mercoledì 19 gennaio 2011

NÈ CON SERGIO NÈ CON RUBY

Barbara Palombelli per "Il Foglio"
illustrazione © Giovanni Caviezel
Né con Sergio, né con Ruby. E' stato un finesettimana da incubo. Il meglio della sinistra italiana e dell'informazione molla la classe operaia al suo destino (via dalle scenografie classiche, via dagli editoriali, via dalla tv, via da tutto, la fiction Marchionne contro tutti è già stata abbastanza in cartellone), si farà quel che dice l'azienda. Tutti in riga, davanti ad un marchio automobilistico che nessuno più sogna (conosco pochissimi giornalisti e politici che comprano Fiat, purtroppo), ma il cui potere editoriale- inserzionistico-pubblicitario non prevede il dissenso.  Gli uomini e le donne di Mirafiori, protagonisti di uno scontro leale e corretto come pochi, hanno portato con loro l'orgoglio di chi lavora per difendere un'identità e una dignità. E dobbiamo inchinarci, dovremmo continuare a raccontare il dopo referendum. Ma non c'è tempo, non c'è voglia, non ci sono più i microfoni fuori dai cancelli. La testa del corteo politico-mediatico l'ha conquistata Ruby Rubacuori, spazzando via temi noiosi come il logoramento della vita senza pause alla catena di montaggio, e non c'è malizia nel doppio-senso.
Scrivono, e dobbiamo stropicciarci gli occhi, che la ragazzina marocchina innocente e minorenne sarebbe stata molestata, palpeggiata, forse qualcosa di più. Attenzione: per la sua integrità, per la difesa di una adolescente sfuggita ai genitori, ai servizi sociali, una che rubacchia alle amiche, una che forse sta crescendo ricattando e usando il suo corpo come arma, si utilizzeranno le leggi più severe che l'ordinamento preveda.
Leggi che sono state rinforzate dopo anni di inchieste, dibattiti e battaglie oneste. Leggi che sono a difesa di minori veri, di bambini a cui nessuno crede, di minorenni sbattute sul marciapiede da sfruttatori e schiavisti senza scrupoli. La pedofilia è un reato orribile: si fonda sulla buona fede, sull'innocenza, sulla debolezza della vittima. Il molestatore, in genere, è un parente stretto, un educatore, un amico che gira per casa. Uno che si approfitta della ingenua fiducia di chi non ha ancora conosciuto il mondo, la vita, la durezza e il sospetto.
Frequento da tre decenni le case famiglia e i tribunali dei minori, il volontariato e i centri psichiatrici legati all'infanzia violata. Scenderei in piazza a difesa della severità verso chi distrugge l'immaginario e la fantasia dei nostri figli, entrai nel 1983 nel Consiglio Superiore per i problemi dei minori, nominata da Oscar Luigi Scalfaro e continuo a seguire associazioni ed enti pubblici. Mai ho visto un caso simile a quello di cui l'Italia sta parlando. Fin dalla sua prima apparizione, la ormai maggiorenne Ruby assomigliava più ad una maggiorata già un pochino appassita che a Cappuccetto Rosso. Se la sua foto fosse stata mostrata a cento giornalisti, nessuno avrebbe indovinato i suoi anni.
Certo, all'epoca dei fatti mancavano delle settimane alla maggiore età, che non sempre è soltanto un requisito anagrafico. Fa un po' effetto, tuttavia, immaginare che quelle leggi vengano dribblate nei casi tragici della cronaca e diventino l'escamotage che la sinistra attendeva per battere un avversario politico durissimo. Il garantismo assoluto richiede la serena attesa delle testimonianze, lo svolgersi dell'indagine, certamente corretta - i nomi dei pm, il meglio della magistratura italiana, sono una garanzia - la definizione degli eventuali reati.
Lasciatemi però coltivare dei dubbi sull'innocenza violata della protagonista, che sarebbe il punto di partenza su cui è partita l' inchiesta milanese. E lasciatemi sognare una sinistra che prende la dignità del lavoro come un grande tema, da Mirafiori ai precari, dall'Alitalia alla Rai ai call center, dagli immigrati massacrati agli studenti senza futuro e vince su Berlusconi e il Pdl riconquistando per tutti noi delle migliori condizioni di vita, con meno squilibri e meno ingiustizie. Se invece dobbiamo difendere due "vittime" come Marchionne e Ruby , non mi appassiono più di tanto.

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