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giovedì 3 gennaio 2008

Ettore Sottsass


”PER MILANO, PERDERE SOTTSASS SARÀ COME PER NEW YORK È STATO PERDERE WARHOL” - L’ARCHITETTURA NON È SOLTANTO ESTERIORE MA È IL DESIGN DI UN LUOGO; “È QUALCOSA CHE QUANDO TU CI ENTRI, TI METTI A PIANGERE”…


Hans Ulrich Obrist per La Stampa

Il critico e curatore di mostre svizzero Hans Ulrich Obrist ha più volte intervistato Sottsass. In questo articolo ci racconta le sue ultime riflessioni.

Per Milano, perdere Ettore Sottsass sarà come per New York è stato perdere Andy Warhol o per Roma perdere Alighiero Boetti. Milano senza Sottsass non sarà mai più la stessa città. È stato uno dei grandi inventori del ventesimo secolo. Designer, architetto, artista, fotografo...un protagonista impossibile da codificare in una unica disciplina.

Ho intervistato Sottsass tre volte. La prima volta per il mio libro Intervista, la seconda, insieme a Stefano Boeri e agli artisti Fischli e Weiss, per Domus, infine durante una conversazione pubblica per la Fiera di Basilea l’anno scorso. Queste tre conversazioni sono state tra le esperienze più straordinarie della mia vita: piene di sorprese, brillanti, esplosive. Conversazioni infinite, come diceva Blanchot.

Ettore mi spiegava la differenza tra l’architettura e le case: in ogni città, diceva, ci sono migliaia di case ma, se siamo fortunati, ci sono appena due o tre pezzi di architettura. L’architettura non è soltanto esteriore ma è il design di un luogo; «è qualcosa che quando tu ci entri, ti metti a piangere».

Abbiamo parlato dei suoi allestimenti visionari, realizzati lungo più di cinque decenni, come ad esempio il recente straordinario allestimento a Monaco per Pigozzi e la sua collezione africana. Oppure delle sue mostre. Ettore diceva che le esposizioni hanno giocato un ruolo fondamentale nella sua vita.

Ettore Sottsass era sospinto della curiosità per le realtà parallele su cui stava investigando e lavorando: design, fotografia, testi e progetti architettonici. Mi diceva sempre: «Sono curioso di provare tutto».

Una curiosità che spiega la sua passione per i viaggi. Lo ho spesso ascoltato mentre parlava dei suoi straordinari viaggi con Barbara Radice attraverso il mondo. Come quando percorsero un fiume nella Nuova Guinea, perché Ettore era affascinato dalla storia dell’uccello del paradiso e dal mistero di questo luogo dove ancora oggi si può trovare una cultura presitorica. Una volta mi raccontò del suo viaggio a Mosca e della sua visita alla tomba di Majakovski; della lunga ricerca della tomba di Malevic e del magico momento della sua scoperta.

Nelle interviste abbiamo parlato spesso del suo rapporto con la fotografia. «Ero curioso di provare la fotografia. Sono un fotografo dilettante, non professionista. Faccio queste cose perché amo farle.» Diceva Ettore: «Per me un viaggio è come una strana scuola dove posso imparare qualcosa, vedere qualcosa, dove le cose mi parlano».

O ancora abbiamo parlato di cosa sia stato Memphis. Ettore mi spiegava che ogni idea forte dura poco tempo. Il cubismo classico è durato pochi anni perché: «Le idee forti sono forti, scendono sulla terra come un fulmine». E mi parlava dei colori: «Nei primi anni ho utilizzato dei colori infantili, primitivi che poco a poco sono diventati più violenti, adesso che sono vecchio».

Nelle interviste abbiamo parlato di Bruno Munari e di Milano, del denaro svizzero, dell’astrazione di Max Bill, della vita, della società e delle relazioni tra l’individuo e la società. Abbiamo discusso del Rinascimento e della nuova visone del mondo, della nuova interpretazione della vita. Delle montagne e di Innsbruk e di Giovanni Segantini che diceva: «Voglio vedere le mie montagne». Abbiamo parlato di ateismo e della metafisica e del dubbio e del cosmo. Della cibernetica e di Olivetti e dei suoi colossali e primitivi computer. Di Jaques Tati e dell’umanità e della filosofia. E della cucina. Ma anche dei rituali sacri, del tempo e del cambiamento. E di Italo Calvino e di George Nelson e di Shiro Kuramata.

Ma abbiamo soprattutto e sempre parlato del disegnare, della sua ossessione per la pratica quotidiana del disegno. Per Ettore, disegnare era come scoprire; era, come dice John Berger, «misurare attraverso ritmi, masse e spiazzamenti le distanze e gli angoli. E sentire la pressione delle linee; quello che accade ad un uccello quando vola attraverso un albero o ad un marinaio quando sente la sua vela».

