mercoledì 9 aprile 2008

l'altra casta

CGIL, CISL, UIL: L’ESERCITO DEGLI INTOCCABILI CHE CI COSTA QUASI 2 MILIARDI DI EURO
UN LIBRO-BOMBA METTE IL DITO SU UNA PIAGA PIÙ PURULENTA DI QUELLA DEI PARTITI
QUALE PARTITO PUÒ SPENDERE QUANTO LA CGIL: 50 MLN € PER UN CORTEO A ROMA?


Una casta all’ombra dei suoi consolidati privilegi s’aggira per l’Italia, aprendo e chiudendo trattative sulla pelle ormai lisa dei lavoratori, oltre che dei contribuenti. E nel paese bollito in sacche di spreco, gonfie di fatturati miliardari e bilanci segreti, mentre lo Stato paga i settecentomila delegati (sei volte di più dei Carabinieri), che a noi costano 1 miliardo e 845mila euro l’anno, esce un libro, ustionante come acido muriatico negli occhi della Triplice.

S’intitola «L’altra casta. Privilegi. Carriere. Stipendi. Fatturati da Multinazionale. L’inchiesta sul sindacato» (da domani in libreria, con lancio da strenna natalizia) il documentato volume Bompiani di Stefano Livadiotti, firma del settimanale «L’Espresso», che in 236 pagine (prezzo 15 euro) mette il dito su una piaga purulenta quanto quella dei partiti. Contrordine, compagni, dopo che Diliberto ha ceduto il proprio posto in lista a un operaio della Thyssen, intanto che il suo vecchio sodale Cossutta lo accusa di «plebeismo demagogico»?

Ma sì, è ora, è ora: potere a chi lavora. Sul serio, però, non come i membri dell’altra casta, quella sindacale, i cui permessi equivalgono a un milione di giorni lavorativi al mese, costando al nostro sistema 1 miliardo e 854 milioni di euro l’anno. E c’è da giurarci che il trio di sigle si arrabbierà parecchio leggendo l’impressionante dossier, proprio mentre cerca di sopravvivere a se stesso, magari sulle carcasse di Alitalia.

Lo strapotere delle tre grandi centrali confederali, Cgil, Cisl e Uil, è nell’occhio del ciclone da un ventennio, tanto che, in base ai sondaggi, un italiano su venti si sente pienamente rappresentato dalle sigle sindacali e meno di uno su dieci dichiara di averne fiducia. Difficile affidarsi ai sindacati, che promettono bilanci consolidati, salvo poi evitare di trasferirli nero su bianco.

Il radicale Daniele Capezzone
© Foto U.Pizzi

Ma in che modo l’altra casta è diventata intoccabile, quando anche i sassi sanno che se c’è un problema di costi della politica, esso riguarda pure il sindacato, teso a intimidire la collettività con la propria capacità di mobilitazione? «Il giro d’affari di Cgil, Cisl e Uil ammonta a 3.500 miliardi di vecchie lire e il nostro è un calcolo al ribasso», avvertiva nel 2002 il radicale Capezzone.
Se del Quirinale si sa che spende il quadruplo di Buckingham Palace, fare i conti in tasca all’altra casta, lardellata di un organico di 20mila dipendenti, è questione controversa, tanto diversificate risultano le sue fonti di guadagno. La slot machine più veloce coincide con le quote versate dagli iscritti: l’1 per cento della paga-base. E i pensionati? Fruttano circa 40 euro l’anno, che però fanno brodo, nel sostituto d’incasso complessivo: 1 miliardo l’anno.
All’erogazione di liquidità, poi, pensano le aziende, con le trattenute in busta paga ed ecco bypassato il costo dell’esazione. E i soliti pensionati, visto che anche la miseria è un’eredità? Provvedono gli enti di previdenza: nel 2006 l’Inps ha girato 110 milioni alla Cgil, 70 alla Cisl e 18 alla Uil. Eppure, nel 1995 Marco Pannella promosse un referendum per abolire l’automatismo della trattenuta in busta paga, regalino vintage (del 1970) dello Statuto dei lavoratori. Nonostante gli italiani abbiano votato a favore, il meccanismo fu salvato comunque dai contratti collettivi.

