mercoledì 24 febbraio 2010

DUBBI SANREMESI

da "Dagospia", er mejo sito che ci sia

IL FOGLIO DEI VESCOVI SCOPERCHIA I DATI DEL TELEVOTO CHE LA RAI VUOLE TENERE SEGRETI
ALLE 23.12 PUPO E IL PRINCIPE ERANO PRIMI CON 212MILA VOTI (SCANU 77MILA VOTI SOTTO)
POI IL BOTTO: IN 53 MINUTI SOLO 1.384 SI AGGIUNGONO AI FAN DEL TRIO MENTRE IL COCCO DI MARIA, VALERIO SCANU, NE RACCOGLIE BEN 96.517!
L’UNICA COSA CERTA È CHE IL TELEVOTO È UN MEGABUSINESS: NE SONO STATI ESPRESSI 3.606.950. AL COSTO DI 0,75 € L’UNO IL TOTALE È DI 2.705.212,50 € - DUBBI ANCHE SUL RIPESCAGGIO: L’ORCHESTRA CONTAVA PER IL 50% E HA BOCCIATO IL TRIO SENZA APPELLO

martedì 23 febbraio 2010

TROLLING



dal blog di Federico Cella, Corriere Online

Vita Digitale
23/02/2010
Non date da mangiare ai troll
Scritto da: Federico Cella alle 08:28
"Do not feed the trolls”. Non date da mangiare ai troll. È quanto si legge su molti siti Internet che hanno individuato nell’autore della contestata pagina di Facebook – “Il vendicatore mascherato”, appartenente non a caso al gruppo online “Radio Troll” – un agitatore delle discussioni online (“Flamer”, in gergo) senza altre finalità se non quella di creare fastidio e confusione. E pertanto non degno della benché minima attenzione.

Il termine “troll” in Rete è utilizzato fin dall’inizio degli anni Novanta per definire appunto chi, sui siti Internet, immette contenuti atti soltanto a provocare una forte reazione emotiva da parte della comunità online. Il termine, secondo Wikipedia, può avere due etimologie. Da un lato il riferimento più diretto è alle creature mostruose e dotate di poca intelligenza presenti in molti racconti della mitologia nordica. Dall’altro, la definizione viene fatta risalire - altrettanto significativamente - alla tecnica di pesca chiamata in inglese “trolling”, in italiano la pesca “a traina”.

giovedì 18 febbraio 2010

LIVING STORIES




Google apre a tutti gli editori Living Stories
Scritto da: Marco Pratellesi alle 17:59
Tags: Google, Living Stories, New York Times, open source, Santiago de la Mora, Washington Post

Manovre di riavvicinamento tra Google e gli editori: dopo due mesi di sperimentazione con il New York Times e il Washington Post, la nuova piattaforma Living Stories diventa aperta a tutti gli editori del mondo che vorranno utilizzarla per offrire ai propri lettori una diversa esperienza di lettura e di approfondimento sugli argomenti di loro interesse.

Di cosa si tratta – Living Stories è una piattaforma tecnologica open source che consente di riunire sotto un unico indirizzo web (la url) tutti i contenuti di un sito relativi ad un determinato argomento, quindi di seguire le notizie nella loro evoluzione nel tempo.

Nuova esperienza di lettura - Living Stories ha il vantaggio di offrire una esperienza più profonda e interattiva potendo su un determinato argomento trovare tutto quanto il giornale ha prodotto. In base ai suoi interessi il lettore può scegliere il cambiamento climatico o la guerra in Afghanistan e seguire come l’argomento si sviluppa nel tempo. In questo modo ogni articolo ha una contestualizzazione che permette l’approfondimento e la ricostruzione completa di come i fatti si sono evoluti. Il lettore può così scendere in profondità nell’informazione e avere una visione complessiva dall’inizio della storia fino ai suoi sviluppi più recenti seguendone l’evoluzione giorno per giorno.

Risultati - La sperimentazione con il New York Times e il Washington Post ha dato risultati positivi: “Il 75% degli utenti che hanno partecipato alla sperimentazione – afferma Santiago de la Mora, responsabile europeo area news di Google - hanno affermato di preferire la presentazione delle notizie di Living Stories rispetto alla forma tradizionale”.

Obiettivi – Google, con tutte le sue piattaforme, attualmente indirizza circa 4 miliardi di utenti ai siti di news, di cui un milione proviene da Google News. Con Living Stories ogni editore avrà da oggi la possibilità di impaginare in modo diverso i contenuti che riterrà adatti ad essere seguiti nel tempo dai propri lettori. Anche grafica e inserimento di spazi pubblicitari potranno essere personalizzati.

“Questo – dice Santiago de la Mora – per noi è anche un esempio di come Google sia impegnato a camminare nella rete fianco a fianco con chi produce contenuti perché il giornalismo è importante per i cittadini e quindi per la società nel suo complesso. Living Stories è una opportunità per sperimentare nuove piattaforme che possano promuovere un incontro più vasto e più soddisfacente tra chi produce contenuti e chi li fruisce”. Perché utenti più soddisfatti generano anche maggiori ricavi che sono l’ossigeno per un giornalismo di qualità.

