e purtroppo anche loro.

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