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lunedì 24 gennaio 2011

SPERIMENTARE LA TV? IN ITALIA È IMPOSSIBILE

In onda il disastro dei «numeri zero»

l’ultima decapitazione è avvenuta la scorsa settimana, con «Perfetti innamorati» di Raiuno

A FIL DI RETE
In onda il disastro dei «numeri zero»
l’ultima decapitazione è avvenuta la scorsa settimana, con «Perfetti innamorati» di Raiuno
I «piloti» sono in coma, ma i «classici» non stanno tanto bene. A giudicare dai dati, la «stagione dei numeri zero», ovvero dei programmi d’intrattenimento inediti «sperimentati» fuori dal «periodo di garanzia », ha dato esiti pressoché disastrosi. Non s’è salvato praticamente nulla: l’ultima decapitazione è avvenuta la scorsa settimana, con «Perfetti innamorati» di Raiuno, che ha fatto scivolare la rete all’11% di share (per un ascolto medio di 2.927.000 spettatori).
Barbara d'Urso con Aldo Busi (archivio Corriere)
Barbara d'Urso con Aldo Busi (archivio Corriere)
Ma non hanno fatto molto meglio Milly Carlucci di «24mila voci»,
col 15,2% di share (2.807.000 spettatori in due puntate), o «Il pubblico da casa», super-flop da 9,5% di share (2.342.000 spettatori). Ha avuto i suoi problemi anche Canale 5, con «Stasera che sera» di Barbara d’Urso (12,2% di share, 2.343.000 spettatori) e con «Let’s dance» (12,6% di share, 3 milioni di spettatori). Raidue ha sperimentato «Solo per amore» di Monica Setta, che non è andato oltre 7% di share (1.777.000 spettatori). Sono esempi che mostrano l’accezione tutta italiana del termine «sperimentare »: se in altri Paesi (come gli Usa) a sperimentare s’intercetta un pubblico raffinato e attento alle novità, qui la «sperimentazione» finisce col raccogliere l’audience più residuale, quella che non si sposta dal teleschermo nemmeno con le cannonate (basti analizzare i target di «Perfetti innamorati », ultra65enni con bassi livelli d’istruzione). Se anche i classici, come «Amici», sono in difficoltà, bisogna tirare due somme: primo, il pubblico, sempre più smaliziato, s’annoia sulla generalista e si sposta sui «nuovi» canali (premiati Rai4, Iris, Real Time, i canali cinema di Sky); secondo, una grande crisi di idee e creatività pare investire il Paese, a cominciare dal modo in cui pensa di distrarsi. In collaborazione con Massimo Scaglioni, elaborazione Geca Italia su dati Auditel.
Aldo Grasso

martedì 21 dicembre 2010

ALDISSIMO SULLO SPOT HORRIBILIS DELLA ARCURI

Lo spot super kitsch della Arcuri capolavoro di promozione libraria

Un piccolo diamante di coatteria, così brutto da sfiorare il sublime
Quello che frettolosamente la Rete ha sanzionato come il più brutto spot dell'anno rischia di diventare un oggetto di culto, la più straordinaria parodia della promozione libraria in tv. Altro che i libri sponsorizzati con pretenziosità da Fabio Fazio o da Corrado Augias o da Serena Dandini! Qui ci troviamo di fronte a un piccolo diamante di coatteria, così brutto da sfiorare il sublime. Per uno di quei paradossi che spesso striano il mondo della comunicazione, lo «scarto» culturale si eleva a canone, esattamente come quando Andy Warhol sosteneva che «la cosa più bella di Firenze è McDonald».

Da alcuni giorni, sulle reti Rai va in onda uno spot in cui Manuela Arcuri promuove l'ultimo libro di Alfonso Luigi Marra, Il labirinto femminile. Da tempo Marra usa una sorta di pubblicità «selvaggia» per lanciare le sue fatiche letterarie (pare che La storia di Giovanni e Margherita sia fonte unica di comicità involontaria), ma qui si è superato. L'attrice, senza mai battere ciglio, svegliata da un sonno catatonico dallo squillo di un cellulare, racconta la trama del libro e ne consiglia la lettura soprattutto perché è «un'opera per liberare la coppia e la società dallo strategismo sentimentale che le tormenta e ha enormemente rallentato il cammino della civiltà». E alla fine, proprio come i «promotori culturali» più affermati, ne consiglia l'acquisto.
Ci troviamo di fronte a un capolavoro assoluto e impossibile di bellezza e inespressività, un esempio involontario di kitsch, di camp e di trash, un brutto non intenzionale ma che poggia sul candore con cui è stato messo in opera l'artificio (sta poi alla malizia di ognuno capovolgerlo nel suo opposto). Per questo Marra (avvocato calabrese con la passione per la scrittura, già parlamentare europeo, eletto con Forza Italia nel 1994) ha deciso di intervenire in difesa del suo spot: «A coloro che, in questa cultura degli orifizi e delle strullate, si sperticano a definire lo spot di Arcuri il più brutto possibile, si può solo rispondere che la gelosia è il più umano dei sentimenti». Il cammino della nostra civiltà passa anche per «la cultura degli orifizi».

domenica 19 dicembre 2010

ALDISSIMO!