mercoledì 17 febbraio 2010

ABBEY ROAD ZEBRA CROSSING WEBCAM


La copertina di Abbey Road è una copertina delle più celebri e citate della storia della musica pop. Vi compaiono i Beatles intenti ad attraversare un passaggio pedonale nella via di Abbey Road, in cui si trovavano gli studi in cui i Beatles incisero per l'ultima parte della loro carriera (gli Abbey Road Studios). Diversi elementi in questa foto contribuirono ad alimentare la leggenda della morte di Paul McCartney, come ad esempio il fatto che Paul fosse l'unico scalzo ad attraversare la strada e la targa LMW 281F del maggiolino parcheggiato sulla sinistra che rappresenterebbe l'età che avrebbe avuto Paul se fosse stato in vita all'epoca dell'uscita del disco.
I riferimenti a questa celebre copertina in opere di altri artisti sono numerosissime. I Red Hot Chili Peppers hanno realizzato un album dal titolo The Abbey Road E.P., la cui copertina riprende i membri del gruppo intenti ad attraversare lo stesso passaggio pedonale e completamente nudi (a eccezione di un singolo calzino per ciascuno, indossato in modo strategico). Altre parodie di questa immagine si trovano in The Rutles di Eric Idle, in Shabbey Road di Bob and Tom. Nella sigla iniziale della serie televisiva Grumpy Old Men del 2006, Rick Wakeman, Tim Rice, Rory McGrath e Arthur Smith stanno attraversando il passaggio di Abbey Road quando vengono investiti da un automobilista che parla al cellulare mentre guida.
Lo stesso McCartney, con riferimento alla leggenda della sua morte, riprese l'immagine nella copertina del suo album dal vivo Paul Is Live e alla fine del video del brano Spies Like Us.
Il passaggio pedonale ripreso da quella celebre foto è oggi una vera e propria attrazione turistica, con decine di visitatori che ogni giorno si mettono in posa per una foto ricordo. La targa stradale Abbey Road è la più rubata del Regno Unito.

lunedì 15 febbraio 2010

IL RIDICOLO BON TON DEI RISTORANTI DI LUSSO

Il ridicolo bon ton dei ristoranti di lusso. Dal blog Mangiare a Milano di Valerio Visintin.
13/02/2010

Il ridicolo bon ton dei ristoranti di lusso

Scritto da: Valerio M. Visintin alle 18:17
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BonTon.jpgL’altro giorno, sedendo a un tavolo del Marchesino, consideravamo quanto sia macchinoso, ridicolo e più che altro scomodo il cerimoniale dei ristoranti d’alto bordo.

In questa creatura senile del sommo Gualtiero Marchesi (dove l’ambiente è così così, dove si mangia così così, dove il conto è grosso così) si replica in pose di gesso tutto il cliché di un bon ton anacronistico, che non solleva nemmeno quel po’ di stupore da museo delle cere. Perché confligge col nostro comfort, col nostro diritto a goderci la cena tranquilli e indisturbati.

Il primo atto è la consegna dei tovaglioli, che in effetti non scorgiamo sulla tavola di bianco vestita. Ce li porta un ragazzino incartato in un frac che non gli vuol bene. Reca con sé una cesta. La culla tra le braccia come le contadinelle del presepio. Pare non contenga minacce, finché ne estrae fulmineo un lenzuolo, tenendolo per un angolo e facendolo fluttuare nell’aria come le micidiali armi dei thugs salgariani. Impossibile credere che si tratti di un tovagliolo. Per fortuna lo spavento è mitigato dalla certezza che ci terranno in vita almeno sino al saldo del conto.

Ma in questi aurei saloni hanno ben altre prove in serbo per noi. La più ostica è l’individuazione di un cameriere al quale rivolgersi per qualche semplice domanda sul menu o per una qualsiasi contingenza. È un problema che si pone non già per assenza di personale. Piuttosto, per la ragione contraria, essendo in atto un valzer di figure in giacca nera rigidamente costrette a singoli doveri. Alcuni sfilano silenti e segreti come fantasmi, sordomuti per contratto, relegati a mansioni minori e invisibili all’occhio umano. Altri sono abilitati alla consegna dei piatti, ma hanno il divieto di recepire le comande. Poi c’è l’addetto al pane, che non può servire il vino. C’è l’addetto al vino che del pane non deve intuire nemmeno l’esistenza. E c’era, anni fa in uno di questi ristorantoni, un severo signore in sosta davanti alla cucina, il quale si limitava a ricambiare amabilmente i nostri sorrisi. Per indurlo a un’attenzione più attiva, gli feci cenno, discreto ma inequivoco, di avvicinarsi al nostro tavolo. Non fu una buona idea, poiché il bruto reagì seccamente voltandoci le spalle. Scoprimmo qualche minuto più tardi che si trattava di un noto avvocato in anticipo sui suoi commensali.

L’ambito nel quale, sopra a tutti, il galateo della ristorazione si produce con accanimento patologico è, però, quello che riguarda il vino. A parte le dimensioni dei calici, che crescono di anno in anno come le piante da giardino; a parte le manfrine del sommelier che in casi non rari assaggia il vino prima di farlo testare al cliente (ma, perbacco, è il mio vino!); è invalsa la più fessa delle usanze. Tenere, cioè, la bottiglia lontana dal nostro tavolo e dalla nostra vista, in un recesso misterioso e inaccessibile. È già abbastanza irritante subire il continuo, arbitrario rabbocco del bicchiere; ma con l’esilio della bottiglia si istituisce definitivamente un rapporto di totale dipendenza dal cameriere preposto alla mescita.

Ebbi uno scontro verbale a questo proposito col sommelier di Cracco Peck (lo chef non si era ancora reso indipendente dalla celebre gastronomia). Non ci fu niente da fare. Arrivò persino a dire che se mi avesse portato la bottiglia al tavolo avrebbe mancato di riguardo agli altri avventori.

Così, ora non litigo più. Mi limito a tessere un sordo duello col cameriere. Bevo all’impazzata, bevo in dribbling, bevo in contropiede, bevo di nascosto ad ogni occasione per poter tuonare con rimprovero: “Mi serve questo vino, per cortesia, o no?”.
Naturalmente concludo la battaglia in leggera defaillance alcolica. Ma volete mettere la soddisfazione?