mercoledì 30 gennaio 2008

dal "Corriere della Sera" Online

LA CRISI DI GOVERNO

Bilancio amaro di una stagione


di GIOVANNI SARTORI

I colleghi Angelo Panebianco ed Ernesto Galli della Loggia hanno già ben analizzato la Parabola del prodismo e le Origini del fallimento. Iomi propongo invece di ricostruire il «Prodi pensiero» o meglio di tentarne la ricostruzione.

L'idea fissa è che il sistema politico debba essere bipolare in modo rigido e prestabilito, e cioè fondato su due poli chiusi e blindati. Ogni polo esprime la volontà dei suoi elettori e quindi la sua composizione non deve essere modificata da «ribaltoni», nemmeno da «volenterosi» spiccioli disposti a dare una mano. Il primo governo Prodi cadde per un voto e perché il Nostro si rifiutò di accettare i voti di soccorso che gli offriva Cossiga. Dopodiché Prodi si è ancor più trincerato. Il suo primo governo si fondava sulle «desistenze » elettorali concordate con Rifondazione comunista. Questa volta Prodi ha voluto Bertinotti e i suoi nanetti di contorno al governo. Così—immagino abbia pensato — li catturava. E per catturarli ancora meglio ha escogitato un’«officina» non tanto di cervelli ma di spartizione alla Cencelli delle istanze di tutti. Con il bel risultato di impiccare il suo governo alle concessioni che il suo programma di ben 280 pagine aveva fatto ai suoi sinistrini.

Questa è una sequela di errori da manuale. Una volta Ciriaco De Mita disse che Prodi «non capisce nulla di politica». Ma al Nostro non importa granché di capire; gli importano soprattutto i modi per puntellare e rendere insostituibile la sua leadership. Chi, se non soltanto lui, poteva gestire una baracca così mal congegnata? Chi, se non soltanto lui, poteva «fare la quadra» in tanto spappolume?

Il sospetto è avvalorato dall'altro versante della sua indefessa operosità: il polity-building, la costruzione della città politica more prodiano. In quest’ottica i vecchi partiti della sinistra devono sparire e si devono rifondare in un nuovo partito progettato da lui, e quindi davvero suo. Per attuare questo disegno Prodi si è prodigato in demagogismo democratico: tutto doveva nascere «spontaneamente » dal basso (con primarie a cascare) e il capo del governo doveva essere eletto direttamente dal popolo. Ma questo disegno gli è scoppiato tra le mani. Il nuovo partito ha incoronato Veltroni, ha perduto nella rifusione l'ala sinistra dei Ds, e si è trovato esposto al fuoco amico dei cespugli che Prodi si illudeva di addomesticare. E' bastato che Veltroni dichiarasse che non li avrebbe imbarcati, per far dichiarare a Prodi che i nanetti li proteggeva lui. Collisione perfetta, frittata fatta.

Io sono contrario a elezioni immediate senza riforma elettorale. Ma non sono contento di scoprire che da qualche giorno anche Prodi la pensa così. Perché non riesco a dimenticare che per gli ultimi 18 mesi il Nostro ha minacciato i suoi con il ritornello: «Se mi fate cadere, tutti alle urne». Tra poco Prodi lascerà Palazzo Chigi. Però non per tornare a casa ma per tornare a tempo pieno al partito a rilanciare «Prodopoli» e a fare le sue vendette. L’eredità delle sue cattive idee sarà purtroppo lunga da smaltire.

30 gennaio 2008

lunedì 28 gennaio 2008

cinderella 1 e 2


© 2002 Giovanni Caviezel

DAL "CORRIERE DELLA SERA ONLINE"

Corriere, fonti, blog, copyright

Scritto da: Marco Pratellesi alle 13:49

Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato una gallery di foto dal titolo Storia dell'arte Web 2.0. Le foto erano state prese da Flickr, sito citato come fonte nelle didascalie. Alcuni blogger ci hanno giustamente criticati per non aver riportato correttamente fra le fonti il nome dell'autore Paulthewineguy e il link diretto alle pagine di Flickr che abbiamo utilizzato per ripendere le foto.

Per questo motivo Massimo Mantellini, Gaspartorriero, Elvira Berlingieri e tanti altri blogger ci hanno tirato le orecchie ricordando come io stesso in una conferenza avessi detto che prendere materiali da internet senza citare la fonte sia scorretto. Non ho cambiato opinione. Abbiamo sbagliato.

Per questo, abbiamo rimediato inserendo nelle gallery gli indirizzi corretti e, poiché il sistema non prevede di inserire in quella sede anche link, ho chiesto ai tecnici di provvedere alle modifiche per il futuro (speriamo).

Dunque, non mi resta che scusarmi pubblicamente con Paul (personalmente lo abbiamo già fatto), autore dei capolavori dell'arte in versione avanzata, e ringraziare Gaspar e Elvira per avermi criticato. Ho chiesto a tutta la redazione di fare maggiore attenzione e anche io starò più attento in futuro.

Però anche voi aiutateci a migliorare. Se vedete qualcosa che non va, segnalatelo su questo blog.

Grazie a tutti

Prat

domenica 27 gennaio 2008

LA CADUTA DEL CENTROSINISTRA

Alle origini del fallimento


di Ernesto Galli Della Loggia

La fine del governo Prodi evoca innanzi tutto un'importante questione storica destinata, temo, ad accompagnarci a lungo: la costante minorità numerica della sinistra italiana, e dunque la sua costante debolezza elettorale di partenza. L'Italia profonda non è un Paese progressista. Ciò costringe la sinistra, per avere qualche probabilità di andare al governo, ad allearsi con forze diverse da lei, più o meno dichiaratamente conservatrici. Il che, tuttavia, come si capisce, può avvenire in momenti e su spinte eccezionali (per esempio l'antiberlusconismo) ma è difficile che duri a lungo. Si aggiunga — come concausa di questa minorità, e sua aggravante — la paralizzante eredità comunista. La vicenda italiana indica quanto sia difficile che da quell'eredità nasca un'evoluzione di tipo uniformemente socialdemocratico. La stragrande maggioranza degli eredi del vecchio Pci, infatti, come si sa, ha rifiutato tale evoluzione e il suo nome, preferendo invece, al suo posto, quello alquanto vago di «democratici ».

Accanto a loro è nato dal tronco del vecchio partitoun blocco di tenace radicalismo (le tre o quattro formazioni che ancora si dicono «comuniste ») il quale include almeno un terzo dell'antico elettorato di Botteghe Oscure: insomma un ulteriore fattore di debolezza. C'è poi da ultimo la sinistra cattolica proveniente dalla vecchia Democrazia cristiana. Per avere qualche speranza di vincere è necessario dunque assommare e combinare queste tre componenti, e in più, come dicevo, è necessario trovare un'alleanza con il centro. Un'impresa non da poco, bisogna ammettere; proprio per riuscire nella quale si è spinti a ricorrere a una personalità a suo modo autonoma e di prestigio, per esempio Romano Prodi, la quale però a sua volta tenderà per forza di cose a concepire anch'essa prima o poi una sua personale strategia, a costituire un suo personale polo politico. Portando così al massimo il potenziale divisivo e la confusione delle lingue. Il governo Prodi, già nato sulla base di queste difficoltà strutturali, le ha aggravate di suo con una serie di errori e di insufficienze. Innanzi tutto con la faccenda del programma. Invece di provare a superare la fortissima disomogeneità dell'alleanza accordandosi preliminarmente su cinque, al più dieci, cose importanti da fare nella legislatura, invece di perdere anche magari qualche settimana prima delle elezioni a discutere priorità e stabilire modalità a quel punto davvero vincolanti, si è preferito soddisfare le esigenze identitarie dei circa dieci-dodici componenti della coalizione e compilare un ridicolo programma «monstre» di 280 e passa pagine, impossibile da attuare ma solo fonte di discussioni e rivendicazioni continue, da parte di tutti contro tutti, appena si è cominciato a governare: e da cui nessuno, ovviamente, si è mai sentito impegnato. Anche su queste secche si è incagliata la capacità realizzativa del governo. La cui portata assai limitata, del resto, si è però vista già all'inizio, nell' estate del 2006, quando il ministro Bersani presentò un pacchetto di riforme liberalizzatrici che, pur se nella sostanza cautissime, furono ancor di più sterilizzate finendo per partorire il più classico dei topolini.

