giovedì 26 marzo 2009

JANE

LA DIANA DEI COATTI – FENOMENOLOGIA DI JADE GOODY - LA CONCORRETE DEL GF, MORTA DOMENICA DI TUMORE, ERA VOLGARE, RAZZISTA, UN “mostro con la faccia da maiale” - OGGI UN PAESE è IN LUTTO: FOLLE DI INGLESI PORTANO FIORI DAVANTI ALLA SUA PORTA DI CASA...

Francesca Paci per "La Stampa"

Arrivano due a due, depongono in terra un mazzetto di margherite, fotografano con il cellulare il cancello nero dietro cui la routine di casa Goody continua senza Jade. Negli ultimi tre giorni decine di persone sono state in pellegrinaggio a Upshire, nell'Essex, per l'ultimo saluto alla star del Grande Fratello morta di cancro domenica mattina.


Jade Goody

Marjiorie Loftus, pensionata londinese di 78 anni, ha lasciato un biglietto affisso al muro a mo' d'epitaffio: «Può darsi che non sapessi dove fosse l'East Anglia ma hai saputo trovare la strada per i nostri cuori».

D'informazioni, Jade Goody ne ignorava parecchie. Mai sentito parlare di Madre Teresa se non associata a mister Heinstein, mai sospettato che Liverpool avesse la stessa moneta di Londra, mai avuto dubbi sull'identità del noto pugile iracheno Saddam Hussein.

Eppure, la sua vita consumata in diretta con stile affatto british ha coinvolto profondamente il Regno Unito. Un lutto spontaneo, condiviso, nazional-popolare: milioni di occhi velati come 12 anni fa davanti all'abbazia di Westminster per i funerali di Lady D.

«Jade Goody è stata la principessa Diana dal lato sbagliato della carreggiata» ha scritto l'attore e romanziere Stephen Fry. L'icona del Paese operaio quanto l'altra lo era di quello aristocratrico, colto, raffinato. La prima completamente borderline, figlia di genitori tossici, coniugata a un teppista più spesso in prigione che a piede libero, specializzata in parolacce.


Lady Diana

La seconda nobile, cresciuta studiando galateo alle migliori scuole del Kent, sposata all'erede al trono d'Inghilterra e passata alla storia per l'eleganza che Jade Goody, sgraziata al limite della provocazione, non avrebbe mai neppure osato fantasticare.

A distanza di un decennio si trovano fianco a fianco nell'immaginario popolare, osmosi postmoderna tra cultura alta e bassa come teorizzato da Umberto Eco, il sogno regale di Buckingham Palace e l'incubo reale delle periferie inglesi dove il Grande Fratello è dover essere assoluto.

«Il caso Goody dimostra quanto la Gran Bretagna si sia trasformata nella più diseguale e immobile delle società» osserva l'editorialista dell'Independent Johann Hari. Jade l'ignorante, «il mostro con la faccia da maiale» come la definì la giornalista di Star Dominik Diamond, la signora nessuno incoronata dalla tv sarebbe, secondo Hari, l'indice dell'innato classismo britannico: «E' la conferma che le fasce più diseredate non stanno in basso per caso ma perché sono stupide e brutte».

Quando, durante il Big Boss indiano del 2006, Jade rivolse espressioni razziste all'attrice di Bollywood Shilpa Shetty, costringendo Downing Street a scusarsi con Nuova Dehli, un tabloid definì il confronto «Trash contro Class», spazzatura contro stile, la lotta di classe dell'era globale.

Nel bene e nel male, la meteora della 27enne Jade Goody racconta la Gran Bretagna 2009, un Paese ondivago che nel paniere dell'inflazione sostituisce una bottiglia di rosé al rozzo cartone di vino ma cancella la seconda guerra mondiale dal programma delle scuole primarie a vantaggio dello studio di Facebook e Wikipedia. Cantanti rock adolescenti e baby gang. Patria dell'autorevole quotidiano economico Financial Times e il miglior mercato dei tabloid di pettegolezzi stile Sun.