Aldo Grasso per il Corriere della Sera
© photo Giovanni Caviezel 4 Dollswhip
Le cose che non capisco. Non capisco come Paolo Bonolis, quello di «Ciao Darwin» e di «Chi ha incastrato Peter Pan?» , possa andare in un'università a dire che certa tv ha contribuito a corrompere il nostro Paese. Lui dov'era? Ma, ancora di più, non capisco come il pubblico degli studenti- un incontro promosso da Sinistra universitaria alla Statale di Milano- scenda in piazza a protestare contro la Gelmini e, intanto, si beva gli alibi di Bonolis.
Non capisco come il nostro Paese possa avere un futuro, dopo aver assistito alle performance radiofoniche dell'onorevole Domenico Scilipoti («Un giorno da pecora» ) e a quelle televisive del ministro Ignazio La Russa e dell'onorevole Antonio Di Pietro («Annozero» ). Uno dice: ma è spettacolo! Sì, ma poi basta un po' di neve per spezzare la penisola in due. È spettacolo anche quello.
Non capisco come Gad Lerner, dopo averci propinato noiosissime trasmissioni sul corpo delle donne e contro il velinismo di «Striscia» , possa prendersela con Caterina Soffici (una brava giornalista culturale) per aver scritto: «Sono entrata in un negozio perché avevo bisogno di una chiavetta. Dietro al commesso ho visto Belén sdraiata che mi ammiccava e ho deciso di uscire e comprare la chiavetta dalla concorrenza» .Non capisco come Gerry Scotti, dopo aver accettato (immagino non per beneficenza) di condurre tre o quattro programmi, di dirigere una radio, di fare il testimonial per più ditte, possa lamentarsi di essere sfruttato da Mediaset. Ha persino confessato di essere ricorso alle vie legali per mettere un freno a questa sovraesposizione. Naturalmente la confessione è avvenuta durante la presentazione alla stampa di un suo nuovo programma, «Paperissima» .

 Non capisco come Benedetta Parodi («Cotto e mangiato » ) possa aver scritto un libro. Non mi sorprende però che sia il primo nelle classifiche dei libri più venduti. Di cosa ci lamentiamo, in Italia?

sabato 10 aprile 2010

IL DOPO - BUSI SULL'ISOLA: CALMA PIATTA

L'Isola, maledizione del linguaggio

Dopo l'abbandono di Aldo Busi, L’isola dei famosi sta per essere inghiottita dal mare, colpita da un’antica maledizione: i suoi abitanti non riescono più a comunicare. Non hanno lingua, non hanno pensiero, non hanno scrittura. Comunicano con lo studio centrale (dove una bella signora continua a ripetere «ecco», «diciamo», «insomma ») con urla, borborigmi, frasi sconnesse. Non riescono nemmeno a ripetere may-day, may-day.

Intanto (Sandra Milo permettendo), sull’isola non c’è più ombra di un famoso, sono tutti illustri sconosciuti che credono di vivere l’esperienza della vita, non sapendo però… Non sanno che, dal punto di vista linguistico, il buco nero della tv italiana si chiama Uomini e donne di Maria De Filippi. È il punto più basso mai raggiunto, un gorgo, una «discesa nel Maelström» che evidentemente procura un perverso piacere se, quest’anno, sia il Grande Fratello che L’isola dei famosi sono caduti in questo mortale risucchio.

L’isola dei famosi è terreno di esperimenti. Ho provato a seguirla anche su uno smartphone, per capire gli effetti della snack tv. Un’applicazione mi ha permesso di vedere un’antologia del programma. Ebbene, mi sono trovato di fronte a un problema teorico di non facile soluzione: lo standard linguistico di iPhone nel suo complesso (l’interfaccia, il collegamento internet, le applicazioni, ecc) è di molto superiore allo standard linguistico dell’Isola.

È come guidare una Ferrari su una pista di go kart, è come avere una splendida libreria piena di volumi dozzinali e illeggibili. L’isola è un prodotto da tv generalista e per ora mal si adatta a una tecnologia avanzata. Che si dimostra invece più sensibile sia all’informazione che a YouTube. La tv su telefonino, per evitare il gorgo, ha estremo bisogno di prodotti pensati (o riadattati con intelligenza e ironia) per quel tipo di dispositivo.

