domenica 21 settembre 2008

grande barbara

BARBARA ALBERTI CONTRO LE OSCENE BARBARIE LETTERARIE DEGLI SGARBI D’ITALIA
“È NORMALE CHE SGARBI CHIEDA DI FIRMARE UN PEZZO- MARKETTA A UNO SCRITTORE?”
“MASSIMILIANO PARENTE SA CHE È PIÙ APPASSIONANTE ESSERE VIVI CHE SOTTOMESSI”




LETTERA DI BARBARA ALBERTI A DAGOSPIA

Lo scrittore Massimiliano Parente ha raccontato su Dagospia che, per avere rifiutato un “favore” a Vittorio Sgarbi, si è visto respingere dal direttore editoriale della Bompiani, Elisabetta Sgarbi, un saggio su Proust.
Alcuni amici dello scrittore si preoccupano, dicono “ha fatto male, è stato imprudente, ha un contratto di opzione per 10 anni con la Bompiani, così butta via tutto, sai adesso come si vendicano…”.

Io non sono affatto preoccupata per Parente. Anzi lo invidio: beato lui che si prende il lusso di vivere fuori dalle logiche spregevoli della convenienza. Chissà come si diverte.
Gli invidio l’enormità del gesto. Gli invidio il coraggio. Gli invidio il pericolo e l’avventura.
E perfino il silenzio intorno, che dimostra la necessità della sua audacia.
Dicono che rischia brutto.

Ma no, rischierebbe molto di più a tacere, a non dar battaglia, a rinunciare a un gesto d’avanguardia a non prendersi questa soddisfazione, se no uno che è scrittore a fare? Scrittore vero. Chi non ha talento ma insiste, fa bene ad obbedire. Non Parente, che ha scritto "Contronatura", un libro come se ne vedono (forse) ogni 50 anni, una rivoluzione.

Un capolavoro del pessimismo e della parola, di sgradevolezza imperiale, di maestria sbalorditiva. Non lo dico solo io che sono una strega sospetta, lo ha scritto anche Edmondo Berselli sull’Espresso, definendolo l’opera d’arte assoluta.

Dicono che non doveva agire così perché “non la le spalle coperte”.
Copertissime, invece. Ha l’opera. Che lo protegge come i libri-angeli di Bergotte nella Recherche.
Finalmente un gesto. Come quando Majakovskij prese a schiaffi Vasilj Rozanov, invece del solito far finta di niente. Esempio: Paolo di Stefano, ad un lettore che gli chiede cosa pensi della vicenda Parente-Sgarbi-Sgarbi, risponde: “Ma è così importante?”
Sì. E’ importante. E’ fondamentale. E mi spiace che Di Stefano non lo intenda.

E’ importante che un autore scelto dall’editore per il suo valore letterario sia punito per uno “sgarro”, ovvero per avere rifiutato una proposta disonesta. Importante che non si usi il potere editoriale a capriccio, prescindendo dai testi.

Ma in questa bonaccia morale sembra normale che Sgarbi chieda di far firmare un articolo autopromozionale ad uno scrittore, contando sul fatto che non può dire no, visto che pubblica con la sorella - e quindi - secondo l’espressione orribile e cavallina - fa parte di una scuderia, dove si corre in gruppo o si è cacciati.

Sì, è normale perché è nella norma, una brutta norma che si fonda sulla vigliaccheria di molti scrittori, che non osano ribellarsi alle angherie degli editori, né prendere posizione contro una grande casa editrice. Ma c’è sempre un giusto a Sodoma, anzi cinque: Dagospia ha pubblicato la denuncia di Parente, Fulvio Abbate ha scritto un impetuoso articolo sull’Unità, il biblico Davide Brullo su La Voce di Romagna, Mario Baudino su La Stampa, e l’Unione Sarda. Solo loro non hanno paura? E gli altri? Tutti a capo chino, come gli schiavi di Metropolis? Il tema è così spinoso da indurre alla prudenza perfino chi vorrebbe schierarsi contro Parente?

Massimiliano Parente non è un martire, non si è “immolato” come scrive Mario Baudino .
Fa quello che deve fare l’artista, mettersi contro il suo tempo.
Bravo. Ha dato una grande soddisfazione al suo narcisismo eretico, e ha ragione a non avere paura. La vendetta non mancherà, e non in campo aperto, ma cosa possono fargli, di ‘definitivamente’ dannoso? Mica possono impedirgli di scrivere, o di pubblicare con altri.

Nella dittatura prossima ventura forse, ma non ancora. Il potere colpisce più facilmente chi è organico e compromesso, chi vuole una fetta della sua torta ripugnante, ma Parente è indecifrabile, non apparentato, straniero, sembra uno scrittore d’altri mondi capitato qui per caso, che si permette libertà oltraggiose per chi vi abbia rinunciato.

Anche negli articoli che scrive su un giornale che ho in abominio, e che però
compero quando li pubblica, attaccando i potenti delle lettere (critici, editori, scrittori), mai con elusivi discorsi sul “sistema” ma sempre con nomi e cognomi - e con una leggerezza, un sorriso, un’insolenza geniale, come se fossero tutti morti da mille anni, come se fossero un pretesto letterario invece di una banda agguerrita e vendicativa.