Egualmente, di qualunque vera riforma dell'ordinamento giudiziario— un'altra questione cruciale che mina la vita del Paese — non si è sentito mai parlare. Lo stesso dicasi poi per quella che pure il centrosinistra aveva presentato come la più urgente ed essenziale delle riforme: la legge sul conflitto d'interessi. Sono pure cadute nel dimenticatoio grandi questioni nazionali, come l'infame legislazione sulla sanità pubblica, le condizioni delle reti infrastrutturali, lo stato disastrato dell'istruzione. Per quanto riguarda i conti pubblici, infine, anche qui all'urgenza da tutti invocata di ridurre la spesa pubblica non è stato dato alcun seguito, nel mentre si è ricorso come sempre all'aumento del carico fiscale. Insomma, la coalizione di centrosinistra, presentatasi come portatrice di volontà e di visioni realizzative assai superiori a quelle dei suoi avversari, è mancata clamorosamente alla promessa creando un sentimento di disillusione profonda nell'opinione pubblica. Sentimento accresciuto dalla presenza, anche ai vertici, di un personale politico troppo di frequente demagogico, vuotamente assertivo quanto inconcludente, di cui il ministro Pecoraro Scanio è stato l'esempio ormai emblematico.

Un personale politico che su un altro versante ancora ha mostrato peraltro la sua scarsa qualità: su quello dell'occupazione del potere. A cominciare dal presidente del Consiglio il centrosinistra ha condotto dappertutto una sistematica politica lottizzatrice. I suoi uomini di governo, favoriti dalla vasta influenza sociale e culturale a loro omogenea, frutto della storia della Repubblica, non hanno mai fatto spazio a nulla e nessuno che non portasse la loro etichetta politica. Posti, incarichi e finanziamenti sono andati solo a persone e cose della loro parte. Per quella che non era ritenuta tale, invece, non si è mancato di fare ricorso a pressioni dirette e indirette, intrecciate a più o meno sottili intimidazioni. In questo modo, e abbastanza paradossalmente, la coalizione di centrosinistra è venuta costruendo un'immagine di sé sempre più identificata con le oligarchie e i poteri tradizionali, con le nomenclature più tenaci della Repubblica. E ben prima che il verdetto del Senato sono stati lo scoramento e la delusione che tutto ciò, insieme al resto, ha provocato nei suoi stessi elettori, che hanno scavato la fossa in cui alla fine il governo è precipitato

27 gennaio 2008

IMMAGINE E PAROLA


criminal profiling


http://www.squidoo.com/criminalprofiling

Ed Gein

sabato 26 gennaio 2008

scenari tv

Claudio Plazzotta per “Italia Oggi”

Eccolo qui, quindi, il nuovo panorama televisivo, con tre operatori che giocano la partita anche su tavoli diversi: risorse pubbliche, mercato pubblicitario, abbonamenti, servizi pay per view. È, questa, la dimostrazione che, pure in un paese bloccato come l'Italia, vi era e vi è lo spazio per fare concorrenza a Rai e Mediaset. Basta investire. Rupert Murdoch, con Sky, l'ha fatto.

C'era una volta il duopolio. Ancora tanti analisti, nell'elaborare gli scenari della televisione italiana, raccontano la favola di Rai e Mediaset impegnate a spartirsi la torta, a calibrare i palinsesti. Ma, dati alla mano, le cose non stanno più così. In base alle elaborazioni di “Italia Oggi”, il 2007, infatti, si è chiuso con una Rai a quota 2,96 miliardi di euro di ricavi, contro i 2,83 miliardi di Mediaset (in Italia) e i 2,50 miliardi di Sky Italia.

Lo scenario, quindi, è assolutamente cambiato, con tre grandi competitor che, peraltro, pescano le loro risorse da settori differenti. In Rai oltre il 52% degli incassi deriva dal canone, un finanziamento pubblico che entra nelle casse di viale Mazzini a seguito della firma di un contratto di servizio pubblico.

Nel 2007 il canone è aumentato del 4,6%, mentre la raccolta pubblicitaria, a cura di Sipra (che proprio ieri si è riportata a casa la raccolta di RaiSat Extra, RaiSat Premium e RaiSat Cinema, subentrando a Prs) dovrebbe chiudere con un più modesto +1,5%. Il bilancio, come più volte annunciato dal direttore generale Claudio Cappon, potrebbe presentare una perdita anche piuttosto consistente (46 milioni di euro).

Più floridi, invece, i conti di Mediaset: in Italia il gruppo del Biscione chiuderà l'anno con ricavi per circa 2,83 miliardi di euro, proiettando anche sull'ultimo trimestre la crescita del 3,7% dei primi nove mesi 2007. La quota parte relativa alla raccolta pubblicitaria, comunque, è in calo: ormai solo l'85% degli incassi deriva dalle inserzioni commerciali, mentre il resto arriva grazie a operazioni di diversificazione, non ultima quella sulla pay tv e l'offerta Mediaset premium.

Quanto a Sky Italia, la piattaforma a pagamento satellitare guidata dall'a.d. Tom Mockridge, proiettando a fine anno le stime di crescita del 12%, dovrebbe attestarsi a ricavi per 2,50 miliardi, di cui circa l'86% derivanti dai 4,3 milioni di abbonamenti, e solo il 14% da raccolta pubblicitaria.

giovedì 24 gennaio 2008

il colore della memoria

da "Repubblica online"

Poste in tilt, 200 tonnellate di arretrati
E gli utenti preparano la class action

Ecco le immagini che documentano la paralisi del centro: montagne di buste e stampe accumulate nei sotterranei
Quintali di plichi abbandonati. Cassette stracolme e giacenti. Pile di ceste piene di stampe e lettere. Carrelli zeppi di posta dappertutto e scatoloni divelti, con il contenuto sversato per terra. Al primo piano, a piano terra e persino nei sotterranei, ingolfati di merce quando, per legge, dovrebbero restare sgombri. È il centro meccanizzato postale di Milano Roserio, uno dei tre punti di smistamento della Lombardia (con Peschiera Borromeo e Brescia). Leggi l'articolo e guarda i video

Lettere che non arrivano, biglietti di auguri mai giunti a destinazione, bollette e fatture mai recapitate al cliente. Il caos di Roserio testimonia la situazione delle poste in lombardia, dove oltre 200 tonnellate di corrispondenza giacciono negli uffici postali e nei centri di lavorazione e smistamento. Posta ferma. Bloccata. Chi si è visto tagliare telefono, gas e luce. Chi è costretto a pagare more inattese gonfiatesi nei mesi. Chi va di persona a ritirare la corrispondenza negli uffici postali.

Per Poste Italiane le cause della paralisi sono tre: il rodaggio della riorganizzazione del servizio di recapito; l´aumento della posta a dicembre del 2007 e l´avvio del nuovo modello di recapito sull´area Milano-Bovisa. In più, dicono, bisogna aggiungere lo sciopero degli straordinari dei portalettere e due giorni di neve.

Giovanni Testa, sindaco di Boltiere, un paese in provincia di Bergamo, ha scritto alla Telecom, all´Enel e all´Italcogim: «Prorogate le bollette, i miei cittadini sono inadempienti, ma è colpa dei ritardi delle Poste". In tutta la regione gli utenti infuriati tempestano di telefonate gli uffici postali e il numero verde delle poste italiane (803160). Presentano denunce al Codacons. A Monza e in Brianza è pronta a partire una "class action" contro Poste Italiane. E le procure di Bergamo e Legnano, di fronte ai disagi messi nero su bianco dalla gente, indagano addirittura per interruzione di pubblico servizio.

Intanto Poste Italiane corre ai ripari inviando una ventina di ispettori interni e addetti alla qualità per verificare che cosa sta succedendo negli uffici postali, nei centri meccanizzati e di smistamento della Lombardia.

DAL "CORRIERE DELLA SERA ONLINE"

Venti mesi di «maggioranza sexy»

Romano e le liti, dagli spinelli a Bush

L’ottimismo contro tutto: «Mediazioni? Mai. I comunisti? Folklore. E Mastella sarà una sorpresa»

«Fine de’a gita». Gli ultimi ed esausti respiri del governo Prodi, con quel malinconico applausino nell’aula deserta alla lettura dell’inutile fiducia ottenuta alla Camera, fanno venire in mente al diessino Gianni Cuperlo uno striscione allo stadio di Treviso all’epilogo dell’unica avventura in A chiusa con 23 sconfitte: «Fine de’a gita». Mai si era visto, in realtà, un gruppo di «gitanti» così rissoso. Fin dall’inizio. Da quella interminabile notte in cui, stremato dalla delusione per la «vittoria mutilata», quella vittoria che i sondaggi per mesi avevano dato come larghissima ed ora si rivelava sottile come carta velina, il Professore era apparso per dire: «Le elezioni le abbiamo vinte. Di un soffio, ma vinte». Al diavolo i dubbi e le offerte berlusconiane di una grande coalizione: «Posso governare cinque anni. La legge me lo permette». E via così. Con le citazioni di Bush che perfino al momento di decidere la guerra in Iraq (pur contando su un certo consenso trasversale) aveva al Senato un solo voto in più dei democratici e quelle di Churchill e Adenauer e «tanti altri che avevano un solo voto di maggioranza». E guai a ricordare che qui da noi la situazione era diversa perché dalle altre parti non capita che una coalizione sia costretta a contare sulla salute di sette senatori a vita: «Come va, caro, quel dolorino al nervo sciatico? ». Lui tirava dritto. Facendo coraggio a se stesso per far coraggio agli altri. Certo di durare? «È una squadra, la nostra, coesa e omogenea, dureremo cinque anni».