«Non ho mai visto nessuno stare davanti alla telecamera come lei, con la forza di saper cogliere le opportunità» dice il produttore del Grande Fratello Phil Edgar-Jones. Una faccia che sarebbe piaciuta a Wharol, celebre la durata di un flash, vissuta solo sotto i riflettori come il protagonista del film The Truman Show.

Aveva cominicato per necessità, racconta Jade Goody in una delle due autobiografie, «Catch a Falling Star», quella che il regista Nick Love si accinge a portare sul grande schermo. La madre drogata, l'affitto arretrato di 3000 sterline (3200 euro): avrebbe potuto vendere giornali e li ha fatti vendere per anni. Nel 2002, quando fu eliminata dal Grande Fratello che l'aveva lanciata, la psicologa Cynthia McVey temette potesse crollare per gli insulti ricevuti.

Invece, la sua prima intervista sbancò le edicole: 650 mila copie, preludio alla nascita di un brand che, complice il guru del marketing Max Clifford, le avrebbe reso in 5 anni 8 milioni di sterline (8,5 milioni di euro), due saloni di bellezza, tre libri, il profumo «Shh... Jade Goody» invidiato dalle rivali Victoria Beckham e Kylie Minogue.

«Ho fatto tutto questo per i miei bambini» ha ripetuto fino all'ultimo Jade, morente, ai microfoni di Living Tv, lo speciale in due puntate girato nel Royal Marsden Hospital dove faceva chemioterapia. Un impegno che lunedì mattina, alla notizia della sua morte, le è stato riconosciuto perfino dal premier britannico Gordon Brown: «La nazione saluta Jade Goody, ammirata per la determinazione con cui ha saputo provvedere ai suoi figli».

E non conta che l'abbia fatto vendendo i diritti della sua ambizione, della frustrazione sociale, del matrimonio, della malattia, della morte. I piccoli Bobby e Freddy, di 5 e 4 anni, avranno un'eredità da milioni di sterline, le royalties di libri e film, il futuro che la madre non aveva avuto.

E' questo forse il segreto dell'«isteria collettiva» che disturba tanto lo psicologo Oliver James, preoccupato del trasfert di un'intera nazione «partecipe della scomparsa di una ragazza con cui nessuno ha mai parlato direttamente». La catarsi nazional-popolare di Lady Diana, donna e mamma infelice al pari del suo doppio «operaio», redenta da una morte fulminea come il successo di un reality show.

«Il maiale è diventato un agnello sacrificale, con la sua sofferenza Jade Goody ha permesso alla gente di piangere simbolicamente per qualcosa che non conosceva» ha scritto Stuart Jeffries nel coccodrillo del Guardian. Il bacio delle fiabe capace di trasformare un ranocchio in principe.

[26-03-2009]

venerdì 20 marzo 2009

I TRUCCHI DI DAVE!

TUTTI I TRUCCHI DI DAVE – ALESSANDRA MENZANI DI “LIBERO” PASSA UN GIORNO DIETRO LE QUINTE DELLO SHOW DI LETTERMAN: IL PUBBLICO GASATO PRIMA DELL’ARRIVO DELLA STAR, GUAI AI MOSCI – SALA GELATA PER SCALDARE GLI ANIMI E (VUOLE LA LEGGENDA) 52 AUTORI…

Alessandra Menzani per "Libero"


John McCain da David Letterman

Tutti lo copiano, nessuno ce la fa. In Italia ci ha provato chiunque, più o meno esplicitamente. Daniele Luttazzi con "Satyricon", Fabio Fazio, Gene Gnocchi, Victoria Cabello, Daria Bignardi. Per non parlare di Piero Chiambretti. Lui è quello che si è avvicinato di più al "modello" Letterman, anche se oggi prende le distanze e anzi dichiara che, ormai, David è passato come il Bologna ed è molto più "fico" John Stewart. Mah.

Fatto sta che il "Late Show", lo storico programma di seconda serata della Cbs, quello con lo sfondo di New York illuminata di notte, è il programma tv più famoso del mondo, quello che ha creato personaggi, tendenze, modello di ogni intrattenitore del globo, dal rivale Jay Leno (Jay è punto di riferimento dei repubblicani, David dei democratici) ai conduttori delle tv locali.