Aldo Grasso

domenica 28 marzo 2010

SI PUO' FARE A MENO DELLA TV


Campagna elettorale, così il web
ha cambiato le regole del gioco


Il format di Enrico Mentana ha provato due cose fondamentali

Si può fare a meno della tv, lo ha dimostrato il «Mentana Condicio». Queste elezioni regionali, grazie a una cavillosa interpretazione della par condicio, rischiavano di essere il funerale del confronto: niente dibattiti tv, in quarantena i contraddittori fra politici. Il format di Enrico Mentana ha provato due cose fondamentali: la prima è che mettere il bavaglio alla tv è ormai un ridicolo controsenso; la seconda, più importante ancora, è che la tv tradizionale o generalista non è più al centro della scena mediatica.

Per questo, giovedì 11 marzo, quando su corriere. it ha preso le mosse il confronto fra Ignazio La Russa ed Enrico Letta, è da considerarsi una data importante: grazie alla indiscussa professionalità del conduttore, il pubblico ha dimostrato di essere capace di migrare da un mezzo all’altro, dalla «vecchia» tv al «nuovo» web. Con l’introduzione della tecnologia digitale, la tv ha mutato il suo statuto e si è trasformata, nel corso di un grande processo di frantumazione, in un new medium. Cioè in un medium interattivo, personalizzabile, delocalizzato, convergente; solo così è possibile trasformare la dimensione comunicativa in un atto sempre più complesso e partecipativo da parte degli spettatori. Sotto questa luce, lo show di Michele Santoro dal PalaDozza di Bologna ha esibito straordinarie capacità di mobilitazione: dell’audience, certo, ma più ancora delle nuove tecnologie distributive: Internet, satellite, digitale terrestre, tv locali, radio, siti, blog, social network, streaming. Mentana e Santoro hanno avuto il merito di sperimentare la sinergia tra nuovi media e vecchi contenuti. Hanno avuto il merito di proporre prodotti professionalmente ineccepibili, anche dal punto di vista tecnico.

Si può fare a meno della tv generalista, specialmente nei momenti in cui il mezzo non svolge soltanto una funzione di intrattenimento ma serve anche a riflettere, a immaginare il proprio destino politico: ciò che caratterizza il cambiamento in atto è l'idea della radicale personalizzazione del consumo. La tv generalista continua a rimanere una grande luogo comune, un discorso condiviso, l’offerta mainstream per eccellenza: le nuove tecnologie, però, non servono più ad «ammazzare il tempo» ma a renderlo proficuo.

Aldo Grasso

venerdì 19 marzo 2010

LA TV GENERALISTA, FRA ALDO BUSI E IVANA TRUMP, HA GIA' SCELTO


Busi radiato dalla Rai: ipocrisie annunciate

Quando si dice avere nerbo: Aldo Busi è stato radiato da tutte le trasmissioni Rai. La decisione è stata presa da Viale Mazzini dopo le escandescenze dello scrittore nella puntata di mercoledì sera: «Il direttore di Raidue, Massimo Liofredi, sentito il direttore generale della Rai Mauro Masi, ha ravvisato nel comportamento dello stesso palesi e gravi violazioni delle regole e delle disposizioni contrattuali». Busi non metterà più piede in Rai (gli restano sempre gli studi Mediaset).

Quello che doveva essere un reality nobilitato dalla cultura, si è concluso nel peggiore dei modi, all’insegna della più sfacciata ipocrisia. Busi ha trasceso, lanciando strali contro gli omofobi, il Papa e il governo. Ma si sapeva che Busi avrebbe «abusato»: è nella sua natura, nel suo stile, nei suoi libri. Se colpa c’è, va ricercata in chi l’ha invitato: ovvio che un personaggio come Busi susciti curiosità, contribuisca alla risonanza mediatica e, quindi, al successo della trasmissione. Alla partenza, intervistato da Aldo Cazzullo, aveva dichiarato le sue intenzioni: «Una clausola mi imponeva di non parlare in modo offensivo di politica e di religione. Ho preteso che venisse tolta. Altrimenti cosa dovrei dire tutto il giorno? Cip-cip?». Cip-cip: prima gli concedono la licenza d’uccidere e poi si strappano i capelli perché ha premuto il grilletto. Basta rivedere la scena finale del suo abbandono per capire tante cose. Perché Busi ha deciso si andare via? Il corpo estraneo è stato espulso. Gli anticorpi della tv generalista (da un concorrente, famoso nel suo condominio, che si esprime solo in romanesco a Mara Venier, da Rossano Rubicondi al figlio adottivo di Renato Zero) lo hanno cacciato. Busi aveva esaurito le energie di sopportazione perché è duro stare tre settimane con persone che parlano un’altra lingua fingendo di parlare la tua.