Proprio sicuro? «C’è l’impegno di tutti affinché questa coalizione vada avanti nei prossimi cinque anni. La coalizione è questa. Non cambia. Dura l’intera legislatura». E le risse interne? «Ogni motore va collaudato, vi assicuro che fra poco si sentirà armonia, come a sentire una Ducati o una Ferrari. Una Feraaaaari! ». E l’incapacità di decidere? «I ministri non possono esprimere opinioni, debbono esternare le decisioni, le conseguenze e le implementazioni ». E il rischio quotidiano di una caduta? Al che, lui allargava le mani come un Cristo Pantocratore per abbracciare nella benedizione tutti gli elettori delle circoscrizioni estere: «Abbiamo avuto l’incarico di governare dagli elettori di cinque continenti. Quindi governeremo». Il giorno dopo la vittoria uscì di casa a Bologna, per la sgroppatina quotidiana sotto i portici con una tuta azzurra attillatissima con scritto «Italia» sulla schiena e sprizzava il buonumore di chi era convinto che l’impresa più difficile, vincere le elezioni, fosse stata compiuta: il resto, bene o male, sarebbe stato meno complicato. Del resto, aveva già spiegato a Giampaolo Pansa come vedeva il futuro: «A me non piace mediare. Voglio governare. Ogni volta che si riunirà il Consiglio dei ministri, non si discuterà, ma si deciderà». Sì, ciao. Una tensione dopo l’altra. Tutti i giorni. Sulla scelta di confermare la decisione berlusconiana di concedere agli americani l’aeroporto «Dal Molin», con Massimo D’Alema che diceva che «una retromarcia sarebbe stata letta come un atto ostile» e Manuela Palermi, capogruppo dei comunisti italiani in Senato, che tuonava: «Il governo deve dire no».

Sulle impronte digitali, che Luciano Violante invocava contro i clandestini che si cancellano i polpastrelli e Paolo Cento avversava perché «invece di fare leggi per acchiappare i potenti che evadono e che delinquono ce la prendiamo con qualche povero diavolo di immigrato ». Sulla droga, col ministro Livia Turco da una parte e la mamma Turco Livia dall’altra: «Il più stupefatto, quando ho aumentato la dose minima consentita per uso personale, è stato mio figlio. Mi ha detto: "Mamma, non ti capisco". Gli ho detto: "Adesso ti spiego: come madre, se provi a farti uno spinello ti riempio di botte". Poi c’è la mia posizione come ministro. Gli ho domandato: "Secondo te è giusto che un tuo compagno di scuola al quale i genitori non hanno fatto una capa tanta come tuo padre e io l’abbiamo fatta a te, e che magari pensa che fumare uno spinello non sia pericoloso, corra il rischio di venire arrestato?». Una via crucis. Nella prima stazione si contempla... Nella seconda... Per venti mesi, in mezzo ai flutti, agli scossoni, agli uragani, alle grandinate, Prodi non ha perso occasione per sottolineare d’esser il perno di tutto. Ironico: «Berlusconi dice che domani cadiamo? Lo dice tutti i giorni...». Tranquillo: «Sono sereeeeno. Fermo e sereeeeno». Sicuro: «Il nostro è un governo seeerio e coeso, coeso e seeerio!». Le bufere sui costi della politica? «Mo quello è un tema che ho inventato io! Entro giugno vareremo un disegno di legge!». Perplessità sull’obesità di un esecutivo di 102 persone? «Abbiamo dovuto cedere qualcosa... Ma nei punti chiave ho deciso io: Amato agli interni, Padoa Schioppa all' economia, D’Alema agli esteri... Squadra buonissima!».

E Mastella alla Giustizia? Rispondeva ficcandoti il dito indice nelle costole per rafforzare il concetto: «Io dico che Mastell a s a r à una s o r p r e s a . Una sor-pre-sa!». «Ma c’è o ci fa?», si chiedevano i corrispondenti esteri che non capivano fino a che punto questo suo marmoreo ottimismo fosse un modo per caricare gli amici e irridere agli avversari o se ci credesse davvero. Il massimo lo diede quando l’inviato del tedesco Die Zeit gli chiese: «La nostra signora Merkel fa già fatica a guidare una coalizione di due soli partner. Ci spieghi come farà a tenerne insieme nove ». E lui: «All’interno dei vostri due partiti di coalizione esistono quaranta diverse correnti, non solo nove! I tedeschi, mi perdoni la franchezza, hanno impiegato molto più tempo a stringere il patto di coalizione rispetto a noi. Ci hanno messo due mesi! In un mese io ho fatto eleggere i presidenti delle due Camere, un presidente della Repubblica, formato il governo e superato il voto di fiducia. Siamo italiani, ma mi sembra che da voi il tutto proceda con molta più fatica. Noi abbiamo solo più folklore, Rifondazione Comunista, i Comunisti Italiani...».

Mai una concessione a chi gli ricordava come il suo governo fosse sempre sull’orlo della crisi. Anzi, un giorno con Gianni Riotta si permise una battuta che gli sarebbe stata rinfacciata: «Ci sono stati quattro casi di coscienza sull’Afghanistan, è vero. Ma siamo ancora qui, mi pare. Avessimo vinto le elezioni con più agio sarebbe stato più facile ma così è più thrilling, c’è più avventura. Vuole la verità? È più sexy!». Dieci anni fa, nel 1998, andò uguale: sorrise dell’ipotesi di andarsene fin quasi all’ultimo. Sempre ottimista a costo d’apparire giulivo: «Non è ancora l’epoca delle vacche grasse ma la stiamo preparando!», «Abbiamo l’attivo primario più alto del mondo!», «Ho il fiato corto? Durerò vent’anni! », «Problemi? Sono come quel personaggio del Carosello, "Ercolinosempreinpiedi". Solo che lui dondolava e io no». Anche ieri sera, mentre dai banchi del governo si avviava verso l’uscita, assicurava agli amici che lui non dondolava: «Andiamo fino in fondo». Anche molti dei suoi però, ieri sera, hanno spento la luce sospirando sullo slogan ulivista della campagna vincente di due anni fa e un millennio fa: «Domani è un altro giorno».

mercoledì 23 gennaio 2008


Heath Ledger, la star di Brokeback Mountain, è stato trovato morto nel suo appartamento a New York. L'attore australiano, che aveva appena 28 anni, viveva da solo in un residence a Manhattan dopo la separazione dalla moglie

dal "Corriere della Sera" Online


Omino verde su Marte, ufologi in tilt

Probabilmente è un effetto ottico, ma sembra una statuina verde femminile a mani giunte inginocchiata

MILANO - È una collinetta? Un semplice gioco di ombre? O veramente si tratta di qualche strana creatura marziana? Probabilmente non è il famoso omino verde quello scovato sulle alture del pianeta rosso ma un'insolita roccia. Tuttavia, le immagini catturate a fine del 2007 dalla sonda spaziale Spirit, e riprese ora da vari siti, hanno acceso un vivace dibattito in rete e messo in agitazione diversi blogger.

IMMAGINI - Bluff o clamorosa scoperta? Questi i fatti: si tratta di alcune affascinanti foto panoramiche scattate appunto da uno dei due robot della Nasa in missione sulla superficie marziana nell'ambito dell'operazione Mars Explorer. Nonostante le tempeste di sabbia che imperversano, sono ancora in attività le due rover robotizzate Spirit e Opportunity che dal 2004 hanno continuato a marciare sul suolo mandando immagini a 360 gradi e dati sulla conformazione del pianeta. Proprio uno di questi paesaggi è finito sotto la lente d'ingrandimento degli appassionati di astronomia. Dalle colline si intravede, infatti, un misterioso omino, apparentemente di colore verde che passeggia indisturbato. Anche i londinesi Daily Mail e Times si domandano a questo punto - un po'ironicamente - se effettivamente la sonda abbia scoperto finalmente la vita su Marte. Per il Daily Mail ha tutta l'aria di essere «una figura femminile che distende un braccio»; per il Times è «Bin Laden che si nasconde a 300 milioni di miglia di distanza dalla Terra».

COMMENTI - La notizia è naturalmente tra le più commentate: per molti si tratta semplicemente di un effetto ottico basato su luci e ombre - un po' come fu per l'oramai celebre «volto» scovato sulla superficie di Marte. La foto è autentica secondo The Register - scattata appunto su Marte (in una lunga esposizione durata dal 6 al 9 novembre 2007, come dice espressamente la foto pubblicata sul sito della Nasa, l'ente spaziale americano afferma che la foto è in colori leggermente falsati in modo di aumentare i contrasti dell'immagine). E sarebbe stato un lungo e minuzioso esame, pixel dopo pixel, di vari astronomi amatoriali, a portare ora alla luce l'intrigante sagoma.