David Letterman

Da Letterman, Demi Moore si è esibita nel famosissimo spogliarello con le carte (copiato, con citazione, dallo stesso Chiambretti), Madonna nel '94 è stata praticamente cacciata a pedate nel sedere perché non accennava ad andarsene; all'attore Joaquim Phoenix, in studio mezzo ubriaco e in stato confusionale, Letterman ha detto: «Mi dispiace che tu non sia potuto essere qui stasera». In Italia solo una tv lo manda in onda: Rai Sat Extra, ogni giorno da dieci anni alle 23 circa sul canale 121 di Sky.

Siamo andati a New York, all'Ed Sullivan Theatre di Broadway, set del "Late Show with David Letterman", a scoprire i segreti del programma più amato d'America, giunto al 27esimo anno di vita (prima era sulla Nbc). Il primo, vero segreto di David è il pubblico in studio. Nascosti nella platea, abbiamo capito perché Letterman è Letterman. Di solito il pubblico, prima della registrazione o di una diretta, viene "scaldato" da un intrattenitore. Qui la parola "scaldare" è riduttiva.

Viene fatto una specie di lavaggio del cervello, in senso buono però. «Non importa se avete problemi di lavoro, con i figli, se fuori nevica o piove», urla un ragazzetto brillante alla gente prima dell'ingresso in sala, «ora passerete l'ora più bella della vostra giornata e dovete divertirvi. Siete allo show di David Letterman. E non lo guarderete in mutande davanti alla tv, siete qui, in studio, siete dei privilegiati!».

David Letterman con figlio

A David bisogna dare energia, perché «come Popeye e voi siete gli spinaci, una volta c'era un tipo moscio in prima fila e Letterman si è chiuso in camerino furibondo». Il tizio brillante fa anche una sorta di "prova" per vedere la reazione alle battute che in studio farà il conduttore. E poi ordina alla gente: «Se volete andare a fare la pipì, ora o mai più».A questo punto il pubblico entra in sala. Cittadini di Manhattan e famiglie intere dall'Ohio. Come ci aspettavamo, la temperatura si avvicina al freddo polare. Pare sia fatto apposta per invogliare la gente a scaldarsi agitandosi e applaudendo le mani con più entusiasmo. Così vuole la leggenda popolare. Altro mito: David avrebbe a disposizione un numero record di 52 autori, che ogni mattina gli preparano le battute e lui dice: «Questa sì, questa no».

Comunque sia. Dopo il ragazzotto "incitatore", pochi minuti prima della diretta sale un signore sul palco mentre la lucidatrice fa brillare il pavimento blu della sala. Questo signore, pure lui, ha il compito di fomentare il pubblico. «Coraggio, divertitevi, Letterman sta arrivando», come se ci fosse ancora bisogno di surriscaldare gli animi.


David Letterman

E poi, eccolo, arriva lui, calza bianca, giacca, cravatta e i soliti occhiali. Se in quel momento fosse entrato Brad Pitt o Obama la gente li avrebbe accolti con meno entusiasmo. L'anchorman carica di nuovo il pubblico, scherza con un tizio venuto dal South Carolina (ma chi è quella vicino a te, l'amante?) e poi va in onda. Parte con il consueto monologo. Scopriamo che legge il gobbo. Ma un gobbo molto più "intelligente" rispetto ai nostri, piazzati talmente lontano dalle telecamere da far sembrare strabici i conduttori che lo usano.

Questo mini gobbo è sistemato a mezzo centimetro dal monitor, che a sua volta è vicinissimo a Letterman. «Amy Winehouse è stata arrestata perché ha picchiato una fan. Consiglio a Amy: la prima che dovrebbe picchiare è la sua parrucchiera», e poi battute su Pitt-Jolie, Bush, Clinton, Alex Rodriguez e Madonna. Pezzo cult della trasmissione è la band fatta di sessantenni, capitanata dal pelato Paul Shaffer, spalla del conduttore dal 1982.