Senza mai la possibilità di confrontarsi. Busi era l’unico che parlasse in italiano, gli altri, a cominciare dalla conduttrice (che si è inerpicata in una sublime distinzione tra forma e sostanza da «signora mia»), mettono insieme alla rinfusa vocaboli ed espressioni, articolano parole senza un minimo di costrutto, sono prigionieri delle frasi fatte e dei peggiori luoghi comuni (dove si annida il conformismo e l’insincerità). Per questo la Ventura continuava a ripetergli: «Rischi di non essere capito, hai capito?». Su una sperduta isola del Nicaragua si è consumato il dramma dell’incomunicabilità e dell’ipocrisia, mentre la telecamere inquadrava una rifattona americana che non sa come ammazzare il tempo, se non divertendosi a collezionare mariti. Chi scegliere tra Aldo Busi e Ivana Trump? La tv generalista non ha avuto dubbi e infatti, nel motivare il suo abbandono, Busi ha detto un cosa interessante: «Me ne vado perché non c’è più racconto». In tv il racconto è tutto, e a volte non bastano i format, non bastano gli autori, non bastano i conduttori. Ci vorrebbe anche un po’ di creatività e di responsabilità. Busi poteva risparmiarsi un congedo così inopportuno, così inaccettabile. Ma ora Masi, Raidue, Magnolia, la Ventura evitino di impartirci lezioncine di morale.

Aldo Grasso

sabato 17 ottobre 2009

GIORNALISMI A CONFRONTO: IL PARERE DI ALDO


Brachino e Capuozzo giornalismi diversi
Un toccante servizio sulla vi­ta dei nostri soldati in Afghanistan, e il pedinamento di Mesiano

Due modi diversi di fare informazione, su Canale 5. Mercoledì sera (ore 23.30) il settimanale del Tg5 «Terra!» a cura di Toni Capuozzo e Sandro Provvi­sionato ha proposto un toccante servizio sulla vi­ta di tutti i giorni dei nostri soldati che si trovano in missione in Afghanistan, a un mese dall’attentato avvenuto il 17 settembre e costato la vita a sei connazionali e a 24 civili.

CAPUOZZO - Da Kabul, Toni Capuozzo (il nostro giornalista preferito) e Anna Migotto hanno raccontato in maniera mirabile, senza retori­ca e sentimentalismi, la vita dei nostri soldati, sempre sospesa tra la tensione delle lunghe ore di missione, scandite dai turni di pattuglia diurni e notturni, e il ca­meratismo dei pochi momenti di tempo libero. Sono state propo­ste interviste ai militari, a gente del posto le cui famiglie sono sta­te straziate dalle bombe dei tale­bani; abbiamo visto le immagini del più scalcagnato golf del mon­do e di un altrettanto malandato zoo. Abbiamo provato soprattut­to commozione nel ripercorrere tante storie che testimoniano la drammaticità della guerra. Ca­puozzo ha così concluso il lungo reportage: «Ciò che conta è aver fatto il tuo dovere e il ricordo di chi non torna, piaccia o meno al Times di Londra».

BRACHINO - Mercoledì verso le 10, nel cor­so di «Mattino cinque», Claudio Brachino aveva lanciato un servi­zio sul giudice civile milanese, Raimondo Mesiano, quello della sentenza a sfavore della Finin­vest. Il filmato di Annalisa Spino­so voleva mostrare le stravagan­ze comportamentali del magistra­to (che poi si risolvono in un camminata davanti a un negozio di barbiere) e si è concluso con un’osservazione sul colore dei calzini. Grande giornalismo d’inchiesta! Intanto, in studio, Claudio Brachino commentava le immagini con alcune capriole dialettiche tra le presunte stra­vaganze del giudice e la sua promozione a opera del Csm.

sabato 26 settembre 2009

SANTORO E ALDO GRASSO

«Annozero» ha molti difetti:
si può criticare ma non chiudere

Ci risiamo, qualcuno vuole chiu­dere «Annozero». Il ministro Claudio Scajola ha annunciato che convo­cherà i vertici Rai per verificare che la tra­smissione garantisca «un’informazione completa e imparziale». Secondo il mini­stro, la tv non può sostituire le aule del tribunale. Secondo noi, i politici dovreb­bero smetterla di coltivare una loro mai sopita vocazione censoria e reclamare la chiusura dei programmi sgraditi.

Proprio ieri, ho scritto che Michele San­toro ha messo in scena tutti i suoi abituali difetti: la demagogia, il credersi portatore unico della libertà d’espressione, un’at­mosfera autoreferenziale e militante che ha come unico scopo quello di fomentare il giustizialismo, la disinvoltura intellet­tuale, sua e dei suoi più stretti collaborato­ri. Ma la mia è solo un’opinione, da spetta­tore professionista, giusta o sbagliata. Non mi permetterei mai di chiedere la te­sta di chicchessia. Tanto più che la tra­smissione è stata seguita da un numero consistente di spettatori, più di cinque mi­lioni.