MISSIONE - Nessun commento è arrivato dall'agenzia statunitense. Per gli scienziati della Nasa la sonda Spirit ha effettivamente trovato alterazioni sulle rocce che dimostrerebbero ancora una volta che sul pianeta rosso c'era acqua. Secondo le prove raccolte in questi anni l'acqua potrebbe avere interagito e cambiato la composizione di queste rocce. Agli antipodi del pianeta rosso, Opportunity, aveva già individuato prove evidenti di un ambiente un tempo umido. Già i primi robot, Viking 1 e Viking 2, atterrati su Marte nel 1976, cercarono indizi della presenza di forme di vita elementari, ma senza successo. A ogni modo il presunto «alieno» genera curiosità, se non addirittura ilarità, ma quanto meno ci porta a domandarci nuovamente se siamo gli unici nell'universo?

Elmar Burchia
23 gennaio 2008

duchamp su duchamp




righe dritte o righe storte?

Giovanni Caviezel - Catalogo pittura


blue © 1989 Giovanni Caviezel
spray acrilici su carta nera
70x100

opera perduta

Giovanni Caviezel - Catalogo pittura


red © 1989 Giovanni Caviezel
spray acrilici su carta nera
70x100

opera perduta

martedì 22 gennaio 2008

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da "Il Messaggero"

Roma, rimozioni auto mirate: quattro indagati

Un carro gru porta al deposito un'auto rimossa (Foto Toiati)di Davide Desario
ROMA (22 gennaio) - «Rimuovete tante macchine nuove o costose. Basta scassoni». E' l’input per la polizia municipale di Roma. Ad impartirlo sono alcuni uomini chiave del Clt, il Consorzio Laziale Traffico che dal 2005, dopo un iter tortuoso, gestisce per il Comune di Roma tutto il sistema rimozioni. Il motivo è semplice: moltiplicare incassi e guadagni. E' quanto emerge da un'inchiesta della Procura della Repubblica di Roma. Per ora gli indagati sono quattro: Luca Pucci, Stefano De Angelis e altri due dipendenti del Clt. Il primo, con la sua azienda, è uno dei soci del Clt. Il secondo, ufficialmente è un geometra dell'assessorato ai lavori pubblici del Comune di Roma ma, secondo le indagini, è il deus ex machina di un'altra azienda che fa parte del consorzio. L’ipotesi di reato è abuso d’atti d’ufficio in concorso tra loro: con la complicità di alcuni vigili urbani che ancora devono essere identificati, avrebbero organizzato un sistema diabolico per accrescere i profitti sulla pelle di Roma e dei romani.

Dai gioielli al tesori - L'inchiesta della Procura parte da lontano. Dal 3 maggio del 2006 per la precisione. Quella mattina, infatti, alle 9,45 un carroattrezzi di quelli utilizzati per rimozioni viene utilizzato per una spettacolare rapina alla gioielleria Bulgari in via Condotti. Il colpo non va a segno. Ma scattano le indagini della polizia per cercare i responsabili che, infatti, dopo poco vengono individuati e arrestati. I tre avevano rubato il carroattrezzi al Consorzio Laziale Traffico pochi mesi prima: il 26 marzo del 2006 dal deposito in via Tiratelli nella zona di Torrevecchia (di proprietà della società di Pucci) e poi, dopo averlo modificato, lo hanno usato per tentare di sfondare le vetrine blindate della gioielleria. Il pubblico ministero Carlo Lasperanza non si ferma. Vuole fare chiarezza sul furto del carroattrezzi. Ma più cerca di fare luce e più scopre situazioni tutt'altro che chiare. Ma soprattutto scopre un business di milioni di euro.

Quel consorzio dalle uova d'oro - Il Clt è il consorzio di aziende che dal 2005 gestisce il sistema delle rimozioni dei veicoli a Roma. Prima se ne occupava la Sta (l'agenzia della mobilità del Comune) la quale, però, si serviva sempre dei depositi auto del Clt. Una gestione che ha portato il Campidoglio ad accumulare milioni di euro di debiti da pagare ai titolari dei depositi per il loro utilizzo. Nel 2004 viene organizzata una gara d'appalto. La vince proprio il Clt che dispone di quattro grandi depositi in altrettanti quadranti della città. Il presidente è Ezio Di Salvo. Le società sono una decina ma fanno riferimento, di fatto, a solo tre persone: Luca Pucci, Lorenzo Gracchiolo e Stefano De Angelis. L'accordo con il Campidoglio, in sintesi, è semplice: il Comune, tramite i vigili, assicura un incasso biennale minimo presunto di 3,6 milioni di euro ovvero 1,8 milioni ogni anno. E per essere sicuri l'allora comandante del corpo della polizia municipale, Aldo Zanetti, inserisce le rimozioni tra gli obiettivi dei comandanti locali per ottenere il premio di produzione di fine anno. E qualche comandante fa di più. Come quello alla guida del XVIII gruppo che già a fine gennaio 2005 arriva a ordinare alla squadra addetta al servizio rimozioni uno standard minimo di quattro rimozioni per turno. E infatti da quel momento il numero delle rimozioni nella Capitale si impenna. Nel 2004 ne erano state fatte 50.499, nel 2005 diventano 60.932 (+20%) e nel 2006 raggiungono la quota record di 70.000 (+38% rispetto al 2004). E se si considera che mediamente per ogni rimozione il proprietario del veicolo, oltre alla multa, deve pagare 75 euro (più 8 euro al giorno per i giorni di permanenza nel deposito) e che non tutti riescono a riprenderlo il giorno stesso, il conto è bello e fatto. Un giro d'affari di mezzo milione di euro al mese. Nel 2006, secondo i bilanci forniti alla Camera di Commercio di Roma, il Clt ha fatturato 6,7 milioni di euro. Altro che 1,8 l’anno.

Depositi abusivi - Il pm Lasperanza delega la polizia di fare accertamenti sullo stato e la sicurezza dei depositi delle auto rimosse che sono gestiti dal Clt. E ne saltano fuori delle belle. Per accogliere il mare di auto portate via dalle strade di Roma, infatti, alcuni depositi del Clt si sono abusivamente allargati, occupando dei terreni adiacenti senza alcuna autorizzazione e soprattutto norma di sicurezza. In quei terreni, a quanto risulta dai sopralluoghi degli investigatori, vengono sistemate le auto di "lunga giacenza".
Ovvero tutti quei veicoli, vecchi, arrugginiti, ammaccati, che nessuno è mai andato a ritirare perché il loro valore è ormai inferiore al costo del deposito. Scattano sequestri e sigilli e anche un primo procedimento penale nei confronti dei titolari da parte dell'Arpa Lazio (agenzia regionale protezione ambiente).
E così, oltre a quello giudiziario, per i soci del Clt si presenta un problema non da poco: quello dello spazio dove sistemare le auto rimosse dalle strade.

Rimozioni mirate - Con la chiusura dei depositi abusivi il Clt rischia al collasso. Così si studia la situazione e vengono prese le contromisure. I depositi, non possono più permettersi di occupare spazio da macchine vecchie che nessuno va a ritirare, che spesso sono intestate a persone povere che le ritirano dopo troppi giorni o addirittura rinunciano perché non sono in grado di pagare la somma. Bisogna cercare di ottimizzare tempi e spazi. Come? Semplice, facendo rimuovere auto nuove o costose i cui proprietari corrono a riprendersele: Suv, berline di lusso (tipo Mercedes, Bmw e Audi), ma anche le macchine più piccole utilizzate dai giovani come le Smart, Mini e Mercedes classe A (che tra l'altro occupano anche meno spazio). Così magari un posto nello stesso giorno viene occupato (e quindi pagato) da più macchine. Per farlo, però, serve "l'aiuto" dei vigili urbani e dei cosiddetti vigilini (Operatori Comunali della Mobilità). Così si invita, non sempre con le buone, la polizia municipale ad attenersi alla linea: dirigenti, funzionari e agenti compiacenti fanno il resto. E il gioco è fatto. Almeno fino a quando non entra in scena la procura. Scattano le prime perquisizioni e pedinamenti. Vengono ascoltati per primi l'ex comandante del corpo della polizia municipale Zanetti, il suo vice Romano Celli, e il presidente del Clt Ezio Di Salvo. Poi il sequestro di documenti presso il comando generale di via della Consolazione (l'ultima visita qualche giorno fa). Arrivano le prime testimonianze e altre prove.