La scelta degli ospiti, quelli non famosissimi, è geniale. Da lui va gente assurda che fa sedere sui divanetti di legno, antichissimi, modello Mercatone Uno, mitologici. C'è il famoso dietologo e David pensa bene di prendere un tipo grasso dal pubblico, tale George, di pesarlo e di far promettere al medico di alleggerirlo di una 20 chili; c'è il comico emergente inglese Russel Brand, noto per aver portato in diretta su Mtv il suo spacciatore e per essersi vestito il 12 settembre 2001, sempre su Mtv, da Osama Bin Laden, gesto che gli costò l'immediato licenziamento; c'è lo zoologo che porta in studio cuccioli di tigre, piccoli esemplari jene e una tartaruga dal collo lunghissimo.

Sarà anche più "fico" John Stewart, ma Letterman ha sempre un gran fascino. Anche se ieri si dice non fosse di ottimo umore: il rivale Jay Leno aveva ospite il "suo" Obama. Uno smacco per il democratico David. Ma pazienza, Letterman ha il ciccione George...

[20-03-2009]

sabato 14 marzo 2009

New Dylan Album Coming Soon!


MOJO
New Dylan Album: Our First Listen!
3:37 PM GMT 12/03/2009

YESTERDAY, MOJO HEARD seven of what may turn out to be ten or eleven Bob Dylan originals to be released by Columbia Records in April, possibly the week of the 27th in the U.S. and Europe. The album is not yet titled and final track selection, sequence and artwork are still being finalized. Sources confirm what many have already heard: French filmmaker Olivier Dahan, who directed La Vie En Rose, the blood-on-the-tracks biopic of Edith Piaf, asked Dylan to contribute something to My Own Love Song, a road movie starring Forest Whitaker and Renee Zellweger about a wheelchaired singer and pal who travel cross-country to Memphis. Bob offered up Life Is Hard, a gorgeous ballad with a descending melody line that is reminiscent of the Bing Crosbyish, early 20th Century pop that Bob displayed on both "Love And Theft" and Modern Times.

Although the facts remain a mystery, evidently Dylan had more to say, more to write, or simply had accumulated enough songs for a new album. It took him four years to follow 1997's Time Out Of Mind with 2001's "Love And Theft", and five twixt Love... and '06's Modern Times, so no-one expected a new one so quickly. Details are sketchy about precise recording dates and personnel but sources say that Jack Frost (Dylan's nom de studio) produced and the line-up features Bob on guitar and keys as well as his road band and David Hidalgo from Los Lobos on accordion. Other possible contributors have been floated but have not been confirmed.

Your correspondent first heard of the possible existence of an album of new material on Dylan encyclopaedist Michael Gray's blog on January 22. The rumour quickly made the rounds of Bobsites, forcing sceptics to point to the alleged April release date as proof that this was an April Fool's joke. As recently as March 10, one naysayer posted on the New Yorker website that guesswork about the album's title was "the strongest evidence there won't be an album." After checking with a friend of Bob's who confirmed the rumour, arrangements were made with the appropriate gatekeepers. Drugged, blindfolded, and forced to switch transportation periodically, I awoke on a tropical island in a bamboo hut, sparsely outfitted with a lone stereo. Here's what I heard:

1) Beyond Here Lies Nothin' - A minor chord mid-tempo rocker. Like all the tracks and like Bob's last two albums, it's got a big, full, raucous, rocking sound, making the case that Jack Frost is indeed Bob Dylan's finest producer since the '60s and '70s. Likewise, his voice packs a punch; not the thin, reedy instrument that occasionally detracts during live sets. He's enunciating the lyrics with a fire and intensity we didn't hear on Modern Times. Hidalgo's soulful squeezebox is omnipresent here - and everywhere else.

2) Life Is Hard - The song that possibly buzzed his muse and encouraged him to write the others. "I need strength to fight that world outside," and "I'm on my guard / Admitting life is hard / Without you baby" are lines that leapt out in a paean to the notion that two are better equipped to weather tragedy than one. A forlorn twinkling mandolin and mournful pedal steel accentuate the deep blue lyrics.