Con lo stesso criterio, quello dell’in­formazione «completa e imparziale», po­tremmo allora richiedere la chiusura di al­tri programmi, a cominciare forse dal Tg1, alquanto reticente su alcuni argo­menti. La cosa è talmente ridicola da non essere presa nemmeno in considerazio­ne. Certo, Santoro a volte smarrisce il sen­so della misura, non ama il contradditto­rio, procede per tesi personali spacciate come assolute. Sono gli inconvenienti del­la democrazia, ma meglio l’inconveniente dell’assenza di democrazia. Tempo fa, Giuliano Ferrara ha fatto una provocato­ria proposta: «Santoro andrebbe affianca­to da un professionista serio dell’informa­zione che lo corregga nel senso della vigi­lanza intellettuale, della cultura e delle buone maniere. Destituendolo come Con­duttore Unico delle Coscienze e salvando­lo, se si sia ancora in tempo non lo so, co­me professionista». Nel pollaio tv, due galletti finirebbero per battibeccare a san­gue, come in un reality. Ne guadagnereb­be l’audience, forse, ma a scapito del re­sto, a cominciare dalla comprensione. Bisogna adoperarsi per un programma più autorevole e interessante di quello di Santoro, magari in onda alla stessa ora, nello stesso giorno.

Aldo Grasso
26 settembre 2009

venerdì 8 maggio 2009

GIORNALISMO MORALISMO

Alla «Annozero university» la parata del giornalismo-moralismo

Per un’intera, noiosa puntata, si fa giornalismo legato ai problemi della gente

La puntata di Annozero: «Complotto» (da Rai)
La puntata di Annozero: «Complotto» (da Rai)
Meno male che Michele c’è. E meno male che ci sono anche Marco Travaglio, Sandro Ruotolo, Alex Stille, la prode inviata Monica; se no, non sapremmo cos’è la libera informazione, la schiena dritta, il coraggio di sventare complotti e fiabe. Si limitassero a fare il loro lavoro, che a volte è persino apprezzabile, non ci sarebbe nulla da dire. Ma come aprono bocca, i Santoro boys sentono il dovere di indossare il manto da parata del giornalista-moralista: vi diciamo la verità e vi diciamo anche che voi, che non la pensate come noi, siete dei poveretti asserviti.

Il primo bersaglio grosso di «Annozero» sono le veline, o presunte tali, che sono state candidate alle Europee, il secondo Noemi Letizia, quella di «papi Silvio», il terzo è la famosa intervista a Veronica Lario letta da Monica Guerritore (lo scoop sarebbe stato il contrario), il quarto... Per vari motivi — economici, istituzionali, etici — l’Italia non sta vivendo un gran momento: la rappresentazione che diamo del nostro Paese è qualcosa che sta tra il caricaturismo di Daumier e le allucinazioni grottesche di Grosz. Ma mandare tre grossi camion della Rai per un collegamento del segugio Ruotolo davanti al ristorante della festa di Noemi significa soltanto alimentare questa rappresentazione, con la presunzione in più di fare del grande giornalismo.

Per dire: il prof. Alex Stille della Columbia University vuole uscire dal cattivo gusto cavalcato finora dalla discussione per parlare di abuso di potere e comincia a parlare di una valletta tv. Alla Santoro University invece, per un’intera, noiosa puntata, si fa giornalismo legato ai problemi della gente: il gossip su una diciottenne, il rapporto di Berlusconi con le donne, la vita di Elio Letizia ma niente buco della serratura, per carità.

Aldo Grasso

sabato 11 aprile 2009

SANTORO E IL "GIORNALISMO" DISUMANO

“ESISTONO GLI ABUSI EDILIZI, MA ANCHE GLI ABUSI DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE, DI CUI SANTORO È RAPPRESENTANTE UNICO PER L’ITALIA – LA TESI: BISOGNAVA COMUNQUE ATTACCARE BERTOLASO, I POMPIERI, BERLUSCONI, IL GOVERNO. A DARGLI MANFORTE DE MAGISTRIS…

Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"

Ancora una volta Santoro ha fatto il Santoro. Dietro il paravento della libertà d'informazione, di cui è rappresentante unico per l'Italia, isole comprese, ha allestito una trasmissione all'insegna del più frusto slogan politico «piove, governo ladro». Non di pioggia si trattava, ma di un terremoto che finora ha fatto 290 vittime e quarantamila sfollati, raso al suolo paesi, buttato giù case, seminato distruzione. Ma i morti non lo fermano, la commozione non lo trattiene. Se ha in mente una tesi, che tesi sia.

La tesi era che bisognava comunque attaccare la Protezione civile, specialmente Guido Bertolaso, i Vigili del Fuoco, la comunità scientifica che non ha dato ascolto agli avvertimenti di Giampaolo Giuliani, gli amministratori locali, il ponte sullo Stretto, Berlusconi, il governo. A dargli manforte in studio ha chiamato l'ex magistrato Luigi De Magistris, candidato alle Europee con l'Italia dei Valori (che acquisto per la politica!) e l'esponente di Sinistra e Libertà Claudio Fava.