Attenti a quei due - Per ora sul registro degli indagati sono finiti due degli uomini chiave del Clt. Luca Pucci e Stefano De Angelis.
Il primo, 51 anni, è uno dei soci del Clt nonché fratello di Maurizio Pucci, uno dei manager più conosciuti della pubblica amministrazione: attualmente è il direttore della protezione civile del Lazio ma negli ultimi anni è stato anche direttore operativo dell'Ama, amministratore delegato di Musica per Roma.
Stefano De Angelis, 52 anni appena compiuti, ufficialmente è un geometra dell'assessorato ai lavori pubblici del Comune di Roma ma, secondo gli inquirenti, è il vero deus ex machina del Clt.
Per entrambi l'accusa del pm Lasperanza è semplice quanto pesante: nel periodo compreso tra ottobre del 2006 e settembre del 2007, "in concorso tra loro e con pubblici ufficiali allo stato ignoti, si accordavano per effettuare una serie di rimozioni di autoveicoli in sosta di intralcio finalizzate a massimizzare i profitti della loro società, con scelta delle autovetture più convenienti da rimuovere, così da rendere il servizio pubblico strumentale al loro guadagno, anziché al raggiungimento delle finalità pubbliche per il quale era stato previsto". Ma l'inchiesta è solo all'inizio.

QUAL È IL PESCE PIÙ GRANDE?

Giovanni Caviezel - Catalogo pittura


spazio, 1991 © giovanni caviezel
inchiostri, tempere e biacca su carta

lunedì 21 gennaio 2008

capirai che consolazione...

Italia.it, "spesi solo 7 milioni"

Scritto da: Federico Cella alle 11:27

Torniamo sulla notizia della chiusura del portale del turismo italiano: le agenzie di stampa finalmente ne parlano, e lo fanno con le parole di Ciro Esposito, il capo dipartimento per l'Innovazione tecnologica. Che ci spiega come «a ottobre il ministro per i Beni Culturali con delega al Turismo Francesco Rutelli disse che il portale non era più funzionale. Noi di conseguenza abbiamo deciso di procedere ad un momento di ripensamento. Il contratto che era stato siglato con una società di cui l'Ibm era la capofila, era valido fino al 31 dicembre. Dall'1 gennaio abbiamo attivato le procedure di chiusura. Ora si dovrà decidere come procedere».

Come ci ha anticipato il gentile lettore manuelscorza nel post precedente, dei 45 milioni di euro stanziati per il
funzionamento del portale, ne sarebbero stati spesi, in due anni e mezzo, circa 7 per la costruzione e la gestione. Continua Esposito: «Ci sono dunque tutte le risorse per riprendere il lavoro, bisognerà decidere con quali attori, se indire un nuovo bando di gara o no e individuare il nuovo gestore».

Ecco dunque come sono andate le cose
: «Le decisioni sono state prese dal governo nazionale, ovvero dai ministeri di Rutelli e Nicolais», ha quindi detto l'assessore della Regione Liguria Margherita Bozzano, che è responsabile dei contenuti del portale per le Regioni, riferendosi alla chiusura del portale.

Per il 23 gennaio è dunque programmato un incontro tra alcuni assessori regionali al Turismo e il ministro per l'Innovazione tecnologica Nicolais. «Vogliamo avere i 21 milioni - ha spiegato la Bozzano - che le Regioni, pur avendo in gran parte approvato i progetti relativi ai contenuti da inserire nel portale, non hanno mai ricevuto». Infatti, secondo quanto si è appreso, non è mai stato fatto il decreto di trasferimento di questi fondi alle tesorerie delle Regioni. Secondo Bozzano l'orientamento sarebbe, a questo punto, quello di implementare il sito dell'Enit, arricchendolo con i contenuti delle Regioni e rendendolo un portale interattivo. E tuttavia in Finanziaria, sempre secondo quanto ha riferito l'assessore, un emendamento che prevedeva la gestione del portale Italia.it da parte dell'Enit e la trasformazione di questo in ente pubblico economico, non è passato.

Il Codacons, infine, ha annunciato in merito di voler presentare un ricorso alla Corte dei Conti: «Apprendiamo oggi che il portale, il cui scopo era quello di pubblicizzare e valorizzare il turismo in Italia, non è più visitabile sul web - afferma il presidente, Carlo Rienzi -. Un sito costato la bellezza di 7 milioni di euro, soldi pubblici investiti per un portale ora inutilizzabile. Chiediamo alla Corte dei Conti di aprire una indagine per accertare come sono stati spesi nel dettaglio questi 7 milioni di euro e quali vantaggi concreti il portale abbia portato al turismo italiano, verificando eventuali sprechi di denaro pubblico a danno della collettività».

domenica 20 gennaio 2008

http://artofoblivion.blogspot.com/


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disegno misterioso 2

cos'è?

EROS NERO


Da "La Stampa"
Simenon, l'eros è nero

Nel «Treno», un amplesso al buio. La visione della sessualità di uno scrittore irresistibilmente attratto dalla ninfomania, dal voyeurismo, da un desiderio macabro e criminale
GEORGES SIMENON
Adelphi manda in libreria dal 23 gennaio «Il treno» di Georges Simenon, scritto nel 1961 (trad. di Massimo Romano, pp. 152, e 16). Pubblichiamo in anteprima il brano dell’incontro tra i due protagonisti, una delle pagine erotiche più esplicite del romanziere.

Alle mie spalle, colui che avevo scambiato per un mercante di cavalli a poco a poco si mise sopra la sua vicina che, allargando le ginocchia, mi sfiorava la schiena. Eravamo tanto vicini gli uni agli altri, la mia attenzione era così desta, che percepii il momento esatto della penetrazione.
Anche Anna, potrei giurarlo. Il suo viso, i suoi capelli, le sue labbra socchiuse sfiorarono la mia guancia, ma non mi baciò, né io tentai di baciarla.
Non eravamo i soli ancora svegli, e sicuramente anche altri se n’erano accorti. Il movimento del treno ci scuoteva tutti; dopo un po’, il frastuono delle ruote sulle rotaie diventava una musica.
Forse mi esprimo in modo crudo, per goffaggine, proprio perché sono stato sempre un uomo pudico, anche nei pensieri.
Non mi ero mai ribellato al mio modo di vivere. L’avevo scelto io. Avevo realizzato con pazienza un ideale che, fino al giorno prima, e lo ripeto in tutta sincerità, mi aveva soddisfatto.
Adesso ero lì, nel buio, con quella musica del treno, bagliori rossi e verdi che passavano, fili del telegrafo, gli altri corpi stesi sulla paglia e vicino a me, a portata di mano, si stava consumando quello che padre Dubois chiamava l’atto carnale.
Contro il mio corpo si strinse un corpo di donna, teso, vibrante, mentre una mano già rialzava il vestito nero e tirava giù le mutandine sino ai piedi, che se ne liberarono con uno strano movimento.
Non ci baciavamo ancora. Anna mi attirò a sé, e mi fece ruotare su me stesso – silenziosi entrambi come due serpenti.
Il respiro di Julie divenne più affannoso. Proprio in quel momento, Anna mi aiutò a penetrarla – e all’improvviso fui dentro di lei.
Non gridai. Ma fui lì lì per farlo. Fui lì lì per pronunciare parole senza senso, per esprimere la mia gratitudine, la mia felicità, o anche per lamentarmi, poiché era una felicità che mi faceva soffrire.
Soffrivo di non poter raggiungere l’impossibile.
Avrei voluto esprimere tutta la mia tenerezza per quella donna che il giorno prima non conoscevo, ma che era un essere umano, che diventava ai miei occhi l’essere umano.
Senza rendermene conto, le facevo male, le mie mani si accanivano nel tentativo di afferrarla tutta intera.
«Anna...».
«Zitto! ».
«Ti amo».
«Zitto! ».
Per la prima volta dicevo «ti amo» in quel modo, dal profondo di me stesso. Ma era poi lei che amavo, o la vita? Non so spiegarmi: io ero nella sua vita; avrei voluto rimanerci per ore, non pensare più a nient’altro, diventare come un albero al sole. Le nostre bocche si incontrarono, umide. Non pensai a chiederle, come al tempo delle mie esperienze giovanili:
«Posso?».
Potevo, dato che lei non se ne preoccupava, dato che non mi respingeva, anzi, mi tratteneva dentro di sé. Le nostre labbra alla fine si staccarono, le nostre membra si distesero.
«Non muoverti» mormorò in un soffio. E, mentre rimanevamo invisibili l’uno all’altro, prese ad accarezzarmi la fronte, dolcemente, seguendo con la mano, come uno scultore, le linee del mio volto.
Sempre sottovoce, mi chiese: «Sei stato bene?».
Mi ero forse sbagliato nel pensare che avevo un appuntamento con il destino?

da «Il treno» trad. di Massimo Romano
© 1961 Georges Simenon Limited (a Chorion Company) All rights reserved
© 2007 Adelphi ed. S.P.A. Milano

venerdì 18 gennaio 2008

Italia.it, costoso e... chiuso

Scritto da: Federico Cella alle 19:31

Mi segnala un collega del Corriere del Mezzogiorno che questa mattina è andato in pensione superanticipata il portale Italia.it, inaugurato dal vicepremier Francesco Rutelli poco più di un anno fa e costato la spaventosa cifra di 45 milioni di euro. Per costi elevati e scarsissimi risultati, il ministro per i Beni culturali aveva già annunciato quest'autunno il rischio di fallimento. E ora il rischio è diventato realtà, in silenzio e senza alcuna agenzia stampa a darne notizia. Grazie ai colleghi di Napoli!

