venerdì 9 gennaio 2009

inarrivabile aldo


«Un posto al sole» e la giunta di Napoli

di ALDO GRASSO
È solo un'ipotesi di scuola, una suggestione esegetica, un dubbio o poco più
: e se la crisi del Pd a Napoli, con l'inchiesta sugli appalti concessi alla Global service che ha colpito in pieno le leadership della Iervolino e di Bassolino, fosse tutta colpa di «Un posto al sole»? (Raitre, dal lunedì al venerdì, ore 20,35).

E se la soap napoletana, che va in onda dal 1996, avesse indotto Rosetta & Antonio a credere che la città partenopea fosse come Palazzo Paladini? In fondo quello che sta succedendo a Napoli è già stato anticipato dalla soap: la fiction si snoda infatti attraverso una serie di rapporti conflittuali e turbolenti che sfociano in passioni, amori, gelosie e rancori all'interno del medesimo condominio: il condominio Pd. Negli anni, «Un posto al sole» ha disegnato una Napoli che non c'è, una Napoli molto bassoliniana, una Napoli da portineria dove però non è mai esistito il problema spazzatura (tanto che è dovuto intervenire Berlusconi in persona per sgombrare le strade dalla monnezza). L'idea delle cimici per registrare di nascosto l'incontro avuto con Luigi Nicolais, a Rosetta può essere venuta solo seguendo le mille e più puntate della soap, magari identificandosi con la «cattiva» di turno.

E poi quel titolo, «Un posto al sole», più che fissare un'opera di fantasia, sembra un programma politico: mai cedere la poltrona, occupare il territorio. Sempre e comunque. Fossimo nei panni di Raffaele Lombardo, governatore della Sicilia, staremmo ben attenti a rinnovare la convenzione con la Rai per «Agrodolce» (che è molto peggio di «Un posto al sole»). Non vorremmo che anche la Regione Sicilia, che pure sborsa qualcosa come 12,7 milioni per la produzione della favola siciliana, fosse colpita dalla sindrome soap: confondere la realtà con la fiction. A volte succede. E se poi tutte le altre regioni pretendessero la loro soap? E' solo un'ipotesi di scuola, un dubbio e niente più

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