Contro aveva, e hanno fatto un figurone, Guido Crosetto del Pdl e Mario Giordano. Il giornalismo di Santoro funziona così: con l'aiuto delle poderose inchieste di Sandro Ruotolo e Greta Mauro ha intervistato una signora che si lamentava di un ritardo di un paio d'ore dei soccorsi, un signore che diceva di aver freddo, di un altro ancora che cercava riparo in tende non ancora montate, una studentessa che preoccupata aveva lasciato l'Abruzzo per tempo, un medico che denunciava la mancanza di bottigliette d'acqua nel suo reparto. Ne è uscito così un quadro di devastazione organizzativa da aggiungersi alla devastazione reale.

Da un punto di vista simbolico, se un dottore chiede aiuto per la mancanza di qualcosa significa il fallimento dei soccorsi, l'impreparazione della Protezione civile, lo sfascio. Di fronte a una simile tragedia, ma soprattutto di fronte al meraviglioso e commovente impegno dei Vigili del fuoco, dei volontari, della Protezione civile, dei militari, di tutte le organizzazioni che hanno passato notti insonni per salvare il salvabile, Santoro si è sentito in dovere di metterci in guardia dalla speculazione incombente, di seminare zizzania con i morti ancora sotto le macerie, di descrivere l'Italia come il solito Paese di furbi, incapaci di rispettare ogni legge scritta e morale.

Santoro la chiama libertà d'informazione. Esistono gli abusi edilizi, ma forse anche gli abusi di libertà.

domenica 8 marzo 2009

PROMO STRATEGIA

A SORPRESA SU SKY MIKE FA SPOT PER FIORELLO, SENZA CHIEDERE IL PERMESSO A PIERSILVIO – IL RIFIUTO DI SIPRA (RAI) E PUBLITALIA (MEDIASET) DI MANDARE IN ONDA GLI SPOT - DUE SERE FA FIORE A ‘BLOB’ HA RECITATO LA PARTE DEL MARTIRE DEL BERLUSCONISMO…

Aldo Grasso per il Corriere della Sera

Nella storia della tv italiana è il primo caso di «guerrilla marketing», di promo non convenzionale, di utilizzo creativo a spese della concorrenza. Ieri sera, prima del derby Toro-Juve, Mike Bongiorno, il presentatore per antonomasia di Rai e Mediaset, ha lanciato il nuovo programma di Fiorello su Sky. Senza chiedere permesso a Berlusconi.
E due sere prima Fiorello si era presentato davanti alle telecamere di «Blob» recitando la parte del povero emarginato.

«Grazie di essere venuti - aveva detto -. Io proprio non sapevo a chi rivolgermi, mi stanno facendo terra bruciata. Mi rivolgo a voi amici di Blob perché faccio un programma televisivo, sapete che va sul decoder, su Sky... Mi hanno lasciato solo... Berlusconi me l'aveva detto, "non andare a Sky, vai a Sky, pagherai". Sto pagando perché nessuno vuole fare pubblicità per questo spettacolo».

La Rai gli ha così regalato un promo, «a gratis», con ampio riscontro mediatico. Non solo: in cambio di un'«intervista esclusiva» a Valerio Staffelli (il tapiroforo di «Striscia la notizia»), Fiorello ha ottenuto la copertina di Tv Sorrisi e canzoni della Mondadori. E grazie a una efficace pubblicità negli stadi, il lancio del suo nuovo programma è apparso di rimbalzo su tutte le reti che si sono occupate di calcio.

Che tutta questa azione non sia frutto del caso, lo dimostra l'innovativa e spiritosa campagna di lancio che da ieri è «on air» sulle reti Sky: un'attività di «guerrilla promo », che prevede una serie di incursioni di Fiorello in spazi informali ed esclusivi della piattaforma Sky (promo, ovviamente, ma anche scorrerie nel mosaico di SkyTg24, sull'epg, addirittura al call center, con un saluto agli abbonati). Davvero un ottimo lavoro.

A rendere ancora più appassionante il caso, c'è da registrare il rifiuto di Sipra (Rai) e Publitalia (Mediaset) di mandare in onda gli spot Sky del nuovo programma di Fiorello. «Non abbiamo ritenuto di prenderli in considerazione »; «Non si favorisce la concorrenza», questo il tono delle risposte.
In effetti è vero: non si è mai vista pubblicità a pagamento di programmi Rai su Mediaset e viceversa.

Ma è anche vero il contrario: spesso si vedono artisti Rai essere ospitati su reti Mediaset per lanciare qualche loro programma con ovvia e naturale restituzione del favore. Succede addirittura coi giornalisti ed è un cerimonia stucchevole, priva di ogni orgoglio aziendale.
E tutti i giornali non hanno scritto che quest'anno il Festival di Sanremo è stato il trionfo dell'abbraccio Rai-Mediaset, tanto da parlare di Raiset? Qualche maligno vede persino nella chiamata di Marco Baldini alla «Fattoria» (si parla di un cachet profumato e, forse, di un futuro programma) il tentativo di rompere la coppia Fiorello- Baldini, tanto per azzoppare l'anitra che ha osato tradire la tv generalista.
Fiorello e Marco Baldini

Dietro alle scaramucce del caso Fiorello si nasconde infatti una guerra ben più sostanziosa, giocata su piani diversi.
Non è solo lo scontro epocale fra tv generalista (Rai e Mediaset) e pay tv (Sky) avente per bottino la fetta più grossa della torta pubblicitaria (di questi tempi, poi) ma è anche uno scontro all'ultimo abbonato fra piattaforme diverse: da una parte il digitale terrestre (la cui rete distributiva è di proprietà di Rai e Mediaset), dall'altro il satellite.