Giuseppe Prezzolini


"Appena esco d'Italia tutto mi pare più bello, più pulito, più comodo".
Giuseppe Prezzolini, 1908

Nato "per caso" (come lui amava dire) a Perugia da genitori senesi, Prezzolini si trova, a causa del mestiere del padre Luigi (era Prefetto del Regno) a viaggiare molto. Persa la madre ancora bambino, Prezzolini cresce studiando nella fornita biblioteca del padre.

Perso anche il padre in giovane età, inizia la sua attività di giornalista ed editore ad appena 21 anni. Agli inizi del '900 si trasferisce a Parigi dove entra in contatto con alcuni grandi uomini di cultura francesi del tempo, fra cui Henri Bergson. Prima ancora di partire per la Francia aveva conosciuto Giovanni Papini insieme al quale fonda nel1903 la rivista Leonardo, pubblicata fino al 1908. Nello stesso anno fonda La Voce, prestigiosa rivista che durante il suo periodo di esistenza (verrà pubblicata fino al 1916) spazierà su temi legati alla letteratura, politica e società, e avrà tra i suoi collaboratori numerose personalità di spicco dell'Italia del tempo.

Partecipa alla Prima guerra mondiale come capitano dell'Esercito italiano.

Si trasferisce negli Stati Uniti nel 1929 dove insegna alla Columbia University di New York.

Dopo oltre 25 anni di permanenza negli Stati Uniti, torna in Italia e si stabilisce sulla costiera amalfitana.

Continuando la sua attività di scrittore e di articolista per Il Resto del Carlino, si trasferisce nel 1968 a Lugano dove muore, centenario, nel 1982.

Tra le opere maggiori: i memoriali Dopo Caporetto (1919) e Vittorio Veneto (1920); diversi saggi come La cultura italiana (scritto con Giovanni Papini, 1906), biografie, come Benito Mussolini (1924), Vita di Niccolò Machiavelli fiorentino (1927) e altre opere (America in pantofole, 1950; L'italiano inutile, 1953; Diario 1942-1968, 1980) e il Manifesto dei conservatori.

giovedì 17 gennaio 2008

pirata

pirata © 2007 giovanni caviezel

pressione fiscale reale quasi al 50%

CGIA: ITALIANI 'TARTASSATI'; PRESSIONE FINO AL 50%...
(Agi) - "I contribuenti italiani sono costretti a sopportare una pressione fiscale del 50%". E’ questa la stima elaborata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, un dato "che supera di circa 8 punti percentuali quello ufficiale (nel 2006 era del 42,3%) che annualmente viene dichiarato dall’Istat". Gli esperti della Cgia sono arrivati a questo risultato "stornando" dal Pil nazionale la quota relativa al sommerso economico.

"Tutto questo partendo dalla considerazione che chi evade, anche se crea Pil, non paga tasse e contributi", fa notare la Cgia secondo cui l’istituto nazionale di statistica non fa altro che applicare le disposizioni previste dall’Eurostat (Istituto europeo di statistica) che stabilisce che i sistemi di contabilita’ nazionale di tutti i Paesi Europei devono includere nel conteggio del Pil Nazionale anche l’economia non osservata. Ovvero, il sommerso economico che in Italia l’Istat ha stimato tra i 230,6 e i 245,8 miliardi di euro (ultimo dato disponibile riferito al 2004).

Quindi, secondo l’associazione, il nostro Pil nazionale (che nel 2006 e’ stato pari a 1.475.401 milioni di euro) include anche la cifra imputabile all’economia sommersa stimata annualmente dall’Istat e pertanto la pressione fiscale nel 2006 ha toccato il 42,3%. Gli artigiani mestrini hanno invece effettuato il calcolo al netto della quota addebitabile al sommerso economico. "Facendo questa operazione verita’ - spiega la Cgia - di fatto il Pil diminuisce (quindi diminuisce anche il denominatore) e, pertanto, aumenta il risultato del rapporto.

Ovvero la pressione fiscale". Ma l’analisi e’ andata oltre e ha tenuto conto anche dell’azione di contrasto all’evasione fiscale denunciata dal Governo nel 2006. La Cgia ha quindi detratto circa 27,4 miliardi di euro di economia sommersa (che sono stati ’generati’ dal recupero degli 11,2 mld di imposte non pagate) dal dato complessivo della stima dell’economia non osservata. Pertanto la pressione fiscale "reale" si e’ attestata tra il 49,1 e il 49,7%.

"Nonostante la prudenza con la quale vanno usati questi dati - dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia - i risultati dimostrano che, chi in Italia e’ conosciuto dal fisco, subisce un prelievo fiscale ben superiore al dato statistico ufficiale. Per questo e’ assolutamente improrogabile una seria lotta conto il lavoro nero e l’abusivismo. Aumentando la platea dei contribuenti potremo cosi’ ridurre imposte e contributi a chi oggi ne paga piu’ del dovuto’.

mercoledì 16 gennaio 2008

annie lennox

LA CULTURA DI ANNIE…
Mario Luzzatto Fegiz per il “Corriere della Sera”

Le artiste vanno alla ricerca di se stesse. Spesso, come Mina, ci riescono. Ma noi, amanti del pop, le perdiamo. Crescono, si fanno colte. A volte troppo. La Lennox, del recente «Songs of mass distruction» apriva con «Dark road». Tristissimo. Del genere «bello ma non mi va di riscoltarlo». Si è rivelato il suo requiem. Lontano dai fasti degli Eurythmics con Dave Stewart, colui che l'aveva trasformata da cameriera di fast food a pop star. Non di sola Sony Bmg vive l'arte musicale. Il mondo è pieno di piccole etichette pronte ad accoglierle Annie Lennox. Certo senza anticipi miliardari.

DAL "CORRIERE DELLA SERA ONLINE"

Una sconfitta del Paese


di Ernesto Galli della Loggia


A questo punto la decisione era molto probabilmente inevitabile: Benedetto XVI ha preferito non recitare la parte dell'ospite sgradito. Ha preferito evitare allo Stato italiano la vergogna di dover difendere la sua presenza all'Università di Roma schierando i reparti antisommossa, e ha deciso di rinunciare alla sua visita. E' una grande vittoria dei laici. Il «libero pensiero » ha trionfato e i suoi apostoli possono cantare vittoria: ha trionfato la scienza contro l'ignoranza, la ragione contro la superstizione, Voltaire contro Bellarmino. Hanno trionfato i grandi pedagoghi democratici che nei giorni scorsi, dall'alto della loro sapienza, avevano detto il fatto loro a Joseph Ratzinger definendolo una personalità «intellettualmente inconsistente».
E' una vittoria non da poco. Per la prima volta ciò che finora è stato sempre possibile a tutti i pontefici romani, e cioè di muoversi senza problemi sul territorio italiano, di essere accolti in qualunque sede istituzionale, di prendere la parola perfino nell'aula del Parlamento, per la prima volta tutto ciò non è stato invece possibile a Benedetto XVI. E questo nel cuore della sua diocesi, nel cuore di Roma.
Ma che importa? Assai più importante, dovremmo credere, è che i laici abbiano vinto. Peccato che non riusciamo proprio a crederci. Quella che ha vinto, infatti, è una caricatura della laicità.
E' la laicità scomposta e radicaleggiante, sempre pronta ai toni dell'anticlericalismo, che cinicamente ha usato la protesta dei poveri professori di fisica piegandola alle necessità della lotta politica italiana, delle risse del centro-sinistra intorno ai Dico e all'aborto, della gara per conquistare influenza sul neonato Partito democratico. E' la laicità che vuole ascoltare solo le sue ragioni scambiandole per la Ragione. Che, nonostante tutte le chiacchiere sull'Illuminismo, nei fatti non sa che cosa sia la tolleranza, ignora cosa voglia dire rispettare la verità delle posizioni dell'avversario, rispettarne la reale identità. E' la laicità che dispensa i suoi favori e le sue critiche a seconda di come le torni politicamente utile. Che da tempo, perciò, non si stanca di scagliarsi contro Benedetto XVI solo perché lo ritiene ostile alle sue posizioni sulla scena italiana e allora va inventandosi chissà quale assoluta diversità tra lui e il suo immediato predecessore, fingendo di non sapere che di fatto non c'è stato quasi un gesto, una presa di posizione importante, di Giovanni Paolo II che non sia stata condivisa, o addirittura ispirata, da papa Ratzinger.
Laicità? Sì, una laicità opportunista, nutrita di uno scientismo patetico, arrogante nella sua cieca radicalità. Con la quale un'autentica laicità liberale non ha nulla a che fare. Che anzi deve considerare la prima dei suoi nemici.