Memphis - Matteo Thun

By the late 1970s, far too many forms were becoming unimaginatively predictable, as they tended to follow conventional assumptions about their functions: it was time for those assumptions to be questioned. And that was what the Memphis group did. Ettore Sottsass and his acolytes set themselves up as the movement that asked the leading questions: What does an object have to look like? Does it always have to look the same? If not, then why not do it differently? How far can we push the boundaries of form without losing function? Busily slaughtering the sacred cows of reiterative functionalism, the group set to work to create furnishings and household objects to demonstrate in practice what it propounded in theory - and the result was an unprecedented upheaval in one of the holies of holies of functional design, the Milan Furniture Fair. Matteo Thun's input was related intimately to his childhood: continuing a pastime of dabbling with clay learned in his parent's pottery factory in Bozen, he pushed the material to new extremes of language, creating limited-edition collections of ceramic tableware, Rara Avis (Rare Birds), that are now highly prized collectors items. Birds are also the yardstick in the time-honoured conundrum about the priorities between the chicken and the egg: likewise, Memphis occupies a dual role in Matteo Thun's early career as a designer, when it was both a formative influence and a case study of how his ceaselessly inquiring mind was already then revelling in the challenges of innovation and differentiation.

Ettore Sottsass - Memphis


"Un'esplosione di colori, un'assemblaggio inabituale di forme e materiali, un miscuglio di laminati plastici, di vetri, di marmi, di metallo o di legni; mobili come sculture, ma espressivi come dei personaggi, librerie che si ergono a mo' di totem, come monumenti immaginari, tavoli triangolari, lampade con le ruote, nomi che fanno sognare: "Carlton", "Brazil", "Santa Fe", "Oceanic"…."


Nata a Milano nel 1981, Memphis raggruppa una schiera di giovani designers ed architetti, provenienti da tutto il mondo e guidati da Ettore Sottsass, animati dalla necessità di progettare altri spazi ed altri ambienti rispetto a quello che era l'allora panorama del mobile legato all'arredamento.

Fin dalla prima apparizione, le forme, i colori ed i decori di Memphis hanno cambiato la faccia del mobile contemporaneo.

Nell'arco di un decennio, Memphis ha sconvolto talmente le regole del funzionalismo e del "buon gusto" moderno venendo a rappresentare un'indicazione a cui tutti, detrattori ed estimatori devono riferirsi quando si parla di nuovo designer.

Memphis propone un nuovo catalogo di mobili ed oggetti per tutti, più emozionali che funzionali, più artistici che commerciali.

Oggi un rilevante numero di oggetti Memphis é presente nelle collezioni permanenti dei più grandi musei del mondo e nelle case dei più grandi collezionisti (nel 1991 alla Sotheby's di Monaco, si tenne un'indimenticabile asta della collezione Memphis di Karl Lagerfeld ed è pubblicizzata sulle più importanti testate di design come uno dei più significativi movimenti del Design Italiano).

lunedì 31 dicembre 2007

Ettore Sottsass


Milano: è morto Ettore Sottsass

Il noto architetto e designer si è spento per uno scompenso cardiaco seguito a un'influenza

MILANO - Il noto architetto e designer Ettore Sottsass è morto la mattina dell'ultimo dell'anno nella sua casa di via San Tomaso a Milano a causa di uno scompenso cardiaco sopraggiunto a un'influenza. Aveva compiuto 90 anni il 14 settembre scorso. Sottsass era nato a Innsbruck nel 1917.

Dopo aver studiato architettura al politecnico di Torino laureandosi nel 1939, inizia la sua attività a Milano nel 1947 dove apre il suo primo studio di design. Questo è campo nel quale opera, quasi esclusivamente, dal 1958. Proprio in quell'anno inizia la sua collaborazione con la Olivetti, che durerà circa 30 anni e per la quale progetterà diversi oggetti tra cui la calcolatrice Logos 27 (1963), le macchine da scrivere Praxis 48 (1964), Valentina (con Perry King) e il sistema per ufficio Synthesis (1973). Il progetto più importante è stato il computer Mainframe Elea 9003 (1959), grazie al quale vinse il Compasso D'Oro nel 1959.

Nel 1981 fonda il gruppo Memphis assieme a Hans Hollein, Arata Isozaki, Andrea Branzi, Michele de Lucchi ed altri architetti di livello internazionale. Artista di molteplici interessi, figlio d’arte, contamina la sua formazione accademica di architetto con esperienze dirette nel campo delle arti visive conoscendo vari artisti e stringendo amicizie come ad esempio con Luigi Spazzapan.

Si è avvalso, nel corso degli anni della sua importante carriera, della preziosa collaborazione di amici professionisti di sovente divenuti successivamente, loro stessi, nomi internazionalmente noti nel mondo del design e dell'architettura, tra essi Aldo Cibic, James Irvine, Matteo Thun.

mercoledì 4 luglio 2007