Questa storia di «guerrilla marketing» è, a saperla leggere, un segno di buona salute. Noi parteggiamo solo per la buona tv e solo lo scontro duro, la vera concorrenza, il bisogno di sopravvivere generano buona tv. Bisogna guardare al futuro, non vivere di ricordi.
Ieri mattina, sulla prima pagina del Giornale, c'era un invito a Mike (vecchio sodale di Fiorello negli spot Infostrada) perché tirasse le orecchie al discolo e gli insegnasse come si deve stare al mondo. A sera, prima di Toro-Juve, c'è stata l'irriverente risposta.

sabato 24 gennaio 2009

LA PERSONALIZZAZIONE DEL CONSUMO TELEVISIVO


Agli Usa Obama, a noi Sanremo
Con l'Inauguration day è cambiato negli Stati Uniti il modo di fruizione in tv di questo tipo di liturgie collettive

Il giuramento di Obama è stata una grande cerimonia mediatica, uno di quei media events che si studieranno per anni. Gli eventi mediali rompono le normali routine di programmazione e vengono vissuti dalle persone che li seguono in tv come riti cruciali, perché mettono in gioco valori fondamentali (come, ad esempio, il senso d'appartenenza a una comunità, la possibilità di un cambiamento politico, la condivisione di una commozione per la morte di una persona importante) o perché sono considerati «appassionanti» e «irrinunciabili» (come accade nelle gare sportive, nei grandi concerti).

La vera novità è che stanno cambiando i modi di fruizione di queste liturgie collettive. Le nostre tv, da Sky a Mediaset, dalla Rai a La7, hanno preferito seguire un copione tradizionale con molti giornalisti in studio a spiegarci fastidiosamente i vestiti di Michelle. Proprio in occasione del giuramento la Cnn e Facebook hanno invece messo a disposizione sul web, visibili da ogni parte del mondo, le immagini dell'evento. Sul sito del network, era possibile vedere in diretta le immagini da Washington, frammentate attraverso più feed. Un grande schermo centrale presentava, senza commento, le immagini del discorso e della cerimonia. Quattro video più piccoli, in basso nella pagina web, fornivano altri punti di vista: le immagini della folla, la visione d'insieme sul Washington Mall, parti del percorso della parata, indicazioni sui tempi e luoghi della cerimonia, i giornalisti della rete impegnati nel commento... La diretta mondiale, inoltre, era in collaborazione con Facebook. Sulla destra, accanto alle immagini live, compariva la classica schermata del social network, in cui ogni utente poteva commentare con i suoi amici quello che stava succedendo: una radicale personalizzazione del consumo. Noi stiamo ancora discutendo sugli ospiti di Sanremo.

lunedì 19 gennaio 2009

4 punti di share persi, i giovani in fuga da ANNOZERO ultrafazioso

Santoro manicheo perde ascolti

Lo penalizzano soprattutto i giovani

Michele Santoro
Michele Santoro
La peggiore puntata, e non solo per qualità. Anche gli ascolti penalizzano l'ultima messa in onda di «Annozero» di Michele Santoro, quella così faziosa da generare la lite con Lucia Annunziata, e il suo abbandono del programma. Così, per una volta, la tele-rissa non porta spettatori, anzi. Giovedì scorso Santoro ha perso 4 punti secchi di share, attestandosi sul 13,35% di media, contro il 17,46% dell'attuale stagione.

Lo penalizzano soprattutto i giovani: fuga da «Annozero» per adolescenti e giovani-adulti (dal 10% di media al 4,9%), e per i trenta-quarantenni (dal 14% di media all'8,2%). Gli unici a restar fedeli sono gli ultra65enni, più abituati a ragionare «per appuntamenti» predefiniti che «per zapping». In questo tracollo così evidente pesano soprattutto due fattori: c'è, da un lato, la difficoltà dell'informazione televisiva a parlare di politica estera, mantenendo vivo un interesse del grande pubblico, specie dei giovani. Ma il secondo fattore mostra che, in realtà, questa difficoltà è un cane che si morde la coda: adottare un punto di vista così schierato e fazioso contribuisce alla fuga. Se ci si avvicina al racconto di una grande e complessa crisi internazionale, fatta di luci e tante ombre, lo si fa in primo luogo con l'intento di capirci qualcosa in più (motivazione che muove in particolare il pubblico giovane). Uno sguardo manicheo, dove tutto è o nero o bianco, fa il peggior servizio (pubblico) a chi avrebbe anche voglia e disponibilità a usare la tv per farsi un'opinione. Per una volta il pubblico ha fatto giustizia di una brutta pagina della storia della tv. In collaborazione con Massimo Scaglioni, elaborazione Geca Italia su dati Auditel