16 gennaio 2008

the times they are a-changing

Annie Lennox scaricata dalla Sony Bmg:
«Mi hanno dato un bel calcio sui denti»

Annie LennoxLONDRA (15 gennaio ) - Annie Lennox, ex voce degli Eurythmics e splendida voce della musica pop più impegnata, sarebbe stata scaricata, senza tanti complimenti, dalla Sony Bmg. Una scelta che l'ha lasciata distrutta anche nei modi che le sono stati riservati. La casa discografica ha smesso di rispondere alle sue telefonate quando mancavano poche settimane alla scadenza del suo contratto. «Mi hanno dato un bel calcio sui denti», ha dichiarato Annie in una intervista. «Mi hanno ignorato per settimane. Lasciavo messaggi e non venivo richiamata. Sto cercando di capire cosa sia successo esattamente». La cantante aggiunge che ora sta pensando a cosa fare della sua carriera musicale: «Mi sento come spenta, di aver completamente esaurito l'energia. Mi prenderò una pausa nei prossimi mesi per capire cosa fare di questa

ADDIO, VAMPIRA

Los Angeles, 15 gen. (Adnkronos) - L'attrice americana di origine finlandese Maila Nurmi, la prima Vampira della storia cinematografica e televisiva, e' morta all'eta' di 86 anni. La notizia e' stata pubblicata oggi da ''Variety''. Era il 1954, poco prima della mezzanotte, quando Nurmi fece conoscere al grande pubblico televiso il suo nome. L'attrice, in un avvolgente vestito nero, compariva attraverso un corridoio ricoperto di ragnatele; la luce fioca dei candelabri disegnava le pareti. Poi lei urlava in modo isterico dentro la telecamera: "Buonasera. Io sono Vampira". Cominciava cosi' il primo show dell'orrore a tarda notte in America. Lo show di Vampira si concludeva con la frase "Fate brutti sogni, cari"; quindi si allontanava lungo il corridoio mentre si passava le unghie tra i capelli ridendo come una pazza.

Per Nurmi fu un successo strepitoso, che le valsero copertine di giornali, ingaggi cinematografici e teatrali, scandali e love stories. Nonostante il programma tv sia durato solo un anno, la sua immagine e' entrata nell'immaginario, ispirando anche il personaggio vampiresco di Morticia Addams nella serie ''La famiglia Addams''.

Star nel film ''Furia d'amore'' nel 1958 e nel fantascientico ''Piano 9 da un altro spazio'', Maila Nurmi fu diretta per tre volte dal regista Albert Zugsmith: nel 1959 impersono' la poetessa beatnik in ''Beat Generation'', Gina in ''Corruzione nella citta' e nel 1960 la scienziata Etta Toodie nella commedia ricca di star ''Sex Kittens Go to College'' sempre del '60; in tutti i tre i films era presente anche Jackie Coogan, l'ex-monello di Charlie Chaplin e futuro zio Fester nella serie televisiva della ''Famiglia Addams''. Nel 1962 Nurmi impersono' una strega nella pellicola fantasy ''La spada magica'' di Bert Gordon. Dalla fine degli anni '70 i media ricominciarono ad interessarsi di lei, anche grazie alla riscoperta generale delle opere cinematografiche di Ed Wood e agli omaggi musicali di due gruppi punk come i Damned (le dedicarono ''Plan 9 Channel 7'' contenuta nell'album ''Machine Gun Etiquette del 1979) e i Misfits.

una vergogna incancellabile

FERRARA: UNA VERGOGNA INCANCELLABILE…
(Ansa) -
'Tutto questo in odio a un uomo mite, colto, sensibile, il professor Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, il cui pensiero e' regolarmente travisato, per stupidita' ideologica, da coloro che pretenderebbero per se' la palma del libero pensiero'. E' un passo del commento di Giuliano Ferrara all'annullamento della visita, prevista giovedi' prossimo, di Papa Benedetto XVI alla Sapienza di Roma, che uscira' domani in prima pagina sul 'Foglio'.

Vergogna per il fatto che una minoranza laicista ignorante, intollerante, violenta e' riuscita a togliere il diritto di parola a un filosofo e teologo accolto a braccia aperte nelle principali universita' di tutto il mondo, prima e dopo la sua elezione a Papa'. E continua: 'l'Universita' di Roma 'La Sapienza' e' la stessa da cui fuggi' il filosofo Lucio Colletti, la stessa in cui fu intimidito lo storico Renzo De Felice, la stessa in cui si e' costruita la cattedra collettiva dei peggiori maestri della cultura italiana, in testa il grottesco palindromo che tutti sanno e che per discrezione e' meglio non nominare, insieme con l'asineria e la marginalita' sociale di generazioni di studenti messi nelle condizioni di non apprendere un briciolo di verita' razionale e umanistica e di disimparare sistematicamente quello che le generazioni precedenti di docenti e discenti avevano amorevolmente coltivato nelle sinuose vie di una storia secolare'.'La vergogna - dice Ferrara - e' un sentimento laico, oggi.

'A questa vergogna incancellabile, alla quale come sempre hanno cooperato le vecchie barbe del laicismo di convenienza e d'abitudine - sottolinea Ferrara - annidate nel cuore dell'editoria e della cultura italiane, cercheremo di porre un piccolo argine culturale e civile questa sera, riunendoci in condizioni di emergenza per una serata di conversazione laica sulla liberta' di parola cosi' banalmente e violentemente tradita dai soliti chierici che sono la vergogna dell'Europa dagli anni Trenta ad oggi, senza apprezzabili variazioni di stile e di tono'.

domenica 13 gennaio 2008

da "La Stampa"

Italia, sempre più delitti




Dal 2001 i crimini continuano
a crescere: un boom dopo l'indulto
LUCA RICOLFI
Non so se abbia fatto male o bene l’onorevole Violante a convocare 23 direttori di radio e tv per invitarli a non spaventare l'opinione pubblica con i loro servizi sulla criminalità. Quel che so, però, è che il ragionamento da cui pare essere partito è incompatibile con quel che si sa sull’andamento della criminalità in Italia. Il ragionamento, ridotto all’osso, è il seguente. Le indagini demoscopiche segnalano un aumento della paura del crimine, mentre i dati segnalano una diminuzione dei delitti: che la colpa sia (come il solito) dell’informazione? Vediamo allora quel che si sa sull’andamento dei delitti in Italia. Dal 1946 a oggi il numero di delitti per abitante ha avuto notevoli oscillazioni, ma la tendenza è sempre stata all’aumento: i delitti erano circa 71 ogni 10 mila abitanti negli Anni 50, sono saliti leggermente negli Anni 60, sono cresciuti impetuosamente e ininterrottamente nei due decenni successivi, dall’inizio degli Anni 70 ai primi Anni 90, in cui hanno toccato il massimo storico.

Nel quindicennio della seconda Repubblica il numero dei delitti ha cominciato a oscillare intorno ai 2 milioni e 400 mila all'anno, ma a partire dal 2001 ha ripreso a salire costantemente e nei due semestri post-indulto ha toccato un nuovo massimo storico: quasi 2 milioni e 800 mila delitti l'anno. In breve, se negli ultimi anni l’informazione ha spaventato la gente, lo ha fatto in sintonia e non contro i dati «oggettivi». Da dicembre scorso, tuttavia, sugli organi di informazione hanno cominciato a circolare alcune tabelle fornite dal ministero dell'Interno, che indicano una diminuzione dei delitti (-9,8%) nel secondo semestre del 2007. E qui, devo dire, ha ragione l’onorevole Violante a sgridare i giornalisti: non tutti hanno fatto fino in fondo il loro mestiere. Ma non per aver alimentato paure ingiustificate, bensì per la ragione opposta: perché hanno dato credito, troppo credito, alle cifre del governo. Vediamo come mai.

Primo: i dati diffusi dal governo a dicembre non potevano riferirsi all’intero secondo semestre dell’anno per il buon motivo che il secondo semestre non era ancora concluso. Secondo: le cifre del ministero non sono dati, bensì previsioni del ministero stesso basate sulle informazioni parziali disponibili al momento di predisporre le tabelle per i giornalisti (il ministero stesso dichiara che per il secondo semestre 2007 i dati utilizzati si fermano al 30 novembre). Terzo: l’esperienza degli ultimi anni dimostra che i dati provvisori diffusi dal ministero sono sempre sottostimati (e quindi ottimistici), presumibilmente perché alcuni uffici periferici non trasmettono tempestivamente tutti i dati. A questo proposito vale la pena ricordare l’ultimo infortunio statistico occorso al ministro dell’Interno: nell'agosto del 2006, da poco insediato nel suo dicastero, il neo-ministro Amato informò compiaciuto i giornalisti che finalmente i delitti stavano diminuendo, del 4,6% per la precisione.