3) My Wife's Hometown - Chicago blues has always been a huge influence on Dylan. From Bringing It All Back Home up through his most recent work, the ghosts of Chess Studios lurk inside the man from Minnesota. This one's reminiscent of Muddy Waters' I Love The Life I Live, I Live The Life I Love. Job loss is referenced (a topical theme, you may have heard), but Bob's black humour is in cheeky abundance: "I just want to say that hell's my wife's hometown" and "I'm pretty sure she'll make me kill someone," Bob sings and then laughs demonically at the end. Man, he's enjoying himself.

4) Forgetful Heart - Lots of tunes in minor keys on this record, including this one. A neat banjo barely audible in the mix and one of The Master's best lines ever: "The door is closed for evermore / If indeed there ever was a door."

5) Shake Shake Mama - More Chi-town chugga-lugga. Some artists retreat to servile reasonableness and bourgeois banality as they get older. Not Bob. He got Las Vegas out of his system at Budokan. "I'm motherless / I'm fatherless / Almost friendless too," he growls and you believe him.

6) I Feel A Change Coming On - Like Spirit On the Water from Modern Times, this one possesses a blithe jaunt and gorgeous melody. As in all his recent work, there are intimations of mortality ("And the last part of the day is already gone") but there's a devil-may-care wistfulness and a frisky sexuality in both lyrics and phrasing. Best lines: "I'm listening to Billy Joe Shaver / I'm reading James Joyce / Some people they tell me / I've got the blood of the land in my voice."

7) It's All Good - Propelled by a John Lee Hooker boogie rhythm with a stinging slide guitar, here's Dylan taking on human woes: social, political, personal. He itemizes crimes ranging from "politicians tellin' lies" to environmental illness ("a teacup of water is enough to drown"), urban degradation, murder and adultery and sarcastically and scathingly responds to each in the chorus with that hideous New Age cliché referenced in the title. More proof that Bob never really stopped writing "protest songs".

Other song titles that I didn't hear but have been mentioned elsewhere include If You Ever Go To Houston and This Dream Of You. Yet what I heard offered ample proof of an artist steeped in the past but thoroughly living in the present, cognizant of everything, not afraid to point fingers or laugh at fools or fall in love.

It's a powerful personal work by a man who still thinks for himself in an era of fear, conformity, and dehumanization. That it rocks mightily makes the message even more compelling. Whatever the hell it gets called, it'll be in the running for Best Album Of 2009.

Michael Simmons

SLICE OF AN INTERVIEW WITH BOB DYLAN ABOUT THE FORTHCOMING ALBUM
A lot of this album feels like a Chess record from the fifties. Did you have that sound in your head going in or did it come up as you played?
Well some of the things do have that feel. It’s mostly in the way the instruments were played.
You like that sound?
Oh yeah, very much so. . . the old Chess records, the Sun records. . . I think that’s my favorite sound for a record.
What do you like about that sound?
I like the mood of those records - the intensity. The sound is uncluttered. There’s power and suspense. The whole vibration feels like it could be coming from inside your mind. It’s alive. It’s right there. Kind of sticks in your head like a toothache
Do you think the Chess brothers knew what they were doing?
Oh sure, how could they not? I don’t think they thought they were making history though.
Did you ever meet Howlin’ Wolf? Muddy Waters?
I saw Wolf perform a few times but never met him. Muddy I knew a little bit.
I suspect that a lot of men will identify with MY WIFE’S HOME TOWN. Do you ever get in hot water with your in-laws over your songs?
No not really. The only person it could matter to gets a kick out of it. That song is meant as a compliment anyhow.
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domenica 8 marzo 2009

PROMO STRATEGIA

A SORPRESA SU SKY MIKE FA SPOT PER FIORELLO, SENZA CHIEDERE IL PERMESSO A PIERSILVIO – IL RIFIUTO DI SIPRA (RAI) E PUBLITALIA (MEDIASET) DI MANDARE IN ONDA GLI SPOT - DUE SERE FA FIORE A ‘BLOB’ HA RECITATO LA PARTE DEL MARTIRE DEL BERLUSCONISMO…