Pretendendo di conservare la sua dignità Parente ha infranto un tabù scottante, e non stupisce che siano in pochi ad intervenire - ciò che penso aumenti la sua ybris e il suo divertimento teatrale.

La società letteraria vive secondo quella che Antonio Moresco chiama la Restaurazione. Vive nella prudenza, nei favori, credendo che il potere sia questo, mentre il potere è sfidare chi vuole usarti ingiustizia, finché non ti rompono una gamba (speriamo che qualcuno non lo prenda per un suggerimento) e anche dopo, nel caso.

Gli scrittori non sono tenuti ad essere all’altezza dei loro libri, ad avere rapporti con lo sconosciuto che li scrive. Baudelaire contraddiceva il suo genio corteggiando il torpido Sainte-Beuve, che mai scrisse una vera parola di lode sulla sua opera. E come Paolo di Stefano scrolla il capo e passa oltre davanti alla vicenda Parente, Sainte- Beuve non volle prendere posizione nel processo per oscenità contro il poeta. Che continuava ad adularlo, a far finta di niente, a cadere in deliquio al primo cauto sorrisino che l’altro gli concedeva (come racconta Proust in Contre Sainte-Beuve).

Ma qualche volta capita che lo scrittore somigli all’opera.
Riconosco in questo gesto l’autore di "Contronatura".
E mi piace vedere un giovane che sa stare a testa alta- casualmente un giovane: mi esalta ugualmente l’essere scrittore radicale di Antonio Moresco, mio coetaneo, che pubblicò da Bollati Boringhieri “Lettere a nessuno”, corrispondenza con gli editori che rifiutavano i suoi libri, smascherandone ridicolaggini e miserie. Stesso coraggio, stesso umorismo anarchico, stessa sprezzatura.

Cosa si perde Parente? Alcuni vantaggi apparenti.
Cosa si guadagna? Tutto.
Non essere ricattabile, non affermare ciò in cui non crede.
Lanciare un manifesto di indipendenza.

Secondo la mia ingenua educazione al bello (in gioventù si studiava da eroi, cioè da uomini liberi) mantenersi integri, non corrotti, è un potere concreto, un patrimonio di salute.
Una cosa deve preservare lo scrittore una sola, la ricchezza, il talismano: la propria arte la propria ispirazione. Subisci oggi fingi domani si diventa brutti, incapaci di creare.

Ed è un suicidio rinunciarvi per il famoso “potere” letterario, che è un abbaglio, che vuol dire vivere come topi stando attenti tutta la vita a chi frequenti, senza una mossa che non sia studiata, a non dire mai ciò che pensi anzi a non pensarlo affatto.

Intervengo con un po’ di dispiacere. Ho amato Sgarbi in un’altra vita quando io ero un’altra e lui un altro, e credo che non avrebbe adoperato il suo potere in questo modo.
Né avrebbe detto che un libro su Proust può interessare solo una “comunità gay piagnucolosa”
Nè avrebbe chiamato qualcuno “coglione e gay”
Né replicato a Parente “quel rotto in culo le lettere aperte se le deve mettere nel culo”

Né gli avrebbe dato del cattivo scrittore perché non vende abbastanza.
Abbastanza per cosa?
Quando la Mondadori finanziava Stefano D’Arrigo mentre scriveva Horcynus orca non lo faceva perché pensava di pubblicare un best-seller, ma un grande libro. E un libro difficilissimo
Se il criterio è la vendita, togliamo Leopardi dalle scuole e al posto suo mettiamo Faletti e la Tamaro.

A Massimiliano Parente che gli chiede se alla base di questa restaurazione del clima intellettuale ci sia una regia consapevole, Antonio Moresco risponde:

“Non è neppure più necessario che ci sia una regia unica, basta lasciare che piccole vanità personali, interessi trasversali, ambizioni di carriere, di status, sinergie, dare-avere, servilismo, presunta furbizia, mediocrità, spirito del tempo, pelo sullo stomaco, accettazione di parametri e cinismo facciano il loro corso e il gioco è fatto, l’intossicazione è avvenuta. La solita, vecchia paura della bruciatura, dell’esclusione, dell’essere tenuti fuori dal gioco, anche se il gioco è piccolo, piccolo, fa spavento…”

Parente non ha paura perché sa che tutto questo temutissimo potere è come il mago di Oz: un’invenzione del terrore, un grammofono con un vecchio mantello sopra.
Sa che chi si vende si vende per niente - che è molto più appassionante essere vivi che sottomessi, rischiare che strisciare - che niente costa come piegarsi.

Bravo, permettiti questo lusso, esercita la forza del tuo talento.
Ci sarà tempo per essere vigliacco semmai diventassi un trombone rassegnato e colluso, ma ti auguro di morire prima.
Per ora stai facendo la rivoluzione culturale da solo. Stai salvaguardando te stesso.
Barbara Alberti

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