Quindici mesi dopo (ottobre del 2007), con l’arrivo dei nuovi dati ufficiali, si scoprì che i delitti non erano diminuiti bensì aumentati (del 2,0%): nel rapporto di Ferragosto 2006, al ministero erano sfuggiti ben 86.607 delitti commessi nel semestre allora appena trascorso, un numero più che sufficiente per ribaltare una tendenza. Ovviamente nessun membro del governo convocò i giornalisti per rettificare i dati, e la notizia dell'aumento dei delitti rimase quindi nella penombra. Come stanno le cose oggi? Tutto quel che sappiamo è che i delitti sono in costante aumento dal 2001, e che dopo l’indulto il loro tasso di crescita ha subito una brusca accelerazione (dal 2,5 al 14,4%).

Questo è tutto quel che si può dire finché si usano dati e non stime o previsioni. Se poi proprio si vogliono usare le previsioni governative sul secondo semestre del 2007, quasi certamente errate per difetto, possiamo dire che all’inizio di dicembre il governo prevedeva che nel secondo semestre i delitti sarebbero stati 1.323.118 (curioso, dopo l’infortunio del 2006, fornire delle previsioni precise all’unità ...). E’ tanto? E’ poco? Ognuno giudichi per proprio conto. Quel che è certo è che il dato previsto per il secondo semestre 2007 è minore del dato registrato nel secondo semestre del 2006, ma maggiore dell’ultimo dato pre-indulto comparabile, ossia quello del secondo semestre 2005, in cui il numero dei delitti aveva praticamente eguagliato il record assoluto del 2003.

Insomma, l’unico modo per sostenere che i delitti sono in diminuzione è sostituire i dati effettivi con delle previsioni (fatte dal governo), e inoltre assumere come termine di paragone un semestre - il secondo del 2006 - assolutamente anomalo, in quanto gonfiato dal picco dei delitti nei mesi immediatamente successivi all’indulto. Che oggi, in Italia, le paure della gente siano perfettamente giustificate non significa, naturalmente, che una parte di quelle paure non possa dipendere anche dal modo in cui giornali, radio e televisioni informano (o non informano) i cittadini. Su questo, però, per fortuna sappiamo molte cose. Per parte mia vorrei solo ricordarne una: a quel che risulta dalle inchieste demoscopiche, nell’Italia della seconda Repubblica le oscillazioni dei timori della gente dipendono soprattutto da chi è al governo e chi all’opposizione.

Quando all’opposizione c’è la sinistra, la paura del crimine diminuisce perché la sicurezza non è un tema adatto alla propaganda di sinistra, quando invece - come oggi - all’opposizione c’è la destra la paura del crimine aumenta perché la sicurezza è un tema congeniale alla destra stessa. Insomma, è la politica a fare l’agenda dei media, più di quanto siano i media a regolare gli umori della gente. Il guaio è che nulla assicura che l’alternanza fra destra e sinistra sia ben sincronizzata con l’andamento effettivo dei delitti: alla fine degli Anni 90, con la destra a fare opposizione, la paura era tanta nonostante i delitti fossero in netto calo, negli anni del governo Berlusconi, con la destra al governo e la sinistra a fare opposizione, la paura era (relativamente) poca nonostante i delitti fossero in netto aumento. Oggi, miracolosamente, la percezione e la realtà sono finalmente in armonia fra loro. E’ vero, se la gente ha paura è anche perché la destra soffia sul fuoco, ma le «percezioni» della gente - purtroppo - una volta tanto sono in linea con la dura realtà dei dati.

art of oblivion


http://artofoblivion.blogspot.com/

sabato 12 gennaio 2008

danza del ventre

danza del ventre © 2006 Giovanni Caviezel

aussicht 2

aussicht 2 © 1989 Giovanni Caviezel

ausslicht


ausslicht © 1989 Giovanni Caviezel

Andrea's version - da "il foglio"

Andrea's version

Usi e costumi del partito leggero. Rosy Bindi e Arturo Parisi riuniscono i loro il 19 gennaio in un convegno su legge elettorale e forma-partito; Dario Franceschini e Beppe Fioroni riuniscono i loro a fine febbraio in un convegno sulla rappresentanza politica e quella sociale; Enrico Morando riunisce i suoi per due giorni a Orvieto, vogliamo immaginare su qualche argomento oltremodo liberale; Ermete Realacci, Massimo Scalia ed Edo Ronchi riuniscono i loro a Roma, per la fine di febbraio, in occasione dell’anniversario del Protocollo di Kyoto; Massimo D’Alema riunisce i suoi il 26 gennaio, in una sala da 1300 posti all’Auditorim del Massimo di Roma, per festeggiare il decennale della fondazione Italianieuropei, titolo: “La Fondazione Italianieuropei nel Pd”. Non potendosi assolutamente parlare di correnti, e ci mancherebbe, per correttezza le si potrebbe chiamare stagnanti.

NUOVO GADGET- DAL "CORRIERE ONLINE"

La nuova mania del coniglio hi-tech

A ruba il gadget: è già nata la sua community. Lo zoo elettronico da Internet all'mp3

Nabaztag, il coniglio hi-tech
MILANO - In principio c’era il Tamagotchi, pulcino elettronico giapponese a foggia di portachiavi, da nutrire e far crescere nelle proprie tasche. Ora è il momento di Nabaztag, il coniglio francese di origine armena che si collega a Internet senza fili, legge email e sms ad alta voce, informa sul traffico e sulle quotazioni di borsa. Ma che soprattutto è tanto carino, addirittura ritenuto chic dagli amanti della tecnologia, al punto da rivelarsi uno dei regali più cercati durante le ultime feste in Italia. Per conigli venduti sotto Natale siamo stati il secondo Paese nel mondo, dopo la madrepatria Francia. Dove Nabaztag, una sorta di cono orecchiuto con occhi e naso, alto 23 centimetri, è in vendita — al pari di Usa, Gran Bretagna, Belgio e Svizzera — già da due anni. Mentre da noi è arrivato solo di recente, nella versione più avanzata «/tag», inizialmente solo in alcuni negozi di design e poi nella grande distribuzione, dalla Fnac alla Rinascente. «È andato letteralmente a ruba in tutto il Paese», spiega Marco Orlandi della catena dei grandi magazzini di elettronica Mediaworld. «In alcune zone, come nel Milanese, non siamo riusciti a stare dietro alle richieste. Sono andati esauriti, e in particolar modo le orecchie di ricambio: tutti volevano quelle con i cuoricini». E così nel periodo natalizio sono stati venduti oltre cinquemila pezzi. Un bel numero, considerando che l’animaletto hi-tech non costa poco (130 euro), e ha le caratteristiche tipiche del gadget: nessuna vera utilità, ma molte funzioni curiose, potenzialmente infinite. Una volta acquistato un esemplare, sul sito Nabaztag.com è possibile registrarne il nome e scegliere quali compiti affidargli (alcuni gratuiti, altri a pagamento): dal leggere i giornali e i blog online a collegarsi alle web-radio preferite, dal ricevere e leggere email e sms — ma anche, grazie al microfono-ombelico, scriverli e inviarli — fino a fare esercizi di Tai Chi con le orecchie, leggere un libro ad alta voce o essere utilizzato per fare telefonate a basso costo con Skype. Intorno al cyber-coniglio si sta creando una community online.

Nabaztag, la cui popolazione mondiale si aggira attorno al mezzo milione di pezzi ed è in rapida crescita (è pur sempre un coniglio, e si calcola che per fine 2008 si arriverà a quasi 2 milioni), è solo l’ultimo arrivato nella famiglia degli animaletti elettronici da compagnia. Dopo il fortunato esordio del Tamagotchi della Bandai (ora in vendita nella versione Connexion a 20 euro), è stata la volta dei meno vincenti Furby della Hasbro (nei negozi il nuovo «baby» a 30 euro) e Aibo, il sorprendente e costosissimo cane robot della Sony ormai introvabile. Ma la moda del compagno elettronico non si è certo fermata. A Natale è andata bene anche all’i-Dog Hasbro, minicane da collegare al lettore mp3 che funziona da cassa acustica e si muove e illumina il muso al ritmo della musica. Tra i più piccoli ha spopolato l’ultimo discendente della famiglia dei Robosapien, il preistorico Roboreptile, un lucertolone superelettronico lungo 72 centimetri. Ma le vere star, in fatto di cuccioli elettronici, sono stati i videogiochi di cura/allenamento di animali: i vari Nintendogs e Petz — da giocare su Nintendo Ds — sono stati capaci di vendere diverse decine di migliaia di titoli.

Federcio Cella