Aldo Grasso per il Corriere della Sera

Nella storia della tv italiana è il primo caso di «guerrilla marketing», di promo non convenzionale, di utilizzo creativo a spese della concorrenza. Ieri sera, prima del derby Toro-Juve, Mike Bongiorno, il presentatore per antonomasia di Rai e Mediaset, ha lanciato il nuovo programma di Fiorello su Sky. Senza chiedere permesso a Berlusconi.
E due sere prima Fiorello si era presentato davanti alle telecamere di «Blob» recitando la parte del povero emarginato.

«Grazie di essere venuti - aveva detto -. Io proprio non sapevo a chi rivolgermi, mi stanno facendo terra bruciata. Mi rivolgo a voi amici di Blob perché faccio un programma televisivo, sapete che va sul decoder, su Sky... Mi hanno lasciato solo... Berlusconi me l'aveva detto, "non andare a Sky, vai a Sky, pagherai". Sto pagando perché nessuno vuole fare pubblicità per questo spettacolo».

La Rai gli ha così regalato un promo, «a gratis», con ampio riscontro mediatico. Non solo: in cambio di un'«intervista esclusiva» a Valerio Staffelli (il tapiroforo di «Striscia la notizia»), Fiorello ha ottenuto la copertina di Tv Sorrisi e canzoni della Mondadori. E grazie a una efficace pubblicità negli stadi, il lancio del suo nuovo programma è apparso di rimbalzo su tutte le reti che si sono occupate di calcio.

Che tutta questa azione non sia frutto del caso, lo dimostra l'innovativa e spiritosa campagna di lancio che da ieri è «on air» sulle reti Sky: un'attività di «guerrilla promo », che prevede una serie di incursioni di Fiorello in spazi informali ed esclusivi della piattaforma Sky (promo, ovviamente, ma anche scorrerie nel mosaico di SkyTg24, sull'epg, addirittura al call center, con un saluto agli abbonati). Davvero un ottimo lavoro.

A rendere ancora più appassionante il caso, c'è da registrare il rifiuto di Sipra (Rai) e Publitalia (Mediaset) di mandare in onda gli spot Sky del nuovo programma di Fiorello. «Non abbiamo ritenuto di prenderli in considerazione »; «Non si favorisce la concorrenza», questo il tono delle risposte.
In effetti è vero: non si è mai vista pubblicità a pagamento di programmi Rai su Mediaset e viceversa.

Ma è anche vero il contrario: spesso si vedono artisti Rai essere ospitati su reti Mediaset per lanciare qualche loro programma con ovvia e naturale restituzione del favore. Succede addirittura coi giornalisti ed è un cerimonia stucchevole, priva di ogni orgoglio aziendale.
E tutti i giornali non hanno scritto che quest'anno il Festival di Sanremo è stato il trionfo dell'abbraccio Rai-Mediaset, tanto da parlare di Raiset? Qualche maligno vede persino nella chiamata di Marco Baldini alla «Fattoria» (si parla di un cachet profumato e, forse, di un futuro programma) il tentativo di rompere la coppia Fiorello- Baldini, tanto per azzoppare l'anitra che ha osato tradire la tv generalista.
Fiorello e Marco Baldini

Dietro alle scaramucce del caso Fiorello si nasconde infatti una guerra ben più sostanziosa, giocata su piani diversi.
Non è solo lo scontro epocale fra tv generalista (Rai e Mediaset) e pay tv (Sky) avente per bottino la fetta più grossa della torta pubblicitaria (di questi tempi, poi) ma è anche uno scontro all'ultimo abbonato fra piattaforme diverse: da una parte il digitale terrestre (la cui rete distributiva è di proprietà di Rai e Mediaset), dall'altro il satellite.