Quanto al rinnovo periodico della delega, per il cui tramite il pensionato autorizza l’ente previdenziale a trattenersi una quota sulla sua pensione, si è fatto in modo d’insabbiare l’emendamento al decreto Bersani (presentato da Fi), che rompeva le uova nel paniere sindacale. E siccome i pensionati sono poveri, ma tanti, è nei loro gruzzoli che si ficcano i Caf, quei centri di assistenza fiscale, trasformati in business per il sindacato. Gli enti previdenziali, infatti, pagano per le dichiarazioni dei redditi dei pensionati: nel 2006 l’Inps ha travasato ai 74 Caf convenzionati 120 milioni.

Il leader della Cgil Guglielmo Epifani con la moglie Giusy
© Foto U.Pizzi

Così Cgil, Cisl e Uil, unite, hanno incassato 90 milioni circa. Invano la Corte di giustizia europea, persuasa che il monopolio dei Caf violasse i trattati comunitari, tre anni fa mise in mora l’Italia, con qualche lettera di richiamo. Ma se i bramini dei Caf vanno sotto schiaffo, quelli dei patronati, le strutture d’assistenza ai cittadini per le pratiche previdenziali, la cassa-integrazione e i sussidi di disoccupazione, non si toccano. E si estendono dall’Africa al Nordamerica, per tacere dell’Australia, con conseguente sospetto che svolgano un ruolo attivo nel pilotare il voto degli italiani all’estero.



Nel 2006, l’Inps ha speso 248 milioni, 914mila e 211 euro tra Inca-Cgil, Inas-Cisl e Ital-Uil. Altro business in cui affondare le mani, è quello della formazione. Ogni anno, l’Europa manda in Italia 1 miliardo e mezzo di euro, per la formazione professionale. E 10 dei 14 enti, che annualmente si spartiscono metà dei finanziamenti nazionali, sono partecipati da Cgil, Cisl e Uil.

Ma la vera forza dell’altra casta viene dai beni immobili, patrimonio sterminato, tutto da dissotterrare, mentre la Cgil conta 3mila sedi in Italia, di proprietà delle strutture territoriali; la Cisl, 5mila e la Uil concentra gli investimenti sul mattone in una società per azioni, controllata al cento per cento dalla Labour Uil, con 35 milioni e 25mila euro di immobili in bilancio. Va da sé che gli inquilini Vip di tanto bendiddio abitativo sono loro, i vecchi mandarini con un piede nella jacuzzi ai Parioli a un altro sulla pista di Fiumicino.

2 – “SONO PIÙ RICCHI E POTENTI DEI PARLAMENTARI”…
Mariateresa Conti per “Il Giornale”


Stefano Livadiotti, leggere il suo libro inchiesta mette i brividi. Chi fa più danni, la casta della politica o quella dei sindacati?
«Beh, il sindacato danni ne ha fatti eccome, pensiamo a come è stata gestita la vicenda Alitalia. Voglio però precisare una cosa: il mio non è un libro contro il sindacato come istituzione ma contro la sua degenerazione, la sua incapacità di rappresentare gli interessi degli iscritti. Non è un caso che tutti i sondaggi, che io cito nel primo capitolo, mettano in evidenza proprio il rigetto della base».

Bonanni allo stadio Olimpico con la moglie
© Foto U.Pizzi

Quale delle due caste ha maggior peso?
«Quella del sindacato, non c’è dubbio, è più ricca e potente di quella della politica. Lo è per numeri - i delegati sono ben 700 mila - e anche per ricchezza. Quale partito può permettersi di spendere oltre 50 milioni di euro per portare in piazza i propri iscritti, come ha fatto la Cgil nel 2002 con il corteo a Roma in difesa dell’articolo 18?».

E per garantirsi i privilegi le due caste si aiutano...
«C’è un calcolo nel libro: i parlamentari che hanno alle spalle un’esperienza nel sindacato, se si mettessero insieme, sarebbero il terzo gruppo sia alla Camera sia al Senato. Ovvio che poi facciano quadrato per garantire i privilegi, come la mancanza di controlli».

Come è nato questo libro?
«Quasi per caso. Non sono un esperto di sindacato, ho curato l’estate scorsa l’inchiesta de L’Espresso e mi sono accostato a questo mondo».

È possibile scardinare questo sistema?
«Non credo, o comunque ci vorrà tempo. È un problema di mentalità che va cambiata».


Dagospia 08 Aprile 2008

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