venerdì 9 gennaio 2009

inarrivabile aldo


«Un posto al sole» e la giunta di Napoli

di ALDO GRASSO
È solo un'ipotesi di scuola, una suggestione esegetica, un dubbio o poco più
: e se la crisi del Pd a Napoli, con l'inchiesta sugli appalti concessi alla Global service che ha colpito in pieno le leadership della Iervolino e di Bassolino, fosse tutta colpa di «Un posto al sole»? (Raitre, dal lunedì al venerdì, ore 20,35).

E se la soap napoletana, che va in onda dal 1996, avesse indotto Rosetta & Antonio a credere che la città partenopea fosse come Palazzo Paladini? In fondo quello che sta succedendo a Napoli è già stato anticipato dalla soap: la fiction si snoda infatti attraverso una serie di rapporti conflittuali e turbolenti che sfociano in passioni, amori, gelosie e rancori all'interno del medesimo condominio: il condominio Pd. Negli anni, «Un posto al sole» ha disegnato una Napoli che non c'è, una Napoli molto bassoliniana, una Napoli da portineria dove però non è mai esistito il problema spazzatura (tanto che è dovuto intervenire Berlusconi in persona per sgombrare le strade dalla monnezza). L'idea delle cimici per registrare di nascosto l'incontro avuto con Luigi Nicolais, a Rosetta può essere venuta solo seguendo le mille e più puntate della soap, magari identificandosi con la «cattiva» di turno.

E poi quel titolo, «Un posto al sole», più che fissare un'opera di fantasia, sembra un programma politico: mai cedere la poltrona, occupare il territorio. Sempre e comunque. Fossimo nei panni di Raffaele Lombardo, governatore della Sicilia, staremmo ben attenti a rinnovare la convenzione con la Rai per «Agrodolce» (che è molto peggio di «Un posto al sole»). Non vorremmo che anche la Regione Sicilia, che pure sborsa qualcosa come 12,7 milioni per la produzione della favola siciliana, fosse colpita dalla sindrome soap: confondere la realtà con la fiction. A volte succede. E se poi tutte le altre regioni pretendessero la loro soap? E' solo un'ipotesi di scuola, un dubbio e niente più

venerdì 2 gennaio 2009

ALDO REGOLA I CONTI CON CONTI, IL MEDIOCRE PIGLIATUTTO

dal Corriere Online

A FIL DI RETE
Il ragionier Conti non ci inganna
Ormai è il conduttore principale della principale rete televisiva italiana e non si capisce il perché.

Il nostro 2009 inizia con un perché, in un momento in cui avremmo bisogno assoluto di risposte certe e soluzioni sicure. Perché Conti, il ragionier Carlo Conti? Ormai è diventato il conduttore principale della principale rete televisiva italiana e non si capisce il perché. Persino l’ultimo dell’anno, in una fredda e dopolavoristica festa riminese, il ragionier Carlo Conti non ha smesso gli abiti impiegatizi e ha condotto «L’anno che verrà» come di solito si conduce un tram alla rimessa. (Raiuno, mercoledì, ore 21). C’erano i Pooh, c’era Cristiano Malgioglio, c’era Gloria Gaynor, c’era una marea di illustri sconosciuti, c’era, per fortuna, qualcosa di meglio da fare.

Ma a noi interessa solo la maschera dietro cui si cela il ragionier Carlo Conti, accreditato di una presunta scuola toscana che avrebbe dato i natali a campioni del calibro di Panariello, Pieraccioni, Ceccherini e altri. Perché il ragionier Carlo Conti conduce così tanti programmi, passando da «L’eredità» a «I migliori anni », a «Miss Italia»? Perché ha scalzato gente, mica cotiche, come Fabrizio Frizzi e Amadeus? Perché invece di fare il conduttore non si dedica ad altre occupazioni a lui più congeniali? Perché non passa la vita a inventare un dispositivo elettrico con campanello per avvertire quando il rubinetto è chiuso male? Alcuni pensatori sostengono che ci sono direttori di rete che si comportano come certi allenatori di calcio: non tollerano i talentuosi per non essere oscurati. Ma questa è solo un’illazione; una speculazione, in termini filosofici.

Noi che per natura non pensiamo, restiamo schiacciati dall’enigma Conti, il ragionier Carlo Conti. Si comporta come il maresciallo Cono Liscarello: si è dato la crema abbronzante, si è pettinato con cura i capelli che di solito porta dritti come stecchetti sulla testa, ma per il resto non inganna se non chi vuole essere ingannato.

Aldo Grasso
02 gennaio 2009