Questa storia di «guerrilla marketing» è, a saperla leggere, un segno di buona salute. Noi parteggiamo solo per la buona tv e solo lo scontro duro, la vera concorrenza, il bisogno di sopravvivere generano buona tv. Bisogna guardare al futuro, non vivere di ricordi.
Ieri mattina, sulla prima pagina del Giornale, c'era un invito a Mike (vecchio sodale di Fiorello negli spot Infostrada) perché tirasse le orecchie al discolo e gli insegnasse come si deve stare al mondo. A sera, prima di Toro-Juve, c'è stata l'irriverente risposta.

giovedì 5 marzo 2009

LA CRISI DELLA CARTA STAMPATA

LA MONTAGNA INCARTATA – I GIORNALI USA SPROFONDANO, UNO SU DIECI SPARIRA', 20 MILA PERSONE HANNO GIà PERSO IL POSTO - “IL MODELLO DI BUSINESS DEVE CAMBIARE” – L’UNICO CHE RESISTE è MURDOCH – IL ‘NYT’ SPARA CONTRO IL SUO AZIONISTA SLIM…

Vittorio Sabadin per "La Stampa"

Nell'aprile del 1859 un carro trainato da buoi si era fatto largo tra i cavalli dei cow-boy e dei cercatori d'oro che affollavano le polverose strade di Denver. Aveva trasportato per mille chilometri da Omah, nel Nebraska, una macchina da stampa usata che nel giro di pochi giorni avrebbe impresso la prima copia di uno dei più antichi quotidiani americani, il Rocky Mountain News.


Rupert Murdoch

Cento anni dopo, venerdì scorso, il giornale ha dedicato l'intera prima pagina all'ultimo scoop: la notizia della sua chiusura. La scomparsa di un quotidiano diventato famoso per avere vinto numerosi premi Pulitzer e per la qualità del suo reporting ha scosso in modo particolare i già disorientati giornalisti americani.

Da mesi vanno a dormire pensando che la mattina dopo potrebbe essere quella in cui riceveranno una e-mail di licenziamento a causa dei drastici piani di ristrutturazione attuati dagli editori, e vedere scomparire da un giorno all'altro un giornale centenario, dopo che per mesi nessuno si era fatto avanti per acquistarlo, ha fatto capire a tutti che la crisi della carta stampata è molto seria e che quando sarà finita niente sarà più come prima.

Quello del Rocky Mountain è stato finora il caso più eclatante e discusso, ma decine di altri giornali meno famosi sono stati costretti a chiudere negli ultimi mesi. Il leggendario San Francisco Chronicle si appresta a fare la stessa fine e più di 30 quotidiani, tra i quali testate prestigiose come il Philadelphia Inquirer, il Philadelphia Daily News, il Chicago Tribune, il Los Angeles Times e lo Star Tribune di Minneapolis sono ricorsi all'amministrazione controllata per evitare il fallimento.


Whasington Post

Gli esperti di editoria hanno previsto che nel corso di quest'anno sparirà un giornale su dieci e che molte città americane resteranno, per la prima volta dalla fondazione degli Stati Uniti, senza un loro quotidiano.

La crisi economica che ha colpito il paese sembra voler assestare il colpo definitivo a una industria da tempo in difficoltà a causa della concorrenza di Internet, del calo dei lettori e della progressiva riduzione del fatturato pubblicitario. Quello che si credeva sarebbe accaduto nel giro di qualche anno sta accadendo in pochi mesi, con una accelerazione che preoccupa gli editori e i giornalisti di tutto il mondo.

Un anno fa una azione del New York Times valeva più di 50 dollari, ora vale meno dei 4 dollari che il lettore paga per una singola copia dell'edizione domenicale del giornale. Dal 2000 al 2007 la tiratura complessiva dei quotidiani è scesa di 5 milioni di copie e nell'ultimo trimestre del 2008 la raccolta pubblicitaria è diminuita di circa il 20%.

«I ricorsi all'amministrazione controllata - ha detto John Penn, un avvocato esperto in fallimenti che segue alcuni giornali in difficoltà - sono come i canarini nelle miniere: ci avvertono che il modello di business deve cambiare, perché quello vecchio non funziona più».

E quando si tratta di cambiare, gli americani non ci pensano mai troppo a lungo: già 20.000 persone che lavoravano nei giornali hanno perso il posto e migliaia di altre le seguiranno; il numero di pagine e di edizioni è stato ridotto da quasi tutte le testate; supplementi storici come quello letterario del Washington Post sono stati aboliti; le organizzazioni del lavoro sono state riviste per fare le stesse cose di prima con meno addetti; i giornalisti sono stati obbligati a lavorare contemporaneamente per la carta stampata e per il sito Web del giornale, dal quale si spera arriveranno in futuro i soldi.


4 Marzo 09 Prima Pagina
New York Times

I proprietari cercano di rimediare in questo modo agli errori commessi ai tempi del credito facile e della bolla del mercato pubblicitario, quando si avventurarono in acquisizioni molto costose e non sempre sensate.

I guai del New York Times, che l'anno scorso ha perso 57,8 milioni di dollari, non sono tanto dovuti al calo delle copie e delle inserzioni, ma dall'incauto acquisto del Boston Globe e della squadra di baseball dei Red Sox.

Lo stesso vale per il gruppo Tribune, entrato in serie difficoltà dopo essere finito, con un'altra squadra di baseball, quella dei Chicago Cubs tanto cari ad Obama, nelle mani dell'immobiliarista Sam Zell. I magri introiti dei giornali non sono più in grado di rimborsare i debiti contratti con le banche e il conto da pagare viene passato ai giornalisti, alla qualità del prodotto e, alla fine, ai lettori.

Molti si domandano quali saranno le conseguenze di questa crisi, anche per la difesa dei principi democratici alla quale i giornali hanno storicamente contribuito. In una città senza un libero quotidiano, chi controllerà l'operato del sindaco? Chi verificherà che la polizia non commetta abusi? Chi si occuperà di controllare come vengono spesi i soldi dei contribuenti?

In Europa la crisi non è ancora così grave, ma è comunque preoccupante. Già si fanno avanti nuovi improbabili compratori, pronti a rilevare imprese agonizzanti come quella dello storico Evening Standard di Londra, acquistata da una ex spia del Kgb sovietico, Alexander Lebedev.

Giornali di straordinaria qualità, come il Financial Times, hanno deciso di resistere: questa estate adotterà la settimana lavorativa di tre giorni, riducendo lo stipendio ai giornalisti, pur di evitare altri licenziamenti.

Anche Rupert Murdoch, del cui impero fanno parte il Times a Londra e il Wall Street Journal a New York, sembra voler resistere, nonostante le quotazioni del suo gruppo abbiano perso il 60% del loro valore in un anno.

Qualche giorno fa ha inviato una lettera ai dipendenti: «I nostri concorrenti saranno tentati di seguire la via più facile, riducendo la qualità in cerca di immediati dividendi. Voglio essere molto chiaro su un punto: mentre gli altri verranno meno al loro patto con i lettori, noi rinnoveremo il nostro».

I giornalisti e gli editori che combattono per garantire un futuro di qualità alla carta stampata, hanno da qualche giorno un loro eroe, celebrato con una intera pagina da Le Monde. Si chiama Marc Lacey, ed è il corrispondente dal Messico del New York Times.

Lacey ha pubblicato un profilo del miliardario messicano Carlos Slim, nello stile obiettivo della testata, senza risparmiargli le critiche che meritava ed elencando tutti i dubbi che stanno dietro alla costruzione della sua fortuna. Slim non è un ricco qualsiasi: spendendo 250 milioni di dollari è diventato qualche mese fa il secondo azionista proprio dell'agonizzante New York Times e potrebbe presto diventarne il primo.

Nella trincea del grattacielo di Renzo Piano che il giornale è già stato costretto a vendere, i giornalisti come Marc Lacey resistono, senza trattamenti di favore per nessuno e senza pensare che la situazione economica del giornale possa compromettere l'indipendenza della redazione. Quando verrà meno anche questo principio, sarà davvero finita.

domenica 1 